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Indice Franco Pezzella
 
 
I costumi dell'Agro sidicino-caleno nelle testimonianze /
figurative del Settecento e del primo Ottocento (II parte)
 
Fig. 9 Coll. privata, A. D'Anna (firmata),
Donna di Francolise
 

In palese contrasto con l’atmosfera bucolica della scena - come già si avvertita, peraltro, ancorché più velatamente, nella precedente raffigurazione dell’Uomo e donna di Marzano - le due “figurine” - termine con cui venivano semplicemente indicate le immagini dei costumi nella parlata popolare del tempo - ostentano, vestite con cura quale appaiono, una ricchezza di gusto che fa decisamente a pugni con la loro appartenenza alla cultura agropastorale di cui erano parte. Su un’ampia gonna pieghettata di colore grigio scuro e il sovrapposto grembiule verde, la donna indossa, infatti, un bustino e un prezioso corpetto manicato rosso ricamato a mano in fili d’oro, sotto al quale, a partire dal girocollo, si diparte un fazzolettone bianco in tessuto leggero, i cui lembi vanno ad inserirsi, come a disegnare una sorta di blusa, in una fascia dello stesso tessuto. Un fazzoletto da testa merlettato sul capo, una collana di pietre ornamentali al collo e delle scarpe di cuoio come calzatura, completano l’abbigliamento della donna, mentre il ragazzo che l’accompagna, forse un figlio o il fratello minore, indossa, su un calzone corto fino alle ginocchia, una giamberga, la lunga giacca maschile a falde, simbolo nella Napoli borbonica del ceto borghese. Per il resto il ragazzo calza un cappello di feltro scuro a falde larghe con cupola rotonda e schiacciata al centro, delle scarpe di cuoio e regge un lungo bastone leggermente ricurvo e bombato nella parte superiore. Fa da sfondo alla scena una veduta del paese che, dominato dal maestoso castello medievale, sovrasta, a sua volta, dall’alto del rilievo calcareo sul quale sorge, il sottostante ponte sul torrente Savone: elementi che mancano, invece, in una analoga tempera in collezione privata, che, ancorché rechi la firmata del D’Anna, va collocata nell’ambito della produzione abusiva comparsa parallelamente ai canali ufficiali per la produzione e la vendita delle tempere, gestiti direttamente dalla “Real Fabbrica di Porcellane”, come dimostra, d’altronde, il non elevato livello qualitativo della riproduzione stessa (fig.9). Alla pari della statuina della Donna di Marzano anche quella di Francolise fa parte del completo da dessert che accompagnava il “1°Servizio delle Vestiture” di cui si discorreva poc’anzi (fig.10); pure in questo caso la donna è rappresentata sola, ma diversamente dalla tempera non reca in testa la cesta con i tre agnellini bensì ne regge uno solo, afferrato per le quattro zampette nella mano sinistra, con una posa fiera e l’espressione orgogliosa. Abbastanza conforme alla tempera del D’Anna è, viceversa, l’incisione raffigurante la Donna della Torre di Francolisi a firma di Secondo Bianchi inserita nella già citata Raccolta di Varie vestiture che si costumano nelle Città, Terre e Paesi in Provincie diverse del Regno di Napoli (fig.11). La figura della Donna della Torre di Francolisi disegnata dal D’Anna ritorna ancora quasi tale e quale - fatto salvo che nella postura e accompagnata, per di più, dalla raffigurazione di un Uomo dello stesso paese, forse il marito, e dalle raffigurazioni di una Donna di Santa Maria di Capua, di una Donna e Ragazza di Castelforte e di un Uomo di Traetto - in una tempera raffigurante i costumi della Provincia di Terra di Lavoro, firmata e datata 1804 da Saverio della Gatta (fig.12). Anche nella suddetta tempera - che s’inquadra nel novero dei dipinti aventi a soggetto costumi e aspetti tipici della vita delle province napoletane, realizzati dal pittore leccese a partire proprio da quell’anno dopo un’attività dedicata esclusivamente alla rappresentazione di vedute - la donna trasporta un agnellino, stavolta, però, legato per le quattro zampe con una corda e tenuto pendulo con la stessa sulla spalla destra. Tuttavia, la figura che più ci preme mettere in evidenza in questa tempera è l’Uomo che accompagna la donna, una rappresentazione pressoché unica del costume tradizionale maschile del paese, composto, secondo un vestiario molto sobrio - che, in realtà, non differisce molto da quello in uso nei paesi circostanti - da un calzone di panno verde scuro lungo fin sotto il ginocchio, da calze di cotone (di lana in inverno), scarpe di cuoio basse (scambiate con scarpe alte e chiodate durante il lavoro), una camicia bianca senza colletto, un gilet di panno marrone (sostituito in inverno da una giacca lunga con l’integrazione di un mantello a ruota) e da un cappello a falda larga.
Per quanto d’incerta autografia, come già si accennava, la coppia con Uomo e Donna di Tiano Sidicino e sua veduta (fig.13), non è da meno, per disegno e resa cromatica, alle due precedenti tempere a firma del D’Anna, la cui presenza in città - dove ritrasse, peraltro, due pezzi d’antichità e sei vedute dell’anfiteatro - è documentata dal 12 febbraio al 16 giugno del 1783. La coppia è raffigurata con un abbigliamento festivo nell’atto di indicare, sullo sfondo - adagiata su un colle alle falde del massiccio vulcanico di Roccamonfina - una veduta di Teano. La donna, in piedi, è vestita con molta cura: indossa una lunga e ampia veste turchese, pieghettata dalla vita in giù e in parte coperta da un grembiule celeste bordato con galloni dorati, dal cui orlo fuoriesce uno scarpone di cuoio nero; nella parte superiore la veste è arricchita da un innesto di panno rosso a mo’ di corpetto, da cui fa capolino lo scollo di una candida camicia bianca, decorato, alla pari dell’unico polsino di essa che s’intravede, da una trina. Come copricapo indossa un velo bianco che ricade sulle spalle con ampie bende trinate. Il maschio, invece, seduto, indossa, insieme alle consuete brache lunghe fino al ginocchio di colore blu, una giubba rossa con ampi paramani sotto la quale s’intravede una camicia bianca con un lungo fazzoletto annodato al collo. Per il resto calza un cappello a falde larghe e delle scarpe di cuoio e il maschio regge un bastone terminante a tau. L’immagine della coppia è riproposta, con qualche variante (la presenza di un cane ai piedi della donna e una diversa veduta di Teano sullo sfondo) in un rinfrescabottiglia prodotto dalla stessa Real Fabbrica Ferdinandea, conservato in una collezione privata svizzera (fig.14). Va osservato come anche nel caso della coppia teatina - alla pari di altre svariate riproduzioni di costumi popolari presenti tra le 56 tempere fiorentine - il contrasto tra le umili origini delle figure rappresentate e l’elegante e raffinato modo di vestire di esse, sia oltremodo lampante: ciò corrisponde, evidentemente, ad una precisa volontà di Ferdinando IV, preoccupato, di là dei propri interessi etnografici, di “addomesticare”, talvolta, con immagini dignitose e rassicuranti, le difficili condizioni di vita in cui erano tenuti i sudditi nelle contrade dell’entroterra.
Un’ulteriore testimonianza delle vestiture in uso nell’agro sidicino-caleno durante il Settecento è quella che, realizzata da Secondo Bianchi e riportata nella XVI tavola della già citata Raccolta di Varie vestiture, riproduce la Donna di Rocchetta (una delle tre frazioni che costituiscono l’attuale comune di Rocchetta e Croce) (fig.15). A prescindere dalla valenza etnografica, l’immagine si prefigura oltremodo preziosa per essere una rara se non unica testimonianza iconografica, prima dell’avvento della fotografia, dell’antico “Ponte romano” di Val d’Assano (oggi ahimè in pessime condizioni di conservazione per il pluridecennale abbandono) che nell’antichità e fino al Medio Evo inoltrato, scavalcando il fiume Savone, permetteva a un diverticolo della Via Latina, che collegava Roma con Capua, di raggiungere, dalla località Torricelle - costeggiando le pendici di Monte Maggiore e passando per Cubulteria (Alvignano) - la città di Allifae. Nell’incisione, la donna - verosimilmente una contadina, come sembrerebbe indicare la cesta con le fuscelle di ricotta poggiata sul capo della bambina che l’accompagna, forse la figlia - si caratterizza, soprattutto, come del resto quest’ultima, per il particolare copricapo costituito da una sorta di fazzoletto bianco di lino, terminante con un’orlatura ricamata, che, scivolando lateralmente lunghe le guance, le cade sulle spalle. Il vestiario delle due figure è composto, invece: nel caso della donna da una camicia bianca vezzosamente guarnita alle estremità delle maniche da trine, un corpetto grigio e da una gonna giallo ocra attraversata orizzontalmente da rigature marroni, sulla quale si posa un ampio grembiule, volgarmente chiamato mantesino, stretto e ripiegato in vita da una cinghia di stoffa giallo ocra; nel caso della bambina da una camicia, un corpetto grigio chiaro, una gonnella verde e da una sopra gonna giallo ocra, ripiegata in vite e attraversata in alto e in basso da una spessa riga nera. Completano l’abbigliamento, dei pantaloni verdi - com’è dato vedere dalla parte scoperta delle gambe di entrambe - e gli zoccoli, tradizionali, quelli calzati dalla bambina, leggermente ingentiliti da una fascetta colorata sul collo del piede, quelli della donna.

Franco Pezzella
(da Il Sidicino - Anno XXI 2024 - n. 3 Marzo)

Fig.10 Firenze, Museo degli Argenti di Palazzo Pitti,
F. Tagliolini, Donna di Francolise
Fig.11 S. Bianchi, Donna di Francolisi
Fig.12 S. Della Gatta,
Costumi di Terra di Lavoro
Fig.13 A. D'Anna (attr.),
Uomo e donna di Teano, 1786
Fig.14 Svizzera, coll. privata,
Rinfrescabottiglia con Uomo e donna di Teano
Fig.15 S. Bianchi, Donna di Rocchetta