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Quella volta che una badessa teanese gabbò i fiorentini
 

Il trasporto del corpo di S. Reparata a Teano in un affresco della Chiesa conventuale
 

Un noto proverbio fiorentino recita “Chi 'unn ha cervello abbia gambe” (Chi è poco furbo impari a correre veloce), una massima che la dice lunga circa la valenza che gli abitanti del capoluogo toscano assegnano alla cattiva abitudine (per qualcuno una virtù), di chi utilizza la propria intelligenza per scopi personali, anche attraverso espedienti ingegnosi. Eppure ci fu un tempo in cui “i scaltri” fiorentini furono gabbati da una badessa teanese. Correva l’anno 1352 allorquando - come ci racconta Matteo Villani continuatore della Nuova Cronaca del fratello Giovanni morto di peste nel 1348 - che in occasione dell’incoronazione di Giovanna I d’Angiò e del consorte Luigi di Taranto a regina e re di Sicilia, celebrata a Napoli il 25 maggio di quell’anno, la Signoria cittadina della Repubblica di Firenze inviò, insieme agli ambasciatori Francesco de Buondelmonti e Piero degli Albizi, una nutrita schiera di cavalieri e il vescovo di Montefeltro Chiaro de’ Peruzzi con la precisa indicazione di chiedere ai sovrani, per l’occasione, un braccio di santa Reparata - dichiarata da secoli compatrona di Firenze per aver protetta la città durante dall’assedio degli ostrogoti di Radagaiso nel mese di agosto del 406, nonché titolare della cattedrale - il cui corpo era conservato nell’omonimo monastero di Teano.
È inutile dire che, per compiacere la delegazione fiorentina la petizione fu subito accolta dai sovrani e dal conte Francesco di Montescaggioso, signore di Teano, amico dei fiorentini, il quale convenne, però, con i richiedenti, unitamente alla badessa del monastero, di tenere segreta la traslazione affinché i teanesi, legatissimi alla santa - il cui corpo era conservato in città fin dal 830- non se ne avvedessero. Torna conto ricordare a questo punto, brevemente, le vicende che avevano portato le spoglie della santa in città. Secondo una leggenda agiografica, il corpo di santa Reparata, dopo il martirio subito a Cesarea Marittima in Palestina verso la metà del III secolo per essersi rifiutata di offrire un sacrificio agli idoli, sarebbe stato messo dai suoi aguzzini su una barca fatta poi andare alla deriva, la quale, guidata dagli angeli, sarebbe arrivata a Scauri dove la santa avrebbe ricevuto finalmente sepoltura sul monte Argentaro.
Dopo più di cinque secoli, il duca di Benevento, Sicone, per salvare la figlia inferma avrebbe fatto un pellegrinaggio al santuario dove si conservavano le reliquie della santa e una volta ottenuta la grazia le avrebbe voluto traslare a Benevento. Se non ché il carro che le trasportava, giunto a Teano, nell’ultima svolta della Via Latina, presso Porta Roma, si sarebbe appesantito affondando nel terreno e restando statico ad ogni tentativo di rimuoverlo; la fanciulla miracolata avrebbe interpretato l’evento - in un uno con i numerosi teanesi subito accorsi, attratti dal prodigioso intervento - come un volere della santa di restare in quel posto e avrebbe patrocinato, dopo essersi monacata, l’erezione di un monastero benedettino in luogo dell’attuale Santuario.
Tornando alla Cronaca di Matteo Villani, la narrazione riporta che la badessa, fortemente restia in cuor suo a concedere quanto richiestole ma non potendo opporsi alla volontà dei sovrani, al momento del distacco inscenò, in combutta con le consorelle, un pianto disperato per il doloroso distacco, motivo per cui chiese ed ottenne di tenere ancora per qualche giorno la preziosa reliquia alfine di poterla venerare prima del definitivo distacco: un tempo sufficiente a fare realizzare, in tutta segretezza, da un artigiano del posto, una copia della reliquia in legno e gesso, quella stessa che consegnarono, dopo l’ennesima “scena madre”, agli ambasciatori; i quali, il 22 giugno di quell’anno, al termine di una «solennissima processione di tutti i prelati, chierici, e religiosi della città di Firenze con grandissimo popolo d’huomini, e di femine, con molti torchi accesi» consegnarono la reliquia del braccio nelle mani del vescovo della città per collocarla, riposta in un reliquario d’argento, nella chiesa a lei dedicata.
Dopo quattro anni, però, allorquando la Signoria ordinò di trasferire il preziosissimo e venerato braccio in un più pregiato e degno reliquario ornato con oro, argento e pietre preziose, gli orefici chiamati ad impreziosire la reliquia scoprirono l’inganno con grande sconcerto dei fiorentini che, arrabbiati per aver adorato in tutto questo tempo nient’altro che un pezzo di legno e gesso, chiesero al conte Francesco la “testa” della badessa.
Ma non ce ne fu l’occasione; nel frattempo la regina Giovanna l’aveva fatto arrestare: qualche storico ipotizza per aver sposato Margherita sorella di re Luigi, che gli aveva portato peraltro in dote proprio la signoria di Teano unitamente a quella di Carinola; altri per averlo a disposizione come amante ogni volta che lo desiderava; altri ancora, i più, per porre freno al potere che andava acquisendo nel regno.

Franco Pezzella
(da Il Sidicino - Anno XIX 2022 - n. 6 Giugno)

Santa Reparata in una incisione d’epoca