L'ASSOCIAZIONE
 
il Sidicino
 
Indice per autore
 
Indice Franco Pezzella
 
 
Le opere dal maestro napoletano Vincenzo Galloppi nelle
chiese della Diocesi di Teano - Calvi
 
Roccaromana, loc. Santa Croce, Chiesa di Santa Croce
Il ritrovamento e l’esaltazione della Croce.
 

Vincenzo Galloppi è figura di artista napoletano, vissuto tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del secolo successivo, che, ancorché poco noto agli stessi addetti ai lavori, ebbe una notevole attività, come pittore di quadri e frescante, non solo a Napoli, dove decorò diverse chiese (San Nicola da Tolentino, San Domenico Soriano, Santa Maria dell’Avvocato, Santa Maria di Caravaggio, Santa Maria del Soccorso a Capodimonte, San Gennariello al Vomero, chiesetta del Santo Natale, Santa Maria della Stella, Santa Maria della Fede, cappella dell’Addolorata a Secondigliano, parrocchiale di San Pietro a Patierno, alcune cappelle del cimitero di Poggioreale), ma anche in provincia (a Castellamare di Stabia, Scanzano, Frattamaggiore, Casoria, San Giuseppe Vesuviano, Giugliano, Nola, Portici, Procida), nel Salernitano (a Campagna e Scafati), nel Frusinate (ad Atina), a Taranto nella chiesa di San Francesco da Paola, e finanche nella lontana isola di Corfù, dove, nel 1891, sotto la volta della Sala dei Ricevimenti dell’Achilleion di Gastouri, la splendida residenza estiva dell’imperatrice Elisabetta d’Austria altrimenti nota come Sissi, affrescò un’Allegoria delle Quattro stagioni e delle Ore.
Fiorente fu, altresì, l’attività del pittore napoletano in alcune chiese della diocesi di Teano - Calvi Risorta, specificamente a Pietramelara e a Roccaromana. Per la chiesa della Santa Croce, sita nella frazione omonima di quest’ultima località, particolarmente cara alla devozione locale perché custodisce un reliquario con alcuni frammenti della Croce di Cristo, l’artista realizzò, nel 1899, una pregevole tela raffigurante Il ritrovamento e l’esaltazione della Croce. Il tema, tratto da una leggenda raccolta e codificata dal vescovo Jacopo da Varagine nel suo compendio sulle vite dei santi scritto nella seconda metà del XIII secolo e noto come Legenda aurea, celebra il ritrovamento della Croce da parte dell’imperatrice Elena e del vescovo di Gerusalemme Macario avvenuto, secondo la tradizione cristiana, il 14 settembre del 327: in quel giorno, così come illustra Galloppi nell’affresco in oggetto, il sacro legno, una volta ritrovato, sarebbe stato fatto innalzare e mostrato al popolo dal vescovo di Gerusalemme e dall’imperatrice affinché venisse adorato.
Sull’onda dell’entusiastico gradimento del dipinto manifestato dai fedeli, l’anno dopo l’artista fu chiamato a decorare con ben sei tempere l’abside e le lunette della cupola della chiesa di San Rocco della vicina Pietramelara. Sulle pareti dell’abside, il pittore raffigurò due miracoli di Gesù: La Resurrezione della figlia di Giairo e La guarigione dell’emorroissa, che, collegati tra di loro, sono narrati, negli stessi capitoli, dai Vangeli di Marco (5, 21-43), Matteo (9,18-26) e Luca (8, 40-56). Essi narrano, infatti, che mentre si recava a casa di Giario, «uno dei capi della sinagoga», per guarirne la figlia malata, Gesù fu raggiunto alle spalle da una donna che soffriva di emorragia da dodici anni la quale, appena ebbe toccato il suo mantello guarì all’istante; e che giunto poi a casa di Giairo, risuscitò la ragazza, morta nel frattempo, raccomandando i genitori e gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni i quali lo avevano accompagnato, che nessuno venisse a saperlo e raccontassero ai parenti che la fanciulla, in realtà, non era morta ma si era solo addormentata. Nelle tempere di Pietramelara entrambe le scene si svolgono, in piena ottemperanza ai canoni della pittura accademica ottocentesca, all’interno di architetture classiche, fra colonnati marmorei e superficie murarie e pavimentali ripartite in modo lineare e, soprattutto, con il ricorso a colori più moderni quali l’avorio, l’albicocca, il lilla, il celeste e il cremisi, in luogo dei toni accesi della trascorsa stagione neoclassica. Da alcune ricevute di pagamento si può ipotizzare che nell’esecuzione delle due suddette tempere e delle figure dei Quattro Evangelisti che il Galloppi dipinse nei peducci della cupola, con l’artista collaborò anche un certo «professor Cimino» da identificarsi, probabilmente, in Rosario Cimino, un pittore di Reggio Calabria di cui si conosce solo che espose una tela di contenuto sacro alla Iª Mostra Calabrese d’Arte Moderna che si tenne nella sua città natale nel 1920. Il Cimino fu, verosimilmente, anche l’autore delle altre due tempere, la Natività e la Deposizione, che si osservano ai lati dell’altare. Andò perduto, invece, nel secondo conflitto mondiale, il dipinto del Galloppi raffigurante San Rocco che decorava il soffitto della navata, noto per la sola riproduzione a stampa di una foto di Giuseppe Onorato e sostituito nel 1949 da un analogo dipinto a firma del pittore romano Mario Barberis (Roma 1893-1960). Sia le opere di Galloppi che quelle di Cimino sono state restaurate nel 2011 dal Prof. Amedeo del Giudice.
A distanza di dieci anni dalle decorazioni di Pietramelara, Galluppi ritornò una seconda volta a Roccaromana per affrescare a tempera sulla parete principale della chiesa di San Cataldo Il Santo che salva i naviganti durante una tempesta in mare e Il martirio di Santa Margherita sul soffitto della chiesa omonima nella frazione di Statigliano.
Il primo dipinto è la trasposizione di un’antica leggenda, la quale narra che Cataldo, monaco irlandese, ordinato vescovo nel 680, durante un pellegrinaggio in Terra Santa, mentre era prostrato sul Santo Sepolcro, avrebbe avuto la visione di Gesù che gli avrebbe ingiunto di andare a Taranto e di rievangelizzare la città ormai in mano al paganesimo. Cataldo sarebbe salpato con una nave greca diretta in Italia, ma l’imbarcazione prima di giungere sulle coste pugliesi sarebbe incorsa in una furiosa tempesta durante la quale il nocchiere si sarebbe fracassata la testa per la caduta dell’albero maestro. Rimasta senza una guida la nave sarebbe sicuramente affondata, e con essa l’equipaggio e i passeggeri, se, nel frattempo, il futuro santo non fosse intervenuto, con le preghiere e le implorazioni a Dio, a placare la tempesta e a restituire la vita al nocchiere. Qui è appunto rappresentato il momento in cui il Santo è nell’atto di implorare l’intervento divino.
Il secondo dipinto raffigura la decapitazione di Margherita, una giovane fanciulla cristiana che, secondo la tradizione agiografica, subì, appena quindicenne, il martirio sotto l’imperatore Massimiano. La santa è al centro, inginocchiata e con le mani giunte. Alla sua destra, il boia si appresta a decapitarla. In fondo, al culmine di una scalinata, il prefetto assiste all’esecuzione insieme a una piccola folla che si assiepa sotto al suo palazzo. Il dipinto fu ripreso, però, completamente, nel 1985 da Francesco Ciccarelli, che vi appose la sua firma.

Franco Pezzella
(da Il Sidicino - Anno XVIII 2021 - n. 1 Gennaio)

Roccaromana, Chiesa di San Cataldo
Il Santo che salva i naviganti durante una tempesta in mare
Pietramelara, Chiesa di S. Rocco
La Resurrezione della figlia di Giairo
Pietramelara, Chiesa di S. Rocco
La guarigione dell’emorroissa
Pietramelara, Chiesa di San Rocco
San Giovanni Evangelista
Roccaromana, loc. Statigliano, Chiesa di Santa Margherita
Il martirio di santa Margherita