TEANO

 
Tradizioni
 
Tradizioni alimentari
 
ANTICHE TRADIZIONI CULINARIE

Nella nostra terra è stata sempre prevalente la cultura contadina per cui le vivande più comuni erano legate ai prodotti della terra ed agli animali da cortile che venivano allevati in tutte le masserie.
Il maiale, in particolare, costituiva la ricchezza maggiore; non per nulla il momento della sua uccisione costituiva una festa per tutta la famiglia, essendo anche un momento di aggregazione con i vicini con cui ci si scambiava aiuto e collaborazione.
Del maiale non si buttava nulla, anche per le parti che apparivano meno nobili si riusciva a trovare una utilizzazione adeguata e... saporita.
Un classico era ed è costituito dalla "minestra maritata". Tuttavia le antiche ricette non sono sempre facilmente realizzabili o perché alcuni passaggi sono andati perduti o perché potrebbero risultare troppo pesanti per noi abituati ad una cucina più leggera.
È per questo che ci siamo rivolti allo chef Antonio Cardella affinché ci proponesse la sua versione di un classico della nostra cucina, adeguata al gusto ed alle moderne necessità.
La ricetta è seguita da alcuni interessanti appunti gastronomici.
La minestra maritata, preparata con diverse verdure, carne di maiale e di manzo, è una tipica ricetta della nostra zona che si prepara in particolar modo a Natale, Carnevale e Pasqua.
I suoi ingredienti sono: broccoletti, verze, scarola, tordele, cicoria, cavolo, cappuccia, scimatura, broccoli a foglie, muscoli di manzo e suino con orecchie e piede, carote, sedano, cipolle e foglie di alloro.
Mettere a cuocere la carne con gli odori a calore moderato in una pentola adatta con sufficiente acqua; quando la carne sarà cotta toglierla dal brodo e tagliarla a pezzi, mettendo il tutto da parte con un po' di brodo.
Per ottenere un brodo meno grasso fare mezza cottura delle carni.
Le varie verdure dovranno essere singolarmente scottate a parte e dopo averle scolate e strizzate delicatamente dovranno essere versate nel brodo di carne bollente portando il tutto a cottura completa.
Servire con o senza carne, con l'aggiunta di parmiggiano grattuggiato o cotiche di formaggio (meglio se caciocavallo). Se si decide di somministrare le cotiche di formaggio si abbia l'accortezza di unirle al brodo assieme alla verdura precotta. Per far risaltare i colori del piatto si può anche mettere un cucchiaino di salsa di pomodoro al centro dello stesso.
Da sempre in questa terra si coltiva l'olivo e, a parte la produzione dell'olio, le tecniche di lavorazione e conservazione della olive sono numerosissime: ogni borgata, forse ogni casa, ha la sua ricetta che conserva gelosamente.
Franco Mottola ce ne propone tre che da generazioni sono utilizzate nella sua famiglia sempre, a suoi dire, con ottimi risultati.
OLIVE "ACCIACCATE"
Con una pietra dura o un martello schiacciare le olive e liberarle dal nocciolo. Se le olive sono ancora acerbe metterle in acqua tiepida per due, tre giorni, avendo cura di cambiare spesso l'acqua. Se le olive sono mature l'acqua sarà frdda. Trascorsi i giorni stabiliti, scolare bene le olive e condirle con aglio, sale, peperoncino e finocchietto.
OLIVE "'NFURNATE"
Calare le olive in acqua bollente e mescolare per qualche minuto; quindi colarle. Quando saranno ben asciutte infornarle dopo aver tolto il pane e lasciarle in forno per una intera notte. Condirle poi con sale, aglio. peperoncino e finocchietto.
OLIVE "SOTT'A CENERE"
Mischiare la cenere con un po' di calce, aggiungere acqua ed impastare con le olive. Dopo tre giorni togliere le olive dall'impasto, sciacquarle e... buon appetito!

(da Il Sidicino - Anno I 2004 - n. 2 Febbraio)


Il pranzo (teanese) di Carnevale
 
Breve excursus sulla gastronomia carnevalesca del “nostro” chef Antonio Cardella.
 

Nei tempi passati, si usava di carnevale un menù particolare che fortunatamente sopravvive ai giorni nostri. E proprio anche oggi, in tempi così frettolosi, in tempi di scatolami, di fast-food, di Mac Donald, in tempi di mutate abitudini, per nuove esigenze e nuovissime proposte bromatologiche, alcune tradizioni culinarie vengono ancora rispettate in tutte le regioni d'Italia. Sono ancora molti i piatti che vengono preparati in occasione del carnevale: dai primi ai dolci.
Ogni regione ha le sue specialità, e queste ricette, fatte in casa, sono tutto un'altra cosa. Per l'occasione non pochi sono i dolci regionali: i tortelli della Lombardia, gli straboi del Trentino, le fritole del Veneto, le castagnole dell'Emilia, gli scroccafusi delle Marche, i bomboloni toscani, gli zipulus sardi, la cicerchiata umbra, le pettole fritte pugliesi, i chinulilli calabresi ed atri.
Ma ritorniamo a casa nostra, alla nostra cucina che si basa sulla cucina napoletana. Dire “cucina napoletana” significa dire assai più della cucina di una città, per grande, antica e celebrata nel mondo che sia. Significa riferirsi, nel gioco di una ricca tradizione, a una intera regione e anche per certi aspetti un po' tutto al Mezzogiorno d'Italia, anche se alcuni prodotti particolari abbiano conquistato un aspetto tipico, una loro presenza autonoma nel variare dei gusti e delle abitudini.
Ecco da noi il menù tradizionale.
Il sugo di ragù, nobile emblema della cucina napoletana dei secoli d'oro, serve da condimento per un piatto sovrano della gastronomia napoletana: le lasagne, cosi dette di carnevale.
Il ragù: una volta si usava la conserva di pomodoro e lo si cucinava sin dal giorno prima, facendolo “pippiare” fino alla cottura. Le lasagne, fettuccine larghe e larghissime, cotte al dente, vengono disposte a strati in un largo e basso tegame di qualsiasi forma. Si condisce ogni strato con sugo di ragù, al quale tuttavia vanno aggiunte delle polpettine di carne già cotte, delle salcicce sottili dette “scervellate”, tagliate a pezzettini, dei dadi di mozzarella fresca, delle uova sode tagliate a quarti, del prosciutto spesso tagliato anch'esso a dadini, del formaggio parmigiano appena grattugiato. Su questo ripieno un altro strato di lasagne, poi ancora una farcitura e ancora un altro strato: così fino all'orlo o quasi del tegame che poi va messo al forno ben caldo da stufare. Quando lo strato superiore sta per crostarsi le lasagne di carnevale sono pronte per essere servite.
Di secondo: agnello del Matese al forno sistemato in un bel tegame (possibilmente di terracotta) su un letto di patate e di cipolle affettate, cosparso di buone cucchiaiate di strutto, spolverato di sale e magari di un tantino di pepe e con qualche fogliolina appena di rosmarino o salvia. Importante è la cottura. Il calore del forno non deve essere molto vivace, altrimenti annerirebbe le tenere carni che invece debbono dorarsi e crostarsi amabilmente.
Un piatto di mezzo, che può anche considerarsi un contorno, è la scapece. fatta con pezzi secchi di ortaggi come: zucchine, melanzane, bucce di melone e anguria e la grassa erba purchiacca, il tutto rinvenuto in acqua e aceto bollente e condito con olio d'oliva, aggiungendovi la zucca precedentemente lessata, aglio, origano e olive nere di Gaeta.
Un assaggino di sanguinaccio e per finire il dolce cioè le chiacchere ben spolverate di zucchero a velo. Non dimenticate il vino ed i famosi lupini.

(da Il Sidicino - Anno II 2005 - n. 2 Febbraio)


Franco Mottola, geloso custode e interprete di vecchie ricette teanesi, tenace sostenitore dello slow food, fornisce i dettagli della ricetta della scapece alla teanese:
Ingredienti: bucce di melone e di melanzane, talli di zucca, steli e foglie di purchiacca (la portolana, che vegeta, spontanea e abbondante, nei nostri terreni), opportunamente seccati al sole durante l'estate e conservati in un panno o in un cesto coperto. Tutti gli ingredienti vanno tenuti a bagno per 48 ore, poi lessati per qualche minuto e uniti alla zucca che sarà stata cotta separatamente in acqua e aceto.
Quando tutto sarà raffreddato, condire con olio extravergine di oliva, aglio, peperoncino, capperi e sale. Meglio consumarla dopo un “riposo” di almeno 24 ore.