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Canti popolari di Terra di Lavoro - Saltarello: La Confessione, Il Sabato, Le Donne Belle
 

Introduzione

Sotto il titolo di Saltarello sono raccolti tre canti popolari nell'opuscolo pubblicato dal Museo della Civiltà contadina e artigiana di Pignataro Maggiore, per l'inaugurazione della Sala dedicata a Francesco Palmesano il 4 luglio 2009.
In quell'occasione furono eseguiti vari canti e balli dal Gruppo popolare Arianova di Pignataro M.
A pag. 14 dell'opuscolo sopra citato sono riportati i testi dei tre canti a ritmo di Saltarello, nome che si dava ad una danza allegra in voga nel Cinquecento; oggi con lo stesso termine si indica una danza popolare dell'Italia centrale (Abruzzi).
I tre canti sono costituiti da distici in endecasillabi; è da notare che tra un distico e l'altro si ripete il motivo musicale della danza.

LA CONFESSIONE

Questo canto è costituito da quattro coppie di versi, in forma dialogata, tranne la prima che introduce l'argomento; nei primi tre distici si notano rime alternate (fa eccezione il 5° verso che è tronco); nel quarto la rima è baciata.
Si tratta di un dialogo tra il peccatore e il confessore.

Ecco il testo dialettale:

'A primma vota che me cunfessaje,
me cunfessaje a nu prerecatore.
'A primma cosa che m'addummannaje:
“ 'A quantu tiempo 'nc'êfatto l'ammore?”
“Padre, si vuô sapé 'a verità,
n'ancora è passato 'nu quarto r'ora”.
“La penitenza che ti voglio dare
è: Mo' che iesci, nce lu tuorni a fare!”

Traduzione:

La prima volta che mi confessai,
mi confessai a un predicatore.
La prima cosa che mi domandò (fu):
“Da quanto tempo hai fatto l'amore?”
“Padre, se vuoi sapere la verità,
non ancora è passato un quarto d'ora”.
“La penitenza che ti voglio dare
è (questa): Ora che esci, ce lo torni a fare”.
Oggetto principale della confessione, come si vede, è il rapporto sessuale: l'argomento è svolto in maniera paradossale, considerando il tipo di penitenza assegnata al peccatore.

IL SABATO

Testo dialettale:
Quanto me pare longa sta semmana;
sabbatu bello, quanno vuoi venire!
Jo nun lu faccio pe' nun faticare,
lu faccio pe' veré a nennella mia.

Traduzione:
Quanto mi pare lunga questa settimana!
Sabato bello, quando vuoi venire?
Io non lo faccio per non faticare,
io lo faccio per vedere la mia innamorata.

Sul piano metrico sono da notare assonanze tra i versi pari da una parte e quelli dispari dall'altra. Sul piano sintattico, si noti l'uso intransitivo del verbo vedere, caratteristico della lingua napoletana (veré a uno).
L'innamorato invoca intensamente l'arrivo del sabato, quando può già pregustare l'incontro sospirato con la sua ragazza che non vede da una settimana a causa del lavoro che svolge lontano da casa o, anche se di sera ritorna a casa, non ha la possibilità di incontrare l'innamorata perché la giornata lavorativa si conclude a tarda sera. Il motivo dell'amore s'intreccia dunque con quello del lavoro.

LE DONNE BELLE

Testo dialettale:
Vurria menare 'nu lungo suspiro,
a Santu Luca lu vurria menare.
Vulessi rice: “Santu Lucu mio,
le donne belle, che l'ê fatte a fare;
si tu l'ê fatte pe' me fa murire
o sulamente pe' me fa' 'mpazzire!”

Traduzione:
Vorrei inviare un lungo sospiro,
a San Luca lo vorrei inviare.
Vorrei dirgli: “San Luca mio,
le donne belle, le hai fatte, per fare che cosa?
(Ti chiedo) se tu le hai fatte per farmi morire
o solamente per farmi impazzire”.

Sul piano metrico, da notare assonanze nei versi pari e in quelli dispari nei primi due distici, nel terzo c'è rima baciata.
Tema di questo canto è la bellezza femminile. Perché l'ammiratore delle belle donne si rivolge a San Luca? Secondo la tradizione, l'evangelista fu medico e pittore; e in qualità di pittore, avrebbe dipinto un ritratto del bel volto della Vergine Maria. Il giovane protagonista del nostro canto si rivolge a questo Santo certamente a causa di questa tradizione.

Antonio Martone
(da Il Sidicino - Anno XI 2014 - n. 1 Gennaio)