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Canti popolari
 
Canti popolari di Terra di Lavoro: Gina Fonte
 

A cura di Antonio Martone, la trascrizione del testo musicale è del M° Guglielmo De Maria.

Premessa
È opportuno fare subito una precisazione: il canto che presentiamo in questo numero non appartiene al nostro dialetto, esso è bensì in lingua italiana, conserva tuttavia il carattere di “popolare”; esso pertanto non è “di” Terra di Lavoro, ciò nonostante è conosciuto “in” Terra di Lavoro; in questo senso lo accogliamo in questa rubrica.
Introduzione
È la cronaca di una storia d'amore e di sangue, messa in versi da uno dei tanti cantastorie che giravano per paesi e villaggi nel secondo dopoguerra (ma il fenomeno è certamente più antico, anzi antichissimo perché risale al Medioevo) accompagnandosi talora con uno strumento musicale (qualche chitarra o una fisarmonica) e commentando una serie di scenette disegnate e dipinte su un grosso pannello di tela che srotolava per l'occasione nella pubblica piazza. Al termine del racconto, un ragazzo che accompagnava il cantastorie, girava tra la folla raccoltasi incuriosita ad ascoltare, per raccogliere con un piattino le offerte.
Contenuto
È la storia d'amore di Gina e Tito (della ragazza è indicato anche il cognome riportato da qualche cronaca di giornale); la condizione della giovane è modesta: si tratta di una pastorella ma dall'animo gentile. Lei spera che Tito presto la sposi; ma lui una brutta mattina le rivela che vuol sposare un'altra donna. Lei allora, che afferma di essere incinta, minaccia vendetta. Infatti si traveste da monaca e si presenta in chiesa alle nozze del giovane amato che l'ha tradita e lo uccide con un colpo di rivoltella, poi si reca in caserma a costituirsi. Prima di entrare in prigione rivolge il suo addio agli amici e ai parenti; ormai non le resta che aspettare la morte.
Metrica
Quartine di decasillabi con rima del secondo e terzo verso (ma in alcune strofe, c'è solo assonanza); il verso finale della strofa è tronco.
Il decasillabo, che presenta gli accenti tonici sulla terza, sesta e nona sillaba, fu reso famoso dal Manzoni nel coro “La battaglia di Maclodio” e specialmente nell'ode “Marzo 1821”: il ritmo epico del verso ben si adatta al contenuto drammatico della vicenda narrata dal cantastorie.
L'autore dimostra di essere un discreto letterato, anche se talora qualche verso zoppica un poco (per es. nella terza strofa, in “trovati pure un altro amatore” per ragioni metriche l'autore ha dovuto sacrificare quel pronome; nella 10.a l'agg. bella, troncato in bel, lascia alquanto a desiderare; nella 12.a, quarto verso: l'accento sulla sesta sillaba per è una forzatura).
Fonti e bibliografia
Il canto è stato da me raccolto alcuni anni fa dalla viva voce della signora Ilda Fiorillo, consorte di chi scrive, durante una delle solite passeggiate sulla spiaggia di Mondragone; al ritorno presso la roulotte che ci ospitava, invitai mia moglie a ripetere il canto che a poco a poco trascrissi; in alcune strofe lei mostrava incertezza e alcuni versi li aveva alquanto deformati; ma, fissata la struttura metrica, riuscii a ricostruire l'intero canto rispettando la lunghezza del decasillabo; qualche incertezza è rimasta a proposito del cognome della protagonista (Fonte potrebbe essere anche Conte, Monte, ecc.) e del nome personale del giovane (Tito potrebbe essere anche Vito).
Il canto era stato già raccolto dal sac. Don Battista Scialdone in “Canti popolari di Pietramelara (religiosi e profani)” (Macerata Campania, pp. 64), eseguiti e interpretati dall'artista napoletana Pamela Paris in 5 cassette.
Il testo raccolto da don Battista si compone di 17 quartine, in cui però molto spesso la lunghezza del verso non è quella del decasillabo; anche il motivo presenta qualche variante rispetto a quello ascoltato da noi e trascritto dal M° De Maria.
Una osservazione è opportuno fare sulla strofa iniziale raccolta a Pietramelara, che dice: “Gina vol'a gentil pastorello / che l'amore faceva con Nino; / lei presto sperava marito, / aspettando le nozze quel dì.”; il pronome relativo all'inizio del secondo verso chiaramente deve riferirsi a Gina, da cui però dista parecchio; il nome di Nino poi fa solo assonanza con “marito”; meglio perciò Tito o Vito che formano rima; infine il finale della quartina (“quel dì”) ci sembra in contraddizione con il verbo “sperava” del verso precedente: Gina sperava che presto, ma non “quel dì”, il giovane diventasse suo marito!
Sul mestiere del cantastorie, vedi:
* C'era una volta il Cantastorie di Matteo Collura (Corriere della sera, Lunedì 11 ottobre 1999, pag. 29);
* Il Cantastorie di Raffaele Nigro (Il Mattino, martedì 11 gennaio 2000, serie Mestieri che scompaiono / 3);
* L'addio dell'ultimo Cantastorie, di Andrea Santini (Il Mattino, domenica 28 agosto 2005, pag. 25).

Antonio Martone
(da Il Sidicino - Anno VIII 2011 - n. 11 Novembre)

Cronaca in versi di una storia d'amore e di sangue.

1. Gina Fonte, gentil pastorella,
lei l'amore faceva con Tito;
e sperava che presto marito
lui gentile a lei fosse un bel dì.
2. Ma poiché lui le nozze tardava,
non andava a trovar la sua Gina,
quando fu una brutta mattina
alla Gina le disse così:
3. "Senti, Gina, io non posso sposarti,
più non batte per te questo cuore,
trova pure un altro amatore,
altra donna io voglio sposar!"
4. E la Gina con pianto rispose:
"Non lo vedi che incinta io sono,
se mi lasci così, in abbandono,
poi vedrai, te la faccio pagar!"
5. Non curando le tristi minacce,
Tito lieto e contento va via
e si reca dalla sua Maria
per fissare le nozze quel dì.
6. E la Gina ritorna a sua casa
e con pena si mette a cucire;
una monaca vuole apparire
ed intanto una veste si fa.
7. O Maria, mia dolce Maria,
noi domenica sposi saremo,
in eterno così ci ameremo,
e nessuno divider potrà
8. La domenica appena sull'alba,
lei si veste da suora e va via,
chi la vede non sa lei chi sia,
lentamente alla chiesa lei va.
9. Or gli sposi già sono all'altare,
mentre il prete li unisce e gli dice:
"Questa coppia sia sempre felice,
sono uniti per sempre, ed amen!"
10. Poi usciti che furon di chiesa
si presenta una bel monacella,
che impugnando la sua rivoltella,
allo sposo gli dice così:
11. "Per te questa è una festa di gioia,
ma sarà una festa di sangue!
Non lo vedi che soffro e che piango,
trascinata dal mio disonor!"
12. Or lo sposo sta morto lì accanto
e la sposa è coperta di sangue;
la sua veste non era più bianca
e Maria sviene per il dolor.
13. In Caserma dai Carabinieri
si presenta poi triste e tremante,
dice: "Ho ammazzato il mio amante,
perché un dì mi tradì e lasciò.
14. Addio amici, addio cari parenti,
è finita la mia giovinezza,
non c'è altro per me che tristezza,
la giustizia è ormai pronta per me.
15. In prigione io vado per sempre,
non vedrò più la luce del giorno,
e così passeranno i miei giorni,
verrà presto la morte per me".