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Canti popolari di Terra di Lavoro: Lu monaco cercatore
 

Commento e analisi metrica a cura di Antonio Martone. La trascrizione del testo musicale è di E. Gallina

Annotazioni di metrica
Otto quartine con versi di lunghezza diversa: il primo è un dodecasillabo (quello della quarta strofa, per essere considerato tale, necessita della divisione di pié, una sola sillaba, in pi-è, due sillabe), il secondo un novenario (quello della quarta strofa è sdrucciolo: … mònaco), il terzo, che si ripete uguale in tutte le strofe è un decasillabo tronco, l'ultimo infine è un quinario (solo nella prima strofa esso è sdrucciolo: … lemmòsena). Il terzo verso richiede una considerazione particolare: esso è costituito da due termini onomatopeici (zùchete e lariulà; il primo ripetuto) e rappresenta una specie di ritornello che s'inserisce nella strofa quasi ad interromperne la conclusione, ma nello stesso tempo vuol creare un'atmosfera di attesa. Lariulà è anche il titolo di una famosa canzone napoletana composta nel 1888, versi di Salvatore Di Giacomo, musica di Pasquale Mario Costa; a tal proposito il prof. Nicola Rivezzi nota in L'oro canoro di Napoli, 2006, pag. 59, che Lariulà è “parola onomatopeica che produce solo un suono, non ha senso: una parola scherzosa” … Il che vale anche per l'altra (zùchete), la quale sembra accompagnare un movimento oscillante delle braccia e del corpo.
Quanto alle rime, se ne nota stranamente una quasi assoluta mancanza: nella terza strofa si nota bona/confessione, nella quarta, chiagneva/rereva, nella sesta, vuleva/vuleva (qui addirittura ricorre la ripetizione della parola).
Contenuto
Il canto s'inizia con la domanda della padrona di casa che sente bussare alla sua porta: Chi è? Risponde il monaco che va in cerca delle elemosine. La donna ribatte a sua volta che non ha denaro; piuttosto tiene una figlia malata a letto e gli chiede di farle una buona confessione. Seduta sui primi gradini della scalinata che porta alla camera da letto al piano superiore, piange preoccupata per la figlia malata. Ma la verità è un'altra: il monaco altro non è che Ciccillo il suo innamorato, con il quale ora sta amoreggiando: l'incontro amoroso è a tal punto movimentato che le camere sembrano tremare; la mamma crede che stia avvenendo un terremoto.
Di lì a quattro mesi la ragazza comincia ad avvertire i primi sintomi della gravidanza, ma la madre ritiene che si tratti di un semplice turbamento, di qualche disturbo psichico; ma dopo nove mesi nasce un bel bambino che ha i lineamenti proprio di quel monacello!
Note lessicali
I strofa, v. 4: la lemmòsena: la forma italiana elemosina perde nel nostro dialetto la sillaba iniziale e raddoppia la emme.
III strofa, v. 1: Zi' monaco: nel nostro dialetto è frequente l'uso, di carattere confidenziale, di premettere Zio, anche se non c'è un rapporto di parentela, ai nomi di persona o che indicano stato ecclesiastico (quindi anche: Zi'Pre');
v. 2: bona bona, l'aggettivo raddoppiato, anche in italiano, serve a formare il superlativo.
IV strofa, v. 1: a piér' 'e 'rari : ai piedi dei gradi (della gradinata); gradi diventa rari per la caduta del g iniziale (il che capita in quasi tutte le parole che s'iniziano con il gruppo gr-; altri esempi: grazia = razia, grano, rano, ecc.; l'espressione “a piér'” si usa per es. per indicare la parte opposta alla testa nel letto: a pier'o lietto – a capo 'o lietto.
V strofa, v. 4: lu tarramoto = terremoto: non sappiamo per quale motivo le vocali di terre- si siano tramutate in a (tarra-).
VI strofa, v, 2: Ciccillo è diminutivo vezzeggiativo di Ciccio che a sua volta è la forma napoletana di Cecco da Cesco, parte abbreviata di Fran-cesco.;
che me vuleva: quando due si vogliono (se vonno) significa che si vogliono bene, si amano.
VII strofa, v. 1: 'ncap'a (quatte misi): forma di preposizione impropria; in capo a: al compimento di.
Turbesìa: forse turba + suffisso –esia coniato per influsso di malattia (!).
VIII strofa, v. 2: pròpeto: deformazione di proprio.

Antonio Martone
(da Il Sidicino - Anno VIII 2011 - n. 9 Settembre)

Testo dialettale
1.Chi è, chi è che bussa alla mia porta?
(si ripete)
È lu monaco cercatore
(zuchete zuchete e lariulà):
vo' la lemmosena.
2.Nun tengo la lemmosena, né denaro,
(si ripete)
ma tengo na figlia malata
(zuchete zuchete e lariulà)
rent'a lu lietto.
3.Zi monaco, la vulete cunfessare?
(si ripete)
e facétela bona bona
(zuchete zuchete e lariulà)
la cunfessione.
4.La mamma a pier' 'e rari che chiagneva
(si ripete)
e la figlia che cu lu monaco
(zuchete zuchete e lariulà)
se la rereva.
5.Tremmàvano `e cammarelle sole sole
(si ripete)
e la mamma che se crereva
(zuchete zuchete e lariulà)
lu tarramoto.
6."Oi ma', chillo n'è monaco e manco prete; (si ripete)
è Ciccillo che me vuleva,
(zuchete zuchete. e lariulà)
che me vuleva.
7.E 'ncap'a quatte misi na malatia
(si ripete)
e la mamma che se crereva
(zuchete zuchete e lariulà)
la turbesia.
8.E ropp' nove misi fece un bambino:
(si ripete)
pròpeto a chillo assumigliava
(zuchete zuchete e lariulà):
a 'o munaciello.

Traduzione:
1.Chi è, chi è che bussa alla mia porta?
È il monaco cercatore,
vuole l'elemosina.
2.Non ho l'elemosina, né denaro;
ma ho una figlia malata,
dentro il letto.
3.Zio monaco, la volete confessare?
E fategliela assai buona
la confessione.
4.La mamma ai piedi dei gradini piangeva
e la figlia con il monaco
se la rideva.
5.Tremavano le camerette da sole
e la mamma credeva (trattarsi del)
terremoto.
6.Oi mamma, quello non è monaco e neanche prete;
è Francesco che mi amava,
che mi amava.
7.E di lì a quattro mesi una malattia;
e la mamma credeva (trattarsi)
di un turbamento.
8.Ma dopo nove mesi partorì un bambino:
proprio a quello assomigliava:
al monacello!