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Canti popolari
 
Canti popolari di Terra di Lavoro
 

I canti popolari d'amore e di lavoro sono numerosissimi nella nostra tradizione campana e meridionale in genere, ma anche in quella di altre regioni italiane. Sulla base della stessa semplice melodia che viene ripetuta per ogni coppia di versi (o distico) con inflessioni vocalistiche di tipo solistico, l'innamorato mette assieme un certo numero di endecasillabi, non molti, in genere due o tre, per esprimere i suoi sentimenti. Si tratta quindi di composizioni piuttosto brevi, dove compaiono anche rime che si dispongono liberamente: in Rosa, sono alternate; in Le monache il terzo distico è a rima baciata, come pure nell'ultimo di Il garofano; spesso si cerca l'assonanza (... vunnella nova / ... quanno vola in La padrona mia); nei due distici che compongono Lu nùreco a lu core sono da notare ben tre endecasillabi tronchi, che nella fonetica locale vengono resi piani (i [io] diventa ine; vô [vuole] diventa vone; fa' [fare] diventa fane); talvolta infine ricorre (è solo un caso?) qualche rimalmezzo (nel verso iniziale di Le monache: Aiuto ... fernuto).
Abbiamo fatto riferimento a cinque "frammenti" di poesie d'amore dove è da notare anzitutto il ricorso a immagini di fiori: la rosa che diventa anche nome personale ('u meglio ciore che sta 'mParaviso) e il garofano odoroso offerto dall'innamorato per farsi ricordare tre vote all'ora; inoltre, si ricorre anche all'immagine della palomma quanno vola. Il tema dell'amore si presenta nei suoi vari aspetti: la bellezza di Rosa è quella di un amore puro per la chiara allusione a quello paradisiaco della Madonna; più concreta invece è la bellezza della padrona della masseria, che però tende a spiritualizzarsi nella immagine della colomba che vola; c'è poi l'amore che fa soffrire la giovane abbandonata, che vede il suo innamorato sposare un'altra donna; addirittura l'amore fa sentire la sua potenza anche in chi si è ritirata (o è stata costretta?) in convento.
In questi frammenti poetici va segnalato l'influsso della religione che è in vari modo sempre presente: la palomma (che richiama lo Spirito Santo), il Paradiso, le monache, le principali feste dell'anno.
Sullo sfondo di un paio dei frammenti presi in esame s'intravede il tema del lavoro: anzitutto quello dei campi (la padrona della masseria dà da mangiare alle galline), e poi compaiono i fravecaturi che dovrebbero costruire e intonacare le celle delle monache le quali addirittura hanno deciso di deporre l'abito monacale per sposarli! II tema del lavoro è invece trattato specificamente in Carrettiere e cavallo e si riferisce in particolare al lavoro dei vaticali, caratteristico della società di antico regime (Sei-Settecento), che commerciavano derrate alimentari o altro, trasportandole su carrette e “traìni” anche in località lontane dove si svolgevano le tradizionali fiere.
Bibliografia: il componimento su Rosa è riportato già da Luigi Molinaro Del Chiaro in Canti popolari raccolti in Napoli con varianti e confronti nei vari dialetti, 1916 (ristampa Forni, Bologna, 1985, p. 162, n.112), dove s'aggiungono altri due versi: Viato chi vicino a te arreposa / e che pô da' nu vaso a chistu viso!). Le monache è riportato nella citata raccolta a p. 130 (n. 27), ma si compone di solo quattro versi; il quarto è: pe' farse fa' li ccell'a gusto loro.

Antonio Martone
(da Il Sidicino - Anno VII 2010 - n. 5 Maggio)

STORNELLI - Carrettiere a Cavallo

Il testo musicale del è stato trascritto dal M° dott. Guglielmo De Maria (Direttore del Coro polifonico di Pignataro)

1. Carrettiere e cavallo
Cavallo, si ce `a faje pe' sta sagliuta,
t'accatto `o pettorale e `a sunagliera.
'A sunagliera a me nun m'abbisogna,
i' voglio `u sacco `e vrenna cu `e ciuscelle.

2. La padrona mia
`I quant'è bella la padrona mia,
quanno se mette la vunnella nova;
me pare `na palomma quanno vola,
quanno s'aggira attuorno a' massaria.
E' bella quanno chiamma a li galline:
"Vieni, tetella mia, vieni a mangiare!"

3. Rosa
Bella figliola che te chiammi Rosa,
che bellu nomme màmmeta t'ha miso;
t'ha miso `u nomme de la bella rosa,
lu megliu ciore che sta 'mParaviso.

4. `U nùreco a lu core
Me sento fa' nu nùreco a lu core,
ca mo' se `nzora chi vuleva je;
isso se `nzora e se piglia a chi vone,
monaca, munacella, je m'aggio a fane.

5. Le monache
Aiuto, aiuto! Lu munno è fernuto!
Le monache se vonno maretare.
Se vonno piglia li fravecaturi,
la cella se la vonno fravecare;
s' 'a vonno 'ntunacare `a rinto e `a foce,
na fenestella pe' ce fa' l'ammore.

6. Il garofano
Ammore mio, nun tengo che te rane;
téccate stu garofano che addore;
tu mittatillo a tavula a mangiare,
ricòrdate re me tre vote all'ora;
tre vote all'ora e po' tre vote all'anno:
la Pasca, lu Natale e Capuranno.

Traduzione

1. Carrettiere e cavallo
`Cavallo, se ce la fai per questa salita,
ti compro il pettorale e la sonagliera".
“La sonagliera a me non mi bisogna,
io voglio la crusca con le carrube”.

2. La padrona mia
Vedi, quanto è bella la padrona mia,
quando si mette la gonnella nuova;
mi pare una colomba quando vola,
quando s'aggira attorno alla masseria.
E' bella quando chiama le galline:
"Vieni, gallina mia, vieni a mangiare"

3. Rosa
Bella figliola che ti chiami Rosa,
che bel nome tua madre ti ha messo:
ti ha messo il nome della rosa,
il miglior fiore che sta in Paradiso.

4. Il nodo al cuore
Mi sento fare un nodo al cuore,
ché ora si sposa chi volevo io;
egli si sposa e si prende chi vuole,
monaca, monacella io mi ho da fare.

5. Le monache
Aiuto, aiuto! Il mondo è finito!
Le monache si vogliono maritare.
Si vogliono prendere i fabbricatori,
la cella se la vogliono fabbricare.
Se la vogliono intonacare dentro e fuori,
una finestrella per farci l'amore.

6. Il garofano
Amore mia, non tengo che darti;
eccoti questo garofano che odora,
tu méttitelo a tavola a mangiare,
ricordati di me tre volle all'ora;
tre volte all'ora e poi tre volte all'anno:
la Pasqua, il Natale e il Capodanno.