TEANO

 
Territorio e attività
 
Piani Urbanistici
 
Il P.U.C. - Piano urbanistico comunale
o della trasfigurazione kafkiana della realtà

Con l’avvento della Legge regionale n. 16/2004, che ha disciplinato, in modo più rigoroso e attento alle risorse ambientali,  la programmazione urbanistica  e il governo del territorio, è stata finalmente  presentata, dopo una lunga e difficoltosa gestazione, la proposta di Piano Urbanistico Comunale. 
Infatti, dalla nomina, per l’inadempienza degli organi comunali, del Commissario “ad acta” per la redazione del P.R.G. (lo strumento urbanistico soppiantato dal PUC), e dall’incarico al progettista,  è passato più di un decennio, eppure tutto questo tempo non è  bastato al progettista per avere la  reale percezione delle necessità vere e irrinunciabili di un intero territorio e per concludere il lavoro avviato.
Vi è stata, in questo lasso di tempo, solamente una prima confusa e imbarazzante  presentazione del P.R.G., che ha deluso e indispettito i cittadini che hanno preteso modifiche sostanziali al Piano e  sollecitato, successivamente, richiami e  diffide alla Provincia per la definitiva redazione dello strumento urbanistico, in un logorante gioco a rimpiattino tra il Comune ed il Commissario.
Da tutto questo, ne è derivato unicamente l’avvicendamento del Commissario ”ad acta”, con la conferma del progettista, e l’approvazione all’unanimità, da parte del Consiglio Comunale, di un documento di indirizzi programmatici che  vincolasse le scelte progettuali.
Dopo questo stillicidio di impegni mancati e attese vanificate è intervenuta la Legge regionale, che ha finalmente avviato a conclusione il lungo e laborioso procedimento, seguita dall’inattesa e sconcertante  riconferma del progettista da parte del Comune, nel momento in cui si è riappropriato del diritto-dovere di decidere sulle sorti del paese.
Era chiaro che tenere sospese scelte e prospettive di sviluppo e di crescita culturale e sociale,  in una realtà così economicamente depressa e bisognosa di opportunità e certezze, avrebbe potuto dar luogo a  un operazione difficile ed accidentata.
La lunghissima gestazione, infatti, ha prodotto e sedimentato le più disparate, divergenti e contrastanti, aspettative ed esigenze dei cittadini possessori di terreni e fabbricati, degli imprenditori, degli  operatori del settore dell’edilizia (studi tecnici e imprese costruttrici), da un lato, e quelle  degli operatori culturali, delle associazioni ambientaliste, dei giovani, degli agricoltori, dall’altro.
Ciò nonostante, ci si sarebbe aspettato equilibrio, armonizzazione delle molteplici istanze, maggiore attenzione per la qualità e la  calibratura degli interventi e degli scenari prospettati.
È bastata, invece, una prima sommaria visione del PUC per rimanere esterrefatti e delusi dal risultato; impressione poi confermata e decisamente fortificata da una successiva attenta analisi della relazione, delle norme tecniche e delle tavole di progetto.
Leggendo la Relazione illustrativa, sembrerebbe che tutti gli elementi, e le problematiche legate all’individuazione degli obiettivi strategici da perseguire con la pianificazione territoriale, siano stati presi in considerazione e attentamente valutati.
Entrando nello specifico, invece, si nota l’arbitrarietà, l’inesattezza, la genericità di tante di quelle considerazioni, prospettazioni e analisi, e la palese incongruenza tra quanto dichiarato, e posto a base delle previsioni progettuali, e l’effettiva oggettivazione di tale percorso.
Emergono, poi, accentuate manchevolezze di obbligati passaggi procedurali, e di  specifici studi propedeutici, previsti molto chiaramente dalla citata L.R. n. 16/04 che potrebbero, da sole, inficiare la validità del PUC presentato.
Il “Comitato delle Associazioni” (tra cui l’ARCI, rappresentata da chi scrive), costituitosi per la verifica del PUC e per elaborare le osservazioni da presentare al Consiglio Comunale, ha individuato ben 20 punti critici sui quali intervenire, e sta organizzando un Convegno per illustrare le problematiche emerse e le proposte per modificarlo.  
Confidando che, il Convegno, possa essere l’occasione giusta per trovare un’intesa largamente condivisa per armonizzare le previsioni del PUC con le reali esigenze della comunità, con la valorizzazione delle potenzialità della Città e la vocazione naturale del territorio, rapportate all’intero comprensorio dell’Alto Casertano e dei vari Distretti Culturali e Economici di cui è parte integrante.
Comunque, è opportuno sottolineare ed evidenziare alcuni punti deboli tra quelli più macroscopici.
Innanzitutto, manca un’analisi, oggettiva e verificabile, delle previsioni del fabbisogno abitativo e degli standard urbanistici; i dati riferiti agli abitanti risultano variabili, passando da 10.000 nel Centro e 3.000 nelle frazioni, a metà e metà, in pagine diverse della  stessa Relazione generale, così come il numero delle frazioni che “oscillano” da 13  a 15  a 17,  e in alcuni casi è evidente la costruzione a ritroso del procedimento e dei calcoli, per poter giustificare  dati, stime e risultati finali.
Non si è tenuto nel giusto conto l’andamento demografico, in costante diminuzione, né il gran numero di vani ed abitazioni risanate post-terremoto, e tutte le cosiddette “produttive” già realizzate, prevedendo, invece, una forte espansione edilizia.
Vi è una confusa e indistinta previsione di  tipologia di interventi, nelle zone interessate da insediamenti produttivi (B8 e D2) e Servizi pubblici (F5) ove è possibile costruire avendo una ampia gamma di opzioni, anche contrastanti con le finalità indicate.
Le direttrici storiche oggettive dello sviluppo della Città e del nostro territorio: l’agricoltura e il turismo, per la fertilità dei suoli e la dovizia di ricchezze storiche, archeologiche, architettoniche e ambientali presenti, sono state sottovalutate e passate in secondo piano.
La “tutela e valorizzazione del paesaggio agrario attraverso la classificazione dei terreni agricoli, anche vietando l’utilizzazione ai fini edilizi delle aree agricole particolarmente produttive” (L.R. n. 16/04) non si capisce come sia stata intesa, dal momento che grandi aree nelle zone più fertili e di maggior pregio sono interessate da edilizia “produttiva” (B8 e D2) e/o pubblica (F5).
Non si è puntato, in modo deciso, alla valorizzazione delle produzioni autoctone di qualità quali il castagno, l’ulivo, le nocciole, la mela Annurca, né si è intervenuti per arginare la deriva che, nel tempo, ha portato alla polverizzazione della proprietà fondiaria.
Di recupero, funzionale e abitativo, del centro storico del capoluogo e delle frazioni,  e di soddisfacimento delle pressanti richieste dei cittadini per innalzare la qualità della vita, con la riqualificazione dei quartieri con aree verdi, piazze, parcheggi, parchi e zone di socializzazione, nemmeno il sentore.
Riguardo al Parco Archeologico, unica nota positiva del PUC, anche se ridimensionato in confronto a quello previsto nel P.R.G. bocciato, emergono forti perplessità poiché zone vincolate sono interessate da “insediamenti produttivi”, ed è prevista addirittura  la possibilità di aumento di cubatura per i fabbricati esistenti, anziché limitare gli interventi alla sola manutenzione, al restauro, e all’adeguamento funzionale per attività in sintonia  con il Parco.
Ancora, non è stata prevista alcuna zona intermedia, cerniera tra la città e il Parco, dove prevedere e allocare i servizi necessari alla piena funzionalità e fruizione dello stesso, soffocandolo invece tra “produttive”, “edilizia privata” e “pubblica”.
Il “raccordo della previsione di interventi di trasformazione con le esigenze di salvaguardia delle risorse naturali, paesaggistico-ambientali, agro-silvo-pastorali e storico-culturali disponibili, nonché i criteri per la valutazione degli effetti De ambientali degli interventi stessi”(L. R. cit.) non emerge per nulla, e le tavole evidenziano, invece, che grandi porzioni del territorio, interessate da vincoli archeologici, ambientali e  idrogeologici ricadono in zone F5 (edificabili).
Infine, oltre a sanare le tante, cosiddette “produttive recenti”, sorte in un breve periodo in incertezza normativa, si è prefigurato, addirittura, l’ampliamento di quelle costruite, e la loro moltiplicazione, con l’ulteriore previsione delle “produttive miste” sull’intero territorio comunale, facendo prefigurare  uno scenario fantascientifico da “Nord-Est “ industriale, da Brianza del Sud.
Il PUC, in fin dei conti,  non risulta altro che uno strumento nominalistico necessario per giustificare l’unica scelta strategica fatta: quella di innescare un enorme processo di cementificazione dell’intero territorio comunale, come salvifico intervento per il futuro del paese.
Riducendo Teano, in tal modo, ad un agglomerato caotico e indistinto, quale ideale  prolungamento e valvola di sfogo dei congestionati  quartieri periferici aversani e napoletani, come chiaramente indicato e prospettato dal progettista.  
Poi, però, il colpo di scena: a pagina 13 della VAS, inerente l’”Illustrazione degli obiettivi del PUC e del rapporto con gli altri pertinenti piani”, ad interpretazione delle incongruenze e delle inesattezze di cui è infarcito il Piano, si legge la seguente asserzione “ la tutela dell’agricoltura ed in particolare delle produzioni vitivinicole ed ortive anche ai fini della tutela e della valorizzazione del paesaggio agrario vesuviano”.
Ecco, forse, spiegato l’arcano, le indagini e il lavoro propedeutico al PUC sarebbero un patchwork, un assemblaggio di studi e analisi non sempre omogenei e pertinenti. 
Materializzando, quindi, una trasfigurazione della realtà che diventa, in tal modo, incomprensibile ed ineluttabile: una situazione kafkiana, una trasposizione temporale della storia dell’agrimensore K., chiamato per errore  e non voluto dal Castello e dalla comunità del villaggio, che lotta strenuamente per farsi accettare, e che, nel nostro caso, si trasforma, muta, salta di piano, perché i soggetti e le istanze si incrociano, si mescolano, si sovrappongono fino a coincidere.
Sconvolgendo appiattendo e uniformando la nostra Città al Castello, e a quella atmosfera nebulosa ed onirica in cui “si passa dalla policromia di un mondo reale al monocromato, all’autismo di un mondo surreale e espressionista, retto da una regia ambigua e invisibile (R. Cantoni).

Martino Amendola
(da Il Sidicino - Anno IV 2007 - n. 5 Maggio)

(foto di Oreste De Donato)
(foto di Oreste De Donato)