Emergono nuove e importanti documentazioni riguardanti il fabbricato della “Casina”, con la “scoperta” delle feritoie di difesa poste nella cinta muraria a tutela del complesso “Palazzo Magnifico”- Castello, ad onta delle argomentazioni e delle valutazioni superficiali della Soprintendenza ai Monumenti di Caserta.
Sarebbe bastato un semplice e opportuno sopralluogo, da parte dei tecnici a ciò istituzionalmente preposti, per verificare quanto da noi asserito più volte e che una schedatura scientifica, come quella prevista dalla Legge R. Campania n. 26/2002, ( che non è mai stata effettuata per Teano) in base alla quale è stato richiesto il finanziamento del progetto di demolizione della “Casina”, avrebbe sicuramente evidenziato.
Infatti, come emerge chiaramente dalle nostre foto, le feritoie di difesa, (ben visibili dalle rampe d’accesso al “Loggione” del Museo Archeologico, ad un attento osservatore) presenti nella parte alta delle mura di divisione, della parte pubblica dalla parte signorile, attestano che l’edificio in parola è stato costruito a ridosso della cinta muraria a difesa del complesso del “Palazzo del Principe” (cfr. Pacichelli) e del Castello.
La sistemazione della Piazza Umberto I, risalente alla seconda metà del secolo XIX, ha tenuto nel giusto conto tale preesistenza, inglobandola nell’edificio della “Casina”, costruito alle spalle della stessa, in sostituzione di altri edifici diruti; rimarcando la netta divisione tra il “Palazzo del Principe” e l’area antistante.
Ora, anche alla luce di queste nuove acquisizioni conoscitive, è più che mai necessario ridiscutere il progetto che prevede la demolizione della “Casina”, atteso che si è alla presenza di emergenze architettoniche che tranquillamente, per la tipologia e per la costruzione, ascendono a qualche secolo prima della sistemazione della Piazza.
È questa l’occasione giusta per ripensare e rivalutare le modalità di intervento nel centro storico della nostra Città; dal momento che l’interesse di tutti dovrebbe essere quello di restituire squarci significativi del nostro passato alla fruizione del presente, con il preservare, restaurare e valorizzare le testimonianze architettoniche culturali e ambientali sopravvissute all’inclemenza del tempo e degli uomini.
Solamente con la piena consapevolezza delle nostre radici sarà possibile leggere e vivere con pienezza il presente, e attrezzarsi per prefigurare scenari futuri per le nuove generazioni; perché “non si è presenti neanche nel proprio presente, senza la memoria del passato”.
Martino Amendola
(da Il Sidicino - Anno II 2005 - n. 5 Settmbre)