ho salutato con estremo piacere l’uscita del vostro mensile, in una realtà come la nostra, apparentemente asfittica e chiusa ad ogni istanza culturale, ma pur apprezzandone il taglio e gli interventi, avvertivo forte un certo clima di “dejà vu”, di celebrazione del tempo andato, sempre nei ricordi, mitizzato e rimpianto.
L’ultimo numero, invece, ha segnato finalmente una svolta, la realtà vera, non quella filtrata dalla memoria, è balzata alla luce.
Gli interventi legati alla questione della progettata demolizione della “Casina”, hanno evidenziato quello che è forse l’aspetto più negativo e deleterio della nostra comunità: - la mancanza di dialogo, di confronto, di dibattito culturale e politico -, che porta, inevitabilmente, a ragionare sempre e comunque in termini ultimativi ed emergenziali.
È chiaro che il progetto suddetto non mette in gioco solamente il destino di un palazzo, l’asettica risistemazione di un “luogo”, né può essere valutato solo in termini estetici-qualitativi-quantitativi, ma al contrario è l’estrinsecarsi in maniera brutale dell’espropriazione, da parte di pochi, del diritto di tutti a decidere su questioni che riguardano il bene comune, la collettività intera.
La “Casina” è per noi teanesi un “topos”, il luogo per eccellenza, pregno d’avvenimenti storici, come quando negli anni disgraziati della guerra, divenne teatro della raccolta e deportazione da parte dei nazifascisti dei nostri figli migliori, e visse scene strazianti degne del famoso film di Rossellini “Roma città aperta”, assurta poi a simbolo del potere, quando diventò sede del partito che ha dominato la scena politica, locale e nazionale, fino agli anni di “mani pulite”.
È un luogo simbolico, e per tanto, oltre alle ragioni esposte negli interventi richiamati, di carattere architettonici e urbanistici, è degna di essere considerata “bene culturale”, e di essere salvaguardata per tenere vivo il ricordo di momenti che mai devono più tornare.
“Il Sidicino” può, e deve dar voce a quanti vogliono intervenire su questo e tanti altri argomenti che incidono sul presente e prefigurano il nostro futuro, deve coltivare questo ”humus” fertile, questa fiera volontà d’essere attori e non spettatori, che, nonostante tutto, alligna ancora tra noi eredi dell’antico popolo dei sidicini.
Deve farsi promotore di un movimento, di un comitato per la salvaguardia della “Casina” e di Piazza Umberto I, per partecipare a tutti che l’indifferenza e l’ignavia portano alla distruzione di pezzi importanti del corso formativo della nostra storia, e al successivo e inesorabile oblio di ciò che rappresentano e hanno rappresentato.
In tempi d’aridità e cinismo, dove vale ciò che si monetizza e si può sfruttare, queste aspirazioni possono sembrare pulsioni di sognatori e di poeti ma, i sognatori e i poeti sono ” …i non riconosciuti legislatori del mondo”.
Martino Amendola
(da Il Sidicino - Anno I 2004 - n. 6 Giugno)