Il nostro carissimo Vescovo Francesco Tommasiello lascia nel cuore dei fedeli, in tutti, dei grandi ricordi della sua figura pastorale, Padre e guida di questa diocesi.
E' stato vero discepolo di Cristo nel donarsi totalmente alla sua missione di Vescovo, nella radicalità evangelica del suo vivere, del suo agire. Radicalità che Cristo chiede al consacrato, in particolarità ai suoi vescovi perché con Cristo sono i maestri del popolo di Dio.
Ripeteva spesso: “ offro la mia sofferenza per la diocesi e per i miei sacerdoti”; li sentiva suoi come Cristo ha sentito i suoi discepoli che amava teneramente. Sono questi sentimenti profondi che animano tutto il vangelo e lo rendono vivo e attuale.
Abbiamo avuto un vescovo sofferente per vari anni, ma si è offerto da profeta di Dio. Quando Cristo gli ha fatto intravedere la lunga croce ha detto: Ecco io vengo per fare la tua volontà.
La chiamata all'episcopato è un avvenimento straordinario nella vita di un sacerdote: sconvolge la sua esistenza perché chiamato all'eroismo nel donarsi, offrirsi; è posto sul candelabro per illuminare, donare, offrire, essere l'uomo che non vive più per se stesso, ma per gli altri, sempre, ovunque per il suo popolo.
Nella confidenza gli ho ricordato un giorno l'episodio di un grande Vescovo: Alfonso de Liguori che nominato vescovo di S. Agata dei Goti, per tre volte rinunciò, supplicando il Santo padre a volerlo liberare da una responsabilità che sentiva enorme per la sua età avanzata, ma il Santo Padre rispose ai suoi collaboratori che lo supplicavano di accettare le sue dimissioni : “Vivo o morto lo voglio a S. Agata.”
La forza di un Vescovo, diceva il nostro Padre Carissimo, sono le Beatitudini….e la prima illumina tutte le altre: ”Beati i poveri in spirito”. Sono coloro che confidano solo in Dio, non nelle forze umane; in un abbandono totale alla sua volontà, in una fiducia fatta di speranza, amore alle anime. Cristo che porta la Croce è il modello da seguire sempre. Infatti non si tratta di povertà materiale ma di una povertà spirituale di amore al prossimo fino alla donazione totale.
Ciascun Vescovo sa che i primi poveri in spirito sono stati: la Vergine Maria che ha detto “si” all'angelo, aggiungendo “sono la serva del Signore”; Gesù ha detto “si” alla morte di croce; i discepoli hanno detto “si” al loro martirio; il nostro carissimo Vescovo anche Lui ha detto “ si”, al Signore abbracciando la croce, dall'inizio del suo ministero fino alla sua morte dolorosa, offrendo tutto per il suo popolo, per i suoi sacerdoti.
Ho anche ammirato con particolare attenzione la sua povertà: straordinaria in tutto. Povertà che in un Vescovo ha un senso. narra una vita, una storia, predica una missione continua tra la sua gente lo rende amico di tutti, perché la povertà di Cristo a Betlemme, a Nazareth, sulla croce è un momento importante nella vita della Chiesa, dei Vescovi, chiamati come Cristo a interpretare la povertà del mondo, mettersi a fianco del povero, lottare per redimerlo, amarlo per non farlo sentire solo. Ha imitato S. Alfonso che ha venduto tutto: anello episcopale, croce, pastorale, tutto ciò che aveva, per donarlo ai poveri che teneramente amava e rispettava in Cristo.
E' stato un padre, ma deciso, risoluto, forte…..come S. Alfonso.
Ecco perché il suo mandato di servizio al popolo di Dio è stato unico, assoluto, andando incontro di persona a tutti coloro che bussavano alla porta dell'episcopio, ascoltandoli con gioia e sofferenza, andando incontro a tante esigenze senza stancarsi mai. Per loro ha bussato alla porta dei potenti, ha pregato, supplicato, anche se troppo spesso non ascoltato.
La cripta nella cattedrale dove è stato sepolto non è un semplice episodio, ma il desiderio di un vescovo di restare, vivere ancora tra la sua gente, continuare ad essere loro padre.
Onoriamoli questi Vescovi, illuminano la Chiesa e il mondo.
P. Giuseppe CAPONE C.SS.R.
(da Il Sidicino - Anno II 2005 - n. 7 Novembre) |