L'ASSOCIAZIONE
 
il Sidicino
 
Indice per autore
 
Indice Francesco Carlo Zona
 
 
Storia e significato di un'anomala effigie di Giano Bifronte
 
 

Talvolta anche dei simboli e fregi presenti in un'opera d'arte, apparentemente insignificanti ad una prima lettura, dopo un'attenta analisi possono svelarci eventi che viceversa rimarrebbero oscuri.
La presente ricerca ha lo scopo principale di chiarire, una volta per sempre, il significato di un piccolo rilievo che presenta un'immagine unica ed insolita nel suo genere del dio bifronte, scolpito sulla colonnina che sorregge l'acquasantiera della Chiesa Madre di Giano Vetusto.
Essa infatti, contrariamente a quella che ci trasmette l'iconografia pagana, raffigura le due facce nettamente separate.
Nessuno per più di quattro secoli, e cioè dal 1599, data di costruzione della Cappella, come si legge sulla base della colonnina, aveva esaminato il vero significato e il valore storico e politico del rilievo.
Il committente dell'opera ebbe, all'epoca, ben chiaro il messaggio da tramandare, ma l'inevitabile trascorrere del tempo ne cancellò ogni traccia dalla memoria della Comunità.
La circostanza che portò alla ribalta il rilievo e diede il via ad un'indagine più estesa e concreta sulla strana figura si verificò in seguito ad un furto rilevante.
È opportuno, a questo punto, aprire una breve parentesi che chiarirà meglio i vari momenti della vicenda.
Con inizio dagli anni Sessanta, anche Giano, piccolo Comune di circa seicento anime situato a nord-est di Caserta, tra Camigliano e Calvi Risorta, ha subìto, come tanti altri centri, innumerevoli furti di opere d'arte, spesso di scarso valore commerciale ma di notevole interesse storico e culturale per la Comunità.
Il più grave avvenne una quarantina di anni addietro, quando fu divelto ed asportato lo stemma comunale dalla sua sede, un lavoro su pietra lavica raffigurante Giano bifronte con la scritta VNIVERSITATIS [INSIGNE]–1714 (“stemma dell'Università”).
Fu una lacerazione irreparabile ed un danno per la perdita di un attestato storico del piccolo centro, la cui origine risale ad epoca preromana; il toponimo infatti gli deriva dalla presenza di un tempio dedicato a Giano, che, secondo le testimonianze di storici antichi (Ricca, Zona, Penna), sorgeva alle falde del borgo, le cui vestigia erano ancora visibili fino agli inizi dell'Ottocento.
Il sindaco dell'epoca, Prof. Mattia Bonacci, si premurò di riprodurne uno simile e ritenne opportuno chiedere lumi alla Consulta Araldica, non senza un lauto compenso.
La risposta fu del tutto inattesa e inverosimile: si riportava, su una fotocopia, un timbro con le iniziali maiuscole in corsivo G. V. (racchiuse in una cornice ovale sormontata da corona), che, secondo l'autorità interpellata, rappresentava lo stemma.
In verità si trattava di una doppia svista, sia perché le lettere indicavano l'esattore delle tasse del 1739, sia perché Giano ebbe l'attributo Vetusto solo nel 1863.
Qui di seguito si riporta il documento (vedi fig.4 e 5).
Si pensò allora di utilizzare l'immagine scolpita sulla colonnina dell'acquasantiera, che presenta le due teste di Giano, separate, che misurano ciascuna cm 5x4, racchiuse in uno scudo sannitico senza corona, ma l'Amministrazione non lo ritenne valido, perché del tutto difforme da quello storico rubato.
A questo punto, mi colse l'ansia di svelare il significato di quella immagine anomala; esclusa l'ipotesi di una libera interpretazione dell'artista o addirittura di un suo errore, rimanevano due interrogativi:

1. quale motivo poteva giustificare l'anomala raffigurazione della divinità pagana?
2. quale probabile ragione giustificava la presenza di un'immagine pagana in un tempio cristiano?

Dopo aver esaminato varie fonti documentarie relative alle vicende locali comprese nell'arco di tempo tra gli inizi del Mille ed il 1714, risultò che in questo lungo periodo la Comunità gianese era divisa in due Casali, come si legge anche più avanti.
Le due realtà, denominate Jano di Capua e Jano prope Calvi, pur comprese nello medesimo spazio vitale, erano amministrate da due autorità politiche e religiose.
Lo stemma che le comprendeva entrambe era segnato da due teste separate nello stesso scudo e senza corona, per dimostrare che non avevano ancora raggiunto l'autonomia amministrativa. E tale rimase fino al 1714, quando i due Casali si unificarono e Giano assunse un nuovo stemma con la scritta VNIVERSITATIS [INSIGNE]–1714 e la corona con tre pusterle visibili.
A tal proposito così scrive Francesco Sacco nel suo Dizionario geografico e storico fisico del Regno di Napoli (Napoli MDCCXCV):

“Giano, Casale Regio nella Provincia di Terra di Lavoro ed in diocesi di Calvi, il quale giace alle radici della monte Calicola, d'aria buona e nella distanza di tre miglia dalla città di Calvi. In esso Sono da notarsi una Chiesa Parrocchiale, ed una confraternita laicale sotto l'invocazione del Rosario. Il suo territorio produce poi grani, granidindia, legumi, frutti, vino, olio, e canapi. Il numero finalmente dei suoi abitanti ascende a 449 sotto la guida spirituale di un Parroco”.

“Giano: Casale Regio nella p. di Terra di Lavoro ed in Diocesi di Capoa, il quale giace sopra una collina, d'aria temperata e nella distanza di 20 miglia dalla città di Napoli. Questo Reggio Casale il quale si vuole nato dalle rovine di un tempio eretto dai primi abitanti della antica Capoa al dio Giano, ha soltanto una Chiesa Parrocchiale sotto il titolo di S. Maria Maddalena. Il suo territorio poi produce grani, granidindia, legumi, frutti, vini, e canapi. Il numero finalmente dei suoi abitanti ascende a 2134 sotto la guida spirituale di un Parroco”(Tomo I, pag. 85).

Anche Lorenzo Giustiniani nel suo Dizionario ragionato del Regno di Napoli (Tomo V, pag. 66, ediz. Napoli 1797-1805) parla di due distinti casali.

“Giano uno de' Regi casali di Calvi in Terra di Lavoro, abitato da circa 450 individui. Da Calvi è distante 3 miglia, e 21 da Napoli.

“ Giano casale della Regia città di Capua situato dalla parte di Roma abitato da circa 215 individui”.

Solo in seguito alla conquista dell'autonomia e alla riunificazione dei Casali agli inizi del 1700 lo stemma di Giano verrà raffigurato con le teste congiunte.
Anche per quanto riguarda il secondo quesito, occorre rifarsi alle vicende storico-religiose del periodo suddetto dei due Casali.
All'epoca essi comprendevano quattro parrocchie, una, S. Maria Maddalena, appartenente alla Diocesi di Capua e le altre, tutte dislocate in località periferiche, a quella di Calvi (San Filippo e Giacomo, già S. Maria de Jacobi, San Martino, San Giovanni).
Per ottemperare alle disposizioni del Concilio di Trento (1545-1563), che fece obbligo alle comunità locali di custodire l'ostia consacrata in cappelle site nel centro abitato, i rappresentanti dei due Casali decisero di erigerne una sola, in comune, che venne denominata appunto Cappella del Corpo di Cristo e che successivamente fu detta anche Chiesa Madre, come si riporta in Chiesa e società delle diocesi in Terra di Lavoro (1585-1610) a nord del Volturno (Firenze 1978, pag. 304):

“Le funzioni curate, prima del Concilio di Trento, disperse e assegnate a Chiese rurali, vengono accentrate e trasferite in Chiese nuove sorgendo all'interno di centri in evidente fase di sviluppo, così a Sparanisi, a Camigliano e a Giano, dove sono tre parrocchie (esclusa la quarta dipendente da Capua)… si è fatta nuovamente una sotto titolo del S.mo Corpo di Christo, comune a' dette Parrocchie, dove si conserva al presente il S.mo Sacramento che prima non si poteva conservare in dette Parrocchie come lontane da l'habitato, et si predica per comodità di tutti”.

Siccome alla costruzione della Cappella, detta poi Chiesa Madre, comune alle due diocesi, avevano partecipato con sacrifici economici e manodopera ambedue i Casali, si ritenne opportuno tramandare ai posteri il diritto della Comunità a custodirvi l'ostia consacrata e a svolgervi le funzioni religiose solenni per tutti i fedeli delle quattro parrocchie.
L'immagine del dio bifronte presente sulla colonnina dell'acquasantiera suggella questo diritto e giustifica così la sua presenza con due facce separate, per indicare i due Casali, all'epoca distinti.
Lo stemma è posto alla base dell'acquasantiera e sul lato sinistro in basso, per significare, oltre alle ragioni esposte, lo stato subalterno della religione pagana in relazione a quella cristiana e il valore minoritario del lato sinistro rispetto alla sacralità del luogo.

Quando nel 1714 Giano ottenne l'autonomia amministrativa, come è riportato sullo stemma originale (fig. 7) che, in base ai miei ricordi e ai documenti consultati, il Prof. Giuseppe Armiero ha ricostruito, Giano riprese le due facce congiunte.

Francesco Carlo Zona

(da Il Sidicino - Anno X 2013 - n. 3 Marzo)