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"Inventario essenziale dei beni culturali esistenti nelle aree..."
 

Un volume di grande formato e di ben 465 pagine, interamente a colori, dall'ambizioso titolo Inventario essenziale dei beni culturali esistenti nelle “Aree s.i.c." e nell'intero territorio della Comunità Montana Monte S. Croce è stato appena pubblicato dalla Comunità Montana “Monte S. Croce”, che ne ha affidato la redazione a Giuseppe Angelone e Adolfo Panarello e la presentazione, svoltasi a Presenzano il 5 luglio, a illustri funzionari delle Soprintendenze.
Il titolo è molto ambizioso perché un inventario dei beni culturali dei dieci comuni che fanno parte della Comunità montana richiederebbe molti volumi illustrati e anni di lavoro da parte un discreto gruppo di redattori. E difatti tutti i beni culturali di cui si occupa la pubblicazione non sono altro che le chiese (talvolta insignificanti) e i ruderi dei pochissimi castelli del territorio. Dell'imponente museo archeologico e del teatro romano di Teano, dei recenti scavi di Mignano e Presenzano, dei non pochi resti di strade e ponti dell'antichità, solo qualche fugace cenno; di tante altre opere di architettura, delle opere di oreficeria, argenteria e delle cosiddette arti minori nemmeno un accenno. Inoltre, per quel che
riguarda Teano mancano del tutto il monastero di S. Caterina, il refettorio maiolicato di S. Antonio, il chiostro superiore e la settecentesca imponente fontana di S. Maria de Foris, le pregevoli pitture e sculture dell'episcopio, a cominciare dai preziosi gruppi lignei dell'Annunciazione e della Natività per finire alla tavola dorata della Martire.
L'inventariazione delle chiese e dei loro arredi è poi ridotta a una sommaria descrizione, per di più svilita da frequenti scambi di didascalie delle illustrazioni che il foglio di errata-corrige allegato non vale a rimediare. Occorrerebbe un volumetto a parte.
Il titolo altisonante e l'evidente incuria nell'impaginazione delle foto mettono subito in guardia il lettore sull'autorevolezza del testo. Non possiamo diffonderci sull'intero contenuto di tutto il pesante volume, ma per quanto riguarda le 130 pagine dedicate a Teano, possiamo fare un piccolo florilegio delle inesattezze citando tra parentesi la pagina.
L'altare della prima cappella della cattedrale non reca lo stemma del vescovo Aprile (rectius: D'Aprile) bensì del suo lontano successore mons. Trama (310); il campanile dell'Annunziata non fu “inaugurato” il 10 marzo 1502 ma nel 1503 (319); la statua del Sacro Cuore nella chiesa di S. Francesco non è opera lignea degli inizi del XIX secolo, ma modestissima opera in cartapesta del 1950 (334);sul paliotto dell'antico altare della cattedrale, ora ricomposto in S. Maria la Nova, non è scolpita l'Annunciazione bensì S. Giovanni Evangelista (343); l'affresco nella lunetta a S. Maria La Nova non è venuto fuori nel restauro del 1990, tanto è vero che fu pubblicato nel 1975 dal prof. Zuppi (345); ardita appare poi l'identificazione di Maria Maddalena nella Donna che, nello stesso affresco, affianca S. Giovanni ai piedi della croce, non potendo bastare il fatto che nella chiesa vi fosse una cappella dedicata alla Maddalena per sconvolgere, in forma tanto irriverente verso la Vergine, l'iconograña del Calvario; la tela della Vergine tra i santi Pietro e Paolo nella Stessa chiesa va retrodatata di almeno un secolo perché il committente, Orazio De Garamo, non visse certamente 150 anni (345); ugualmente erronea appare la datazione dell'affresco inferiore dell'abside della basilica di S. Paride, fatta in base allo stemma dipintovi, giacché lo stemma del commendatario Mignanelli era vaiato e non fasciato come riporta il Crollalanza (che non fa certamente testo in materia araldica), ma sul monumento sepolcrale c'era un enorme stemma vaiato (356); lo stemma sull'arcata della prima cappella del Santuario di S. Antonio non è della famiglia Zarone ma dei Castallo e lo scudo non è sovrastato da un cìmiero bensì da un elmo di cittadinanza (368); la terza cappella della stessa chiesa non è mai appartenuta alla famiglia D'Amato (esisteva in Teano una famiglia Amato, senza la D, ora estinta), che non vi ha mai avuto sepoltura, invece vi ebbe una seconda sepoltura gentilizia la famiglia Zarone (369); Francesco Zarone sepolto nella stessa tomba del vescovo Tommaso, essendo investito come assicura il testo epigrafico del titolo di barone, non poteva essere morto “in tenera età”, infatti morì quasi settantenne (370); il santo francescano raffigurato nella tela della chiesa di Pugliano è con tutta evidenza Pasquale Baylon e non Antonio di Padova (385); il Pacichelli non definì affatto il palazzo del principe " unpalazzo magnifico", ma usò il titolo di Magnifico (con la M maiuscola) per indicare il feudatario (296) e non andiamo oltre. L'attribuzione del Crocifisso della cattedrale di Teano, controversa tra gli studiosi, è tout court risolta nell'Inventario: ne è autore il Maestro di Giovanni da Barrile e non se ne discuta più.
Non possiamo infine non rilevare come anche questa pubblicazione, nel solco di quella palese avversione verso Teanum e verso i Sidicini mostrata più volte da qualche recente autore, attribuisce un'indiscriminata appartenenza all'area sannitica di quasi tutti i centri della Comunità.
Se l'attuale governo, nell'ambito del programma di riduzione della spesa pubblica e degli sperperi, attuerà la prevista soppressione delle Comunità Montane, Teano non avrà certamente motivi di rimpianto.

Guido Zarone
(da Il Sidicino - Anno V 2008 - n. 8 Agosto)