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La Collezione Naschi al Museo Archeologico di Teano

 
Nella foto: il notaio Naschi illustra al prof. Aldo Amati la tela del Martirio di S. Gennaro
 

L'ESPOSIZlONE ALLA REGGlA
Sabato 12 maggio, primo giorno della IX Settimana dei beni culturali, nella pinacoteca dell'appartamento settecentesco della reggia vanvitelliana, è stata inaugurata la mostra della Collezione Naschi.
Ha presentato l'evento la dott. Lucia Bellofatto della Soprintendenza di Caserta, che ha ricordato ai numerosi intervenuti come tutte le opere, già in ottimo stato di conservazione, siano state accuratamente e lungamente esaminate e studiate da esperti che ne hanno riconosciuto e convalidato patemità e attribuzioni. La collezione, che la dott. Bellofatto definisce nel catalogo “di notevole spessore storico-artistico” è stata difatti dichiarata bene culturale a norma della vigente normativa e sottoposta a vincolo da parte dello Stato. I dodici quadri esposti hanno subito attirato l'attenzione di centinaia di visitatori presenti nella reggia che, non appena terminata la cerimonia inaugurale, hanno invaso le quattro sale dell'esposizione soffermandosi a lungo ad ammirarli. Numerosi e illustri gli intervenuti.

Un Mecenate a Teano
Poco più di quarant'anni fa Romano Naschi, giovane notaio, chiese di essere trasferito dalla sede di Cirò a una delle due sedi notarili di Teano.
Erano gli anni Sessanta. Teano era capoluogo di mandamento e di distretto finanziario e aveva due sedi notarili. Un solo notaio non sarebbe bastato a coprire l'esigenza di provvedere a tanti trasferimenti di proprietà di migliaia di piccoli appezzamenti di terreno, che passavano velocemente di mano in mano anche per effetto di quella, molto discutibile, politica disgregatrice della proprietà fondiaria in piccola proprietà contadina. L'analfabetismo era ancora presente e non v'era contadino che a cinquant'anni non avesse fatto il proprio testamento. Anche nelle altre classi sociali, la diffusa presenza di discreti patrimoni immobiliari esigeva che ad ogni cambio generazionale si dovesse ricorrere al notaio.
Era quello un altro mondo, tanto diverso da quello attuale, in cui Teano conservava ancora quella sua antica funzione di centro economico, amministrativo e religioso di un vasto ambito dell'alta provincia. Nella sede di Teano il Notaio stette una decina d'anni. Poi volle ritornare nella sua Napoli. Dal modesto studio di fronte al nostro Municipio passò al grande studio nell'elegante Via dei Mille. Si trasferì come notaio, ma continuò a dimorare a Teano. Aveva acquistato dei terreni a S. Massimo con i cadenti fabbricati di quello che era stato il centro aziendale di un latifondo che, di mano in mano, sempre per via di successione, era passato dai Conti Longobardi di Teano ai Galluccio e poi ai Caracciolo. Ora, anche se solo in piccola parte, era nelle sue mani.
S. Massimo cominciò a trasformarsi. Divenne prima una dimora rustica, fatta su misura per un uomo che veniva periodicamente a rifugiarvisi per ovviare al logorio del lavoro convulso e della sedentarietà, ma anche per sfuggire all'insalubrità dell'aria cittadina. Poi continuò a trasformarsi: si accrebbe di altre
fabbriche e di uno splendido giardino, ricco di angoli suggestivi, plasmato su modello di quelli che deliziavano gli ozi dei signori d'un tempo. Oggi S. Massimo è un'azienda agrituristica di alto livello, impreziosita da opere d'arte e cimeli disposti con grande maestria ed è affiancata da un impianto olivicolo che ogni anno conquista nuovi riconoscimenti per la qualità del prodotto e la genuinità del sistema biologico.
L'ormai indissolubile legame con Teano ha indotto infine il nostro notaio a fare ritorno alla superstite (ahinoi!) unica sede notarile di Teano per concludervi quest'anno la sua lunga carriera. La carriera di notaio, perché quella di mecenate, come dimostrano gli eventi riferiti in queste pagine, è in pieno svolgimento.

Guido Zarone
(da Il Sidicino - Anno VI 2007 - n. 6 Giugno)