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Il Soprannome, un'usanza che va scomparendo

 

Fino a qualche decennio addietro in paese c'erano tante persone di umili condizioni ma di grande socievolezza, ben conosciute quasi da tutti, ma di cui solo a pochissimi era noto il cognome. Venivano chiamati sempre e da tutti con il soprannome, che portavano spesso da generazioni perché veniva trasmesso come un titolo nobiliare al primogenito e agli ultrogeniti. Sovente passava anche per via femminile, trasferendosi al genero e ai nipoti. Talvolta capitava che qualcuno degli ultrogeniti assumeva un diverso soprannome, forse perché mal gli si adattava quello ereditato, e aveva così origine un nuovo “ramo” della famiglia. Del resto, in non poche grandi famiglie, per effetto dallo stesso meccanismo, furono cognomizzati i soprannomi. Anche nelle dinastie regnanti non mancavano i soprannomi, solo che restavano intrasmissibili: Guglielmo il Malo, Guglielmo il Buono, Carlo il Calvo e tanti altri.
Anche oggi è invalso l'uso di appioppare nomignoli, ma questi raramente diventano soprannomi, che passano cioè di generazione trasformandosi praticamente in terzo nome, alla latina. Questa ereditarietà va rapidamente scomparendo.
Di soprannomi Teano era piena. Nell'Ottocento venne affibbiato anche a un nobile, il cui titolo fu appoggiato (è il termine araldico esatto) a un ignobile Puppù, per via del vizio che il titolato aveva di produrre continuamente quel rumore battendo le labbra.
I soprannomi derivavano dalle cose più varie: una caratteristica anatomica, la terra di provenienza, un'insolita inveterata abitudine, un aspetto del carattere, ecc. Alcuni, in verità pochissimi, sono quelli di etimologia incerta o enigmatìca, tanto da poter essere scambiati per cognomi. A molti è capitato di chiamare qualcuno con un insospettabile soprannome, credendo ingenuamente che fosse il cognome. La vita di paese portava anche a questo.
È facile riconoscere il luogo di origine, suo o di un ascendente, per chi viene soprannominato: Sparanisuolo, Capuanella, Sessano, Viscianiello, Roccolana, Fraulese (Afragola).
Analogamente: Pantaniello, Cappella, Mazzunaro, e Casaquintale corrispondono a località di residenza dei "titolati".
l soprannomi riferibili a caratteristiche anatomiche sono i più diffusi. Presentano un vasto campionario di malattie e menomazioni fisiche e quasi sempre hanno carattere malevolo, se non apertamente offensivo: Mani mozza, Mez'aurecchía, Sette cosce (per irridere lo zoppo), Surdillo, Zannuto, Vascia arreto (dal cadente fondoschiena), Scazzato, Scucciato, Caporiccío, Nasone, Secchiccio, Zelluso e Melogna. Non mancano però, anche se rari e quasi esclusivamente femminili, soprannomi benevolì: Pupatella, Reginella, Marunnella, Bambola.
Malevolo invece: 'Mbicciata per via dei capelli arruffati.
L'esercito e l'araldica hanno prestato in ogni epoca gradi e titoli alla fantasia popolare: Generale, Colonnello, Sergente, e in versione femminile Corazzera; Marchese, Barone, Conte e Cavaliere che facevano corte ai Regnanti. Non mancano altre autorità civili e religiose: Prefetto e Vescovo (dal fatto che interpretava quel ruolo nell'antica processione di carnevale).
Ma gerarchicamente al di sopra di tutti resta ancora la folta discendenza dei Pateterni.
Paradossalmente sono pochi i soprannomi derivati da mestieri, che restavano quasi sempre circoscritti al personaggio che lo esercitava e raramente si trasmettevano ai discendenti: Pagliaiuolo, Tizzone (fabbro dal volto annerito sulla fucina), Scassa carrette, Crapariello, Cimaruolo (ortolano) e in versione femminile Barbera.
Ancor minore diffusione hanno avuto i soprannomi derivati da particolari atteggiamenti o da strane condotte: Assa fa' a Dio, Iesci sole, Cuntiento, Ntrinchiniello, Stracciato, Ultima Messa (ritardatario), Tram (dovuto al modo di camminare strisciando i piedi al suolo), Mbicciariello (impiccione) e quelli riferiti ad animali: Volpe, Zoccola, Zucculone, Tacchino, 'Titella (gallina), Sarachiello (piccola aringa, per designare un individuo magrolino).
Alcuni sono d'incomprensibile significato: Pala 'ncapa, Zalocchio, Bizzacca, Cazzaino, Schitto, Cuccucuccu, Sciannacco, 'Mbeccia.
l più belli restano comunque quelli “musicali”: Pappà, Bebé, Zuzù, Qui-qui, Don Zinzò, Zi Nannà, Gnegnè, Ntintalò, Saittò, Zazà, Tetterettè. Ed è un vero peccato che siano ormai destinati a scomparire.

Guido Zarone
(da Il Sidicino - Anno I 2004 - n. 8 Agosto)