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"Napoli milionaria" - Note critiche

 

“Arrivai al terzo atto con sgomento. Recitavo e sentivo intorno a me un silenzio assoluto, terribile. Quando dissi l'ultima battuta, la battuta finale “ha da passà 'a nuttata”, e scese il pesante velario, ci fu un silenzio ancora, per otto, dieci secondi, poi scoppiò un applauso furioso, e anche un pianto irrefrenabile… io avevo detto il dolore di tutti.”
Furono queste le parole, relative all'esordio della commedia avvenuto il 25 Marzo 1945, che Eduardo confidò ad Enzo Biagi in un'intervista apparsa su La Stampa del 5 Aprile 1959.
…Io avevo detto il dolore di tutti…; è racchiusa in queste parole la grandezza di Eduardo e la grandezza di questa commedia. È la commedia del dolore, dell'incomprensione, dell'incomunicabilità tra due mondi, tra due generazioni; è la commedia che esamina il crollo lento, ma inesorabile, di una realtà che la guerra ha devastato, forse non è nemmeno una commedia. Non ci sono più certezze, valori…. “ch'è succieso…ch'è succieso.. !?” si domanda Amalia nell'ultima scena; “ch'è succieso… ch'è succieso!?” dovremmo domandarci oggi, noi uomini moderni, di fronte alla realtà che viviamo quotidianamente tra consumismo ed elogio dell'apparenza, tra superficialità ed individualismo, tra precarietà e unidimensionalità di pensiero, tra le stragi del Sabato sera e le vacanze alle Maldive.
La chiave di lettura del testo potrebbe essere questa, come potrebbero essere altre; la sensibilità di ognuno può trarre spunti esistenziali e giovamento interiore dal lavoro di Eduardo che, proprio per questa sua duttilità nel tempo e nello spazio è sempre attuale e ci commuove, così come ci sollecita riflessioni amare ma necessarie.
Per alcuni versi è la commedia più pedagogica di Eduardo, quella che più di ogni altra si presta ad una stimolante proposta didattica perché aperta al dialogo ed al confronto, quella che riteniamo altamente educativa e formativa per gli innumerevoli dubbi che ci pone e proprio per questo quella che, più delle altre, può offrirci una chiave di lettura della nostra quotidianità, a casa come a scuola.
Il messaggio “ha da passà 'a nuttata” è un autentico raggio di sole in una grigia giornata invernale, un raggio di speranza e di incoraggiamento per l'uomo, nella sua possibilità (“opzione esistenziale” direbbe J.P. Sartre) di riscattarsi dall'opportunismo a cui lo riduce la miseria ma anche la forza del denaro.

Breve sintesi
Durante la seconda guerra mondiale, in una Napoli devastata dai bombardamenti nelle cose e negli animi, la famiglia Jovine vive grazie al mercato nero. Gennaro, il capofamiglia, è un uomo onesto che ha perso il lavoro come tanti altri e che, per sopravvivere, diventa complice involontario dei traffici della moglie Amalia. Accetta, per quieto vivere, a doversi adattare ad una macabra scena che Eduardo rende grottescamente comica.
Ma, quando tornerà dalla deportazione in Germania, quando avrà conosciuto, di persona, le atrocità della guerra, lo svilimento della dignità umana, non sarà più disposto ad essere complice. Non potrà più accettare il nuovo, il cinico ed inflessibile mondo in cui è caduta la sua famiglia, rapita ormai dall'amaro, ma tremendo ed accattivante fascino del denaro. Suo figlio Amedeo è diventato un ladro, sua figlia Rosaria aspetta un bambino da un soldato americano, l'altra figlia Rituccia, la più piccola, gravemente ammalata.
Ma è ammalata l'intera società napoletana che ha smarrito i suoi valori: la solidarietà, il senso della famiglia, l'onestà, il rispetto per la vita umana. Gennaro si farà forza, riassumerà il ruolo di padre e di capofamiglia, riuscirà con il perdono a riunire l'intero nucleo intorno al messaggio di speranza :“ha da passà 'a nuttata”.

Salvatore Vigliano
(da Il Sidicino - Anno IX 2012 - n. 4 Aprile)