L'ASSOCIAZIONE
 
il Sidicino
 
Indice per autore
 
Indice Giuseppe Toscano
 
 

Ritrovare le parole perdute

 

La parola ci rende liberi se non viene usata per ripercorrere un’esperienza di storia culturale, a mio giudizio pessima e da non ripetere, dei primi anni del secolo scorso quando gruppi di intellettuali o pseudo tali esaltavano la parola in libertà come strumento dirompente e distruttivo di una cultura che definivano “immobilità pensosa”.
È necessario riappropriarci dell’uso della parola in un mondo in cui la prevalenza dell’uso dei mezzi di comunicazione sofisticati condizionano i nostri rapporti di relazione con i nostri simili, rendendoci insensibili ed ostili ad accettare la parola altrui.
Questi strumenti comunicativi condizionano talmente l’uso della parola da provocare inesorabilmente in ciascuno di noi un impoverimento sia del lessico che della logica con la conseguenza di abbrutire il nostro modo di relazionarci con altri.
È la fine della comunicazione pensata, ideata e costruita in cui la parola, poche in verità, si trasforma in messaggio persuasivo incessante e senza freno penetrando nel pensiero e nella sensibilità di chi l’ascolta per modificarne il suo orientamento e le sue scelte.
Da studi effettuati su campioni di studenti, soggetti più portati nell’uso della parola, si sono riscontrati dati che devono far riflettere su di un futuro complicato per la comunicazione tra esseri umani.
La mancanza di un linguaggio comunicativo è l’inizio del degrado della convivenza di una società che si autodefinisce moderna ed evoluta.
Ognuno di noi ha immagazzinato un numero approssimativo di parole che va sotto il nome di “vocabolario personale virtuale” che idealmente sfoglia quando scrive o interloquisce con il proprio simile.
Questo vocabolario virtuale, da circa vent’anni ad oggi, si è impoverito del quasi 75%. Si è passati da circa 3000 parole a circa 800 odierne e di queste se ne usano appena 300.
Abbiamo strappato dal nostro “vocabolario virtuale” pagine di patrimonio di parole che difficilmente recupereremo perché siamo per natura abitudinari e ripetitivi.
La parola non è una semplice emissione di un suono che si diversifica secondo il timbro e l’intensità ma è la sintesi di un pensiero o di un ragionamento che essa racchiude e chi l’ascolta capisce integralmente il messaggio che contiene.
Se il nostro “vocabolario virtuale” è ricco di parole e di parole buone significa che ognuno di noi ha più conoscenza del mondo in cui vive, lo può meglio interpretare e giudicare e nessuno può porre ostacoli o limitarne il suo uso.
Conoscere più parole è possedere maggior conoscenza che arricchisce il nostro sapere che è solo nostro e che liberamente possiamo esprimere.
Il nostro” vocabolario virtuale” si è talmente impoverito che si pensa al suo recupero nella resilienza che noi esseri umani possediamo quando dobbiamo affrontare momenti di avversità.
La resilienza non può di per sé ricostruire ciò che volutamente si perde o le condizioni in cui si vive non offrono gli stimoli e le possibilità di recupero di un patrimonio, anche se sono solo parole, che si perde con il trascorrere del tempo e la mancanza di esercizio.
I risultati delle ultime prove Invalsi offrono un quadro preoccupante sulle competenze linguistiche e la comprensione di un testo da parte degli studenti, si parla del macro dato nazionale e non dei singoli istituti scolastici: uno studente su due non capisce ciò che legge perché non conosce il significato del linguaggio usato, non conosce il significato delle parole e la logica che lo sorregge.
È un dato sconfortante ma era anche un dato atteso in quanto tutto, apparentemente, sembra condizionare ed ostacolare una inversione di tendenza, pur lenta, che deve modificare un dato troppo negativo per una nazione che è stata, un tempo, il faro e la guida per la cultura europea.
Si legge poco e si parla poco e si si parla si usa un vocabolario minimale coatto, ripetitivo e scorretto.
Meraviglia e soddisfa sapere che la Lingua Italiana è scelta ed inserita nei curricula di studi in diverse università straniere ed è scelta per la letteratura che ha prodotto e gli autori italiani sono letti ed apprezzati per la loro originalità.
Nello stesso tempo si avverte nel nostro Paese un costante calo di interesse per ciò che è stampato come libri e giornali.
È il mordi e fuggi che viene proposto dai vari prodotti del webb che soddisfano per l’immediatezza della notizia ma che annullano l’approfondimento che la lettura porta con sé e l’arricchimento del nostro “vocabolario virtuale”.
Bisogna leggere e scrivere di più e di conseguenza parlare di più per evitare di non spegnere in noi la curiosità, il desiderio e quella volontà di arricchirci della novità che le parole racchiudono in sé.
Siamo nel mese, ottobre, in cui si è aperto il grande cantiere dell’apprendimento, quello delle scuole, che dura circa 8 mesi in cui la parte più ricettiva e più disponibile, i giovani, inizia o continua il suo iter di conoscenza e di formazione.
Quale luogo, se non le aule scolastiche, è più idoneo e stimolante per iniziare quell’operazione di resilienza di cui tanti parlano ma poche azioni concrete vengono messe in atto per stimolare e risvegliare dal torpore in cui ci riducono gli strumenti di comunicazione che condizionano, oggi, la nostra conoscenza?
Si deve ritrovare lo spirito pionieristico per sovvertire un’incallita consuetudine di educare e formare per progetti che da novità educativa e formativa per gli alunni, creare e stimolare in loro il gusto e lo stimolo della indagine e della ricerca, si è trasformato, questo era da aspettarselo, in un rifugio dal fondo oscuro e senza luce.
È necessario, proprio per scoprire la resilienza che in noi vive, se si vuole cambiare quel dato di impoverimento di conoscenza, perché la parola è conoscenza, che gli operatori del settore prendano per mano, ogni giorno, chi è a loro affidato, i propri studenti, per accompagnarli ad acquisire e conoscere la parola ed il suo uso: è manifestazione di competenza e di protagonismo per il loro futuro.
Ritrovare le parole perdute e riscoprire tutto un mondo che quelle parole perse racchiudono può diventare un buon inizio per interrompere un periodo di astinenza volontaria che può tradursi, con il trascorrere degli anni, nel declino di una civiltà in cui la parola e la scrittura è stata vita e sapere dell’intera umanità.
Bisogna sfidare noi stessi e riprendere un cammino che abbiamo volutamente abbandonato affascinati da una tecnologia, un prodotto dell’intelligenza umana anch’essa, che ci ha ridotto a degli automi che se non smanettano su una tastiera di un computer o convulsamente interrogano uno smartphone si sentono persi nel deserto dell’inutilità.
Sarà difficile e faticoso ma non impossibile.
Recuperare le parole che volutamente abbiamo perduto è riacquistare pezzi della nostra libertà.

Giuseppe Toscano
(da Il Sidicino - Anno XX 2023 - n. 10 Ottobre)