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Indice Giuseppe Toscano
 
 

Il respiro della terra e la conservazione

della sua biodiversità
 

Noi viventi abbiamo avuto in dono, con la nostra nascita, un tesoro inestimabile che nessuno può toglierci perché è legato ed è anche determinato dalla nostra esistenza: è la terra su cui siamo nati e che ci è stata assegnata.
Ognuno di noi deve lavorala per farla produrre, il più delle volte non ha bisogno nemmeno del nostro intervento per produrre il necessario, deve ascoltarla ed assecondarla per poter camminare insieme e scambiarsi, lei da madre premurosa ed amorevole e noi figli obbedienti, quei messaggi necessari per rendere non solo la terra a noi assegnata, il nostro pezzo di terra di questo mondo vivente, ma tutto il nostro pianeta sempre più verde ed accogliente.
Non dobbiamo ridurre questa nostra terra in un informe inospitale che potrà essere causa determinante dell’estinzione della stessa nostra vita.
La nostra terra ci parla in continuazione e possiamo anche scegliere di non ascoltarla perché di lei poco ci interessa in quanto la consideriamo solo come qualcosa che ci è stata data, che è nostra, e che possiamo disporre di lei come vogliano sino ad ucciderla con la nostra indifferenza e con la nostra sete di sfruttarla sino alla sua completa morte.
È bello ed affascinante nel periodo autunnale girare per le nostre campagne e vedere gli agricoltori che arano la terra e dai solchi tracciati dai trattori, oggi non si usa più la delicatezza del vecchio aratro, uscire il suo respiro che si condensa in una cortina leggera ed umida e che da lontano sembra quasi abbracciarla.
È la terra che si rinnova e si prepara a raccogliere nel suo seno materno i semi che daranno i frutti che aiutano l’umanità ad esistere, ma nello stesso tempo ci chiede il rispetto per ciò che ha in seno e l’amore di accudirla nell’avvicendarsi delle stagioni.
Ci parla e ci sussurra le regole di un accordo eterno di rispetto e di amore.
Noi umani, pur possedendo la ragione e l’intelligenza per capire e rispettare i modi ed i tempi per avere i frutti che la terra gestisce e produce, dimentichiamo per vari interessi o palese disinteresse il rispetto per la terra che ci è stata data in dono e volutamente la portiamo verso l’impoverimento e la distruzione degli elementi che essa possiede perché essa sia tale.
Ciò che produce maggior distruzione al sistema terra, noi viventi lo dimentichiamo per il nostro sfrenato desiderio di arricchimento, è il consumo del suolo che si fa di essa che le toglie sempre più vita e la porta alla sua inesorabile estinzione.
La scienza offre un aiuto necessario a chi vuole coltivare per far produrre la terra che gli è stata consegnata, ma anche i risultati della ricerca scientifica e le applicazioni che ne discendono non possono sovvertire quelli che sono i regimi dei cicli che la terra per secoli ha proposto alla umanità per poterla sostenere con i suoi prodotti ed evitare cataclismi e povertà infiniti ed incontrollabili.
La terra vuole dirci sempre con amorevolezza che ci ama come suoi propri figli e non vuole punirci per aver tradito con le nostre scelte l’amore che essa ha per noi.
Si tradisce la terra e non si ascolta il suo respiro depauperandola con colture intensive, non rispettando i cicli stagionali, usando prodotti chimici come i glifosati per aumentare la produzione ed avere prodotti perfettamente liberi da parassiti ma anche privi di quello scudo naturale che la natura stessa produce.
Non ascoltare la voce della terra è sfruttarla con colture non appropriate che cambiano le finalità che il suo humus ha destinato alla crescita dei suoi prodotti e questo, in una agricoltura intensiva e di concorrenza come è quella del nostro tempo, significa sottoporre la terra a sforzi di adattamento e dispersione dei suoi principi vitali che rendono uniche le caratteristiche locali di ogni zona del nostro pianeta.
Far produrre le albicocche in un terreno che per millenni ha prodotto dell’ottimo farro e dell’ottimo grano significa sconvolgere i ritmi vitali del terreno e trasformare quei terreni, come degli schiavi, a produrre ciò a cui non erano deputati, e questo che distrugge la purezza della terra.
E poi l’uso di prodotti chimici che contengono potenti veleni che apparentemente aiutano la produzione ma che generano degli effetti collaterali che intaccano l’ecosistema per distruggerlo.
Direttamente questi cosiddetti “aiuti chimici” sovvertono quello che è l’equilibrio biologico e la stessa biodiversità di un ecosistema che se non toccato da tali veleni ha un suo ciclo di vita naturale di produzione e conservazione dei prodotti che la stessa terra, a volte, spontaneamente dona a chi la coltiva.
Una goccia d’acqua che diluisce questi veleni di accompagnamento alla crescita della pianta e dei frutti, oggi sono i glifosati sotto accusa perché sono ampiamente distruttivi e pericolosi, innesca un circolo velenoso che può giungere sino nei nostri bicchieri d’acqua che sono sulla nostra tavola.
La catena di trasporto di questi veleni è facile immaginarla, ma ricordarla è necessaria per non dimenticarla.
La terra ne soffre di questa violenza produttiva ed a volte si ribella perché nel suo seno non può più smaltire questi veleni perché impossibilitata dalle sue leggi che sono eterne.
Le desertificazioni non sono solo quelle propagandate dai mezzi di comunicazione che mettono in risalto l’ampiezza del problema in zone vaste del mondo, ma sono soprattutto quelle delle nostre campagne e delle nostre terre coltivate che, senza spiegazione alcuna, smettano di dare i prodotti che prima producevano in abbondanza perché avvelenata e maltrattata da chi lei stessa considera amico, noi esseri viventi.
Sentire il suo respiro è solamente quello di saper vivere all’unisono con lei e saperla anche confortare ed aiutare con passione ed umanità nei momenti in cui ha bisogno di essere tutelata nei confronti di chi vuole sottometterla con la violenza utilizzandola oltre il modo dovuto e con metodi nocivi per lei e per tutti noi.
Sentire il respiro della terra è soprattutto conservare e tutelare ciò che per millenni la stessa terra ha creato e custodito per noi e che ha difeso, a volte, punendo gli stessi uomini che hanno tentato di sovvertire quelli che sono gli ordini stabiliti dalla stessa natura abbandonando i suoi sfruttatori e distruttori alla loro stessa rovina per non dire alla loro stessa morte.
La terra che ci è stata data in dono e che ci ospita è il luogo in cui tutti gli esseri viventi dal piccolo insetto, dal piccolo uccellino o altri animali e dall’animale razionale e pensante, qual’ è l’uomo, devono rispettare le regole di un patto di sopravvivenza a cui nessuno può venir meno.
All’uomo a cui è stato dato il compito di condurla per mano non può continuare a violentarla anzi è giunto il momento di prendere coscienza che continuare a non ascoltare il suo respiro è segno del suo tradimento che anticipa la sua stessa fine.

Giuseppe Toscano
(da Il Sidicino - Anno XX 2023 - n. 9 Settembre)