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L'olio: il sapore della terra del Falerno

 
Foto di Mimmo Feola
 

Se si rovista nei vecchi cassetti delle nostre case si trovano, ancora, vecchie fotografie in bianco e nero consumate dal tempo ma custodite con cura perché ricordano un passato che non può essere cancellato dalla nostra memoria e dalla storia vissuta di un’intera generazione, Quando, in varie occasioni, le si rivedono ritornano i ricordi di un’età vissuta di privazione ma anche di speranza.
Tra le tante. La fotografia che ritrae dei bambini con una fetta di pane nelle mani con sopra dell’olio d’oliva colpisce con immediatezza perché oltre a ritrarre quei bambini di allora, oggi uomini di un lungo vissuto alle spalle, fissa la storia di un periodo difficile e problematico ma irripetibile per la sua genuinità.
Eppure sono ricordi che i giovani di oggi non riescono a capire.
Sono stati svezzati con omogeneizzati e con pane e Nutella per non dire con tutto ciò che si identifica con il cibo spazzatura dello “street food”, in parole povere cibo di strada, dove si trova di tutto e si mangia di tutto perché rappresenta il diverso dalla naturalezza e genuinità.
Ricordare oggi di essersi nutriti e sostenuti con fette di pane abbrustolito sulla brace dei camini delle nostre case con le cappe a volta di chiesa e con sopra il pane quell’olio che si decantava negli appositi recipienti curati e riservati, è come riportare indietro con la macchina immaginaria del tempo un mondo non più nostro.
Nel tempo, scandito dalla foto, una fetta di pane con un filo d’olio era il massimo che si poteva avere sia come nutrimento e sia come appagamento di una fame che non abbandonava mai nessuno.
La maggior parte di noi e dei nostri genitori sono cresciuti, se si aveva la fortuna di avere in casa la farina per il pane e la legna per il camino, con la fetta di pane condita con l’olio delle nostre olive. Era il pasto quotidiano.
Oggi, nel ricordare quei tempi, per chi li ricorda e non li ha cancellati dalla sua memoria, sente ancora il suono croccante del pane da poco sfornato, il suo odore e sapore arricchito da quel filo d’olio profumato che mai mancava anche nelle case più povere del paese.
E le verdure che crescevano spontanee nei campi ed accompagnavano i piatti poveri di una cena fatta al lume di candela che le sagge mamme di un tempo sapevano inventare, erano insaporite da un olio gustoso e profumato con un retrogusto di leggero amaro che le colline della nostra montagna, Monte Massico, offriva ed ancora offre a piene mani.
Sono sapori di emozioni che si stanno perdendo perché scemano nelle nebbie di un passato che per alcuni è un ritornare ai tempi difficili ma felici della propria vita mentre altri, quelli del pane e Nutella, non riescono più a percepirli perché distratti da cibi insaporiti con intingoli strani per soddisfare ricerche di emozioni che appagano le papille del palato ma che poi non lasciano tracce di sapori che solo l’olio, un prodotto antico e genuino, può donare ai cibi.
È necessario sostenere e tutelare il valore di questo alimento così prezioso sin dall’antichità perché utile e necessario per l’alimentazione umana in quanto possiede caratteristiche organolettiche che aiutano il benessere di ognuno di noi.
Si sa che l’olio di oliva è un antiossidante, previene l’invecchiamento della pelle, aiuta l’accrescimento corporeo ed è ricco di carboidrati oltre a far diminuire il colesterolo LDL, il colesterolo cattivo, e per tali motivi deve essere scelto come condimento utile e necessario per la nostra salute.
Il territorio dell’Ager Falernus con la zona collinare e le prime propaggini della pianura rappresenta un habitat antico per le piante d’ulivo e per la produzione dell’olio perché gli alberi, alcuni secolari, risiedono in un terreno sassoso, umido ed a terrazzo che guardano verso il mare e la pianura oltre che essere esposti ad un’irradiazione solare quasi unica.
Si racconta che le prime piante di ulivo furono portate in questo habitat dai Fenici e gli Etruschi, con la fondazione della colonia di Cuma, ne diffusero la presenza e la coltivazione.
I Romani che si insediarono successivamente nell’Ager curarono la vite e la produzione di un vino unico, il Falernum, ma non tralasciarono la coltivazione degli alberi di ulivo e la produzione del suo olio necessario per la loro alimentazione e per il commercio con il nord dell’Impero.
L’olio di oliva per i Romani era un condimento necessario per i loro piatti di verdure e di erbe commestibili che accompagnavano altre specialità culinarie delle loro tavole.
E le ulive, in salamoia, essiccate al sole o fritte non mancavano mai nell’accompagnare il cibo povero di una hostaria o una ricca cena di un patrizio romano.
L’olio dell’Ager Falernus era usato per la preparazione dei prodotti di bellezza e di profumi che rendevano belle ed affascinanti le nobildonne romane.
I gladiatori di Foro Popilio come quelli del Campo di Capua che si cimentavano nell’Anfiteatro della città usavano lo stesso olio sul loro corpo per rendere il loro muscoli elastici e per mettere in evidenza la loro scultorea figura.
La cura delle piante di ulivo e la produzione dell’olio nell’Ager Falernus è continuata nei secoli ed i documenti ritrovati ne dimostrano la sua esistenza anche in periodi in cui sembrava che tutto fosse finito con la calata in Italia dei popoli dal centro Europa che portarono nuove culture ma che non riuscirono a distruggere la produzione del vino, dell’olio e del grano.
L’olio dell’Ager Falernus ha una tradizione ed una storia secolare che mai si è spenta e che ha sempre accompagnato e nutrito le varie generazioni. Oggi solerti ed intelligenti agricoltori di Falciano del Massico, amanti e rispettosi di questo fertile e magnifico territorio, continuano l’opera con fatica e sacrifici perché questo liquido ambrato e con un leggero retrogusto amarognolo e piccante sia sempre presente sulle nostre tavole per accompagnare ed insaporire i nostri cibi.

Giuseppe Toscano
(da Il Sidicino - Anno XVIII 2021 - n. 3 Marzo)