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Quando c'erano i fantasmi

 

Era molto diffusa, un tempo, la credenza nei fantasmi. E questa era costantemente alimentata dai racconti che molti, o loro amici o parenti, o amici degli amici o parenti dei parenti, affermavano di aver vissuto in proprio. Ad aggravare le cose il fatto che questi episodi venivano raccontati la sera quando, non essendoci altro svago, ci si raccoglieva a passare qualche ora intorno al braciere o al focolare. Era consequenziale che i più impressionabili, specialmente i bambini, dormissero sonni agitati. In serata si era appunto parlato di puntuali apparizioni in luoghi bui e solitari, specialmente se testimoni di omicidi, suicidi o disgrazie varie, in case diroccate e disabitate, in vecchi castelli.
Poi si era raccontato di streghe che di notte aggredivano persone nel sonno e le torturavano.
Era perciò naturale che, o per le forti impressioni, o per aver mangiato un poco pesante, qualcuno avesse degli incubi e si agitasse nel letto fino a procurarsi qualche ecchimosi che poi giuravano essere state loro prodotte dalle streghe. Si ricorreva allora al solito ciarlatano che levava la fattura e si assicurava poi che in certe case non ci fosse "Mazzamauriello" che non gradiva ospiti e procurava loro fastidi e guai fino al punto di mandarli via. In altre case poteva essere presente "Fraffariello", uno spiritello che si divertiva a creare piccoli inconvenienti, come rovesciare il bricco del latte, rompere un bicchiere pregiato nella cristalliera, far cadere un quadro appeso al muro.
Se si era fortunati si poteva capitare ad abitare in una casa dove c'era il "Munaciello" che, se pigliava in simpatia un membro della famiglia, lo riempiva di doni. Piccoli regali anche in denaro venivano trovati in posti insperati in cui si accedeva per puro caso. E i vecchi inquilini si chiedevano in che cosa avessero dispiaciuto il Munaciello che con loro non era stato munifico.
Per quanto mi riguarda, forse perché in casa mia non si parlava di queste cose o per mio carattere innato, non ho mai creduto a queste cose ed ho sempre pensato che i defunti hanno da fare ben altro che non venire a dar fastidio a noi viventi. Ed anche che i fantasmi o spiriti, per essere tali, devono essere incorporei e quindi non in condizione di arrecarci danno. Perciò non si deve temere loro, ma i viventi mal intenzionati. Quelli si che possono produrci danni!
Non mi sono mancati casi in cui anche io ho avuto qualche impressione; però sono sempre stato spinto dal desiderio di accertarmi delle cause dell'evento ed ho potuto constatare che l'effetto era dovuto a giochi di luce e di ombre, al cigolio di qualcosa mossa dal vento. Non nascondo che qualche volta ho trepidato, ma più per il timore di scontrarmi con persone od animali dai cattivi propositi. Così ho sempre potuto provare che le sensazioni descritte da alcuni sono frutto di ansietà e poco spirito di osservazione.
Sentite questa: in piazza Umberto I abitavano, nella casa che sorge sui gradini presso l'entrata del Loggione, due vecchie zitelle. Facevano vita ritirata e uscivano solo per qualche spesa o per andare a messa. Erette nel portamento, con la gonna alla caviglia e il solito giacchino a righe. I capelli pettinati a corona fermati in alto da un nastrino e la solita "pettenessa" incorniciavano il viso rugoso e austero. Tiravano diritto per la loro strada senza fermarsi a pettegolare per poi tornare alle loro faccende e quindi fermarsi davanti al loro balcone che le faceva partecipi, come da un belvedere, della vita cittadina che allora si esprimeva soprattutto in quella piazza.
Qualcuno una volta ebbe ad osservare: Sembrano due pantasime (femminile di fantasma)!"
Tanto bastò per qualificare quelle due brave donne. Poi morirono, la casa restò vuota e il balcone aperto. Attraverso di esso entrava un raggio della luce emanata dall'unico lampiane appeso, al centro della piazza, ai cavi che l'attraversavano, ed illuminava l'opposta parete della stanza.
In una sera d'autunno, passando per la piazza notai un gruppetto di persone che confabulavano animatamente guardando verso quel balcone. Mi fermai ad ascoltare e sentii qualcuno che diceva: "E' quella più alta", mentre altri sostenevano: "No, è quella più bassa". Mi spiegarono dopo che una delle defunte vecchiette (o lo spirito di una di esse) danzava in qualla stanza vuota.
In verità su quella parete illuminata dal lampione si vedeva come una camicia nera che saltellava nel vuoto. Dichiarando il mio scetticismo in proposito e tra l'evidente scandalo dei presenti mi misi ad osservare quali potevano essere le cause di quella visione. Guardando in alto notai che su uno dei fili che portavano la corrente al lampione era appeso uno straccetto che un flebile venticello faceva balzellare sul filo stesso e, fatti i dovuti calcoli, ne dedussi che la sua ombra andava a finire proprio nel punto in cui si vedeva il presunto fantasma.
Esposi la mia deduzione agli astanti che accolsero la mia osservazione con scetticismo. poi, guardando bene, si convinsero che era tutto come dicevo io e la cosa finì in una grande risata; il gruppetto che era andato man mano ingrossandosi si sciolse e ciascuno si avviò verso casa, ironizzando sulla clamorosa svista.
Quante false visionisi sarebbero potute risolvere allo stesso modo?

Paride Squillace
(da Il Sidicino - Anno III 2006 - n. 3 Marzo)