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La scomparsa di Werner Johannowsky

 
Werner Johannowshy, il grande archeologo, cittadino onorario di Teano, è morto nella sua casa napoletana nella notte tra il 3 e il 4 gennaio 2010. Con la sua scomparsa la nostra città perde uno dei principali artefici della riscoperta delle proprie radici e della storia del territorio sidicino e campano. L'insigne studioso, il maggior conoscitore della Campania antica, nato a Napoli da madre austriaca e padre svizzero, è stato tumulato nel cimitero inglese di Napoli. Il 4 febbraio sarà commemorato presso il Museo archeologico di Napoli. Il Sidicino lo ricorda con le sentite parole del responsabile dell’Ufficio Archeologico di Teano dott. Francesco Sirano, socio onorario del Club Sidicino.
 

La cronaca è presto fatta. Il 4 gennaio 2010 un domestico entra in casa del professor Werner Johannowsky e lo trova esanime. Il professore aveva appena compiuto 84 anni, era nato il 27 dicembre 1925, e se ne era andato in silenzio, in solitudine come capita a tanti vecchietti pervicacemente attaccati alla propria indipendenza sino all'ultimo, fino a quando è possibile: una silente dichiarazione della propria dignità. Stanno lì sulle sedie, sprofondati in poltrona nei salotti di ogni casa, aspettano. Aspettano che un mondo distratto e falsamente veloce si fermi un attimo ad ascoltare, ad apprezzare i seniores, quelli la cui voce un tempo avrebbe fatto tremare figli, nipoti e pronipoti e ai quali dedichiamo oggi un minuto di compiacenza.
Il professor Johannowsky si intratteneva volentieri con chiunque contraccambiasse il suo saluto nei corridoi della Soprintendenza. E tutti prima o poi, un giorno che avevamo questioni amministrative che in quel momento apparivano enormi o più semplicemente un mucchio di pratiche da evadere, abbiamo adottato una tattica di elusione, se così si può dire, per evitare quella sosta piacevole ma inevitabilmente prolungata. Quanti errori si fanno!
Quando Johannowsky entrava nell'Ufficio Ispettori della Soprintendenza di Napoli o in Biblioteca, e in entrambi i casi vi entrava come un parente che discretamente, in una stanza della propria casa, dice: buongiorno, scattavo spontaneamente in piedi. Un riflesso condizionato dall'immensa stima e dalla percezione di essere onorato dal saluto di un personaggio oramai stabilmente negli annali dell'archeologia campana e italiana.
Werner, perché così voleva che lo chiamassimo tutti allievi e conoscenti, colleghi e amici, si informava sempre sistematicamente di come andassero le cose, della vita dell'Amministrazione, delle ricerche che conducevamo. Sembrava svanito, distratto. Certo il suo “look” poco curato contribuiva, a tutta prima, a confondere l'interlocutore. Ma al contrario, con lucidità dimostrava non solo di sapere bene con chi stesse parlando, ma anche di conoscere le più recenti pubblicazioni, di essere al corrente dell'ennesima riforma del Ministero dei Beni Culturali. Poi raccontava di quello che stava facendo, di cosa scriveva. Si infervorava e discuteva con l'entusiasmo di un giovanetto di questa o quell'altra questione relativa alla ceramica villanoviana di Capua, piuttosto che ad un certo tipo di vaso la cui forma dimostrava contatti con l'area interna appenninica. C'era sempre qualcuno che non aveva curato il restauro dei materiali di una delle centinaia di scavi che lui aveva seguito o promosso, come del resto non mancava mai qualche parolina pungente all'indirizzo di studiosi superficiali o poco dotati. Per la verità quasi sempre appropriata Nella concitazione del'argomentare saltava, saltava battendo rumorosamente le mani. Quasi sempre si finiva con una grande risata. Anche questo faceva parte del personaggio Johannowsky.
La mia conoscenza di Werner Johannowsky è troppo recente perché ardisca di tratteggiarne un profilo biografico. Altri sapranno con cognizione di causa illustrare lo straordinario orizzonte culturale nel quale Werner era cresciuto nella libreria che il padre gestiva a Piazza del Plebiscito dal 1920 e punto di riferimento degli intellettuali antifascisti. E lo stesso varrà per il ruolo avuto nella crescita e nell'affermarsi di una intera generazione di archeologi da lui sostenuti durante gli anni di lavoro sia a Napoli sia a Salerno.
Preferisco piuttosto dedicare qualche pensiero al ruolo di Werner come studioso dell'area campana e aurunca, non senza ricordare l'ampiezza dei suoi orizzonti di ricerca dispiegati a coprire non solo l'area italica, ma anche l'archeologia egea con gli scavi di Iasos di Caria e lo studio della stipe dell'altare sull'acropoli di Gortina a Creta.
Un apripista. Un pioniere.
Calatia, Capua, Cales, Alife, Teano, Presenzano, l'ager Falernus costituiscono altrettanti caposaldi di un vertiginoso susseguirsi di scavi, scoperte, studi e pubblicazioni condotti da Werner lungo l'arco del ventennio che va dal 1960, anno dei primi scavi in Terra di Lavoro pochi anni dopo l'ingresso- 1952- nei ruoli del Ministero e poco dopo il soggiorno presso la Scuola Archeologica Italiana di Atene, al 1983 quando fu pubblicata la giustamente nota monografia “Materiali di età arcaica dalla Campania”.
Nelle terre tra Garigliano e Volturno, Johannowsky è autore di scoperte straordinarie. Suo è lo scavo di nuclei delle più antiche necropoli di Capua etrusca dell'età del Ferro. Sua la scoperta dei principali luoghi e monumenti pubblici di Capua stessa, di Teano, di Cales e di Allifae. Si devono a Werner i primi inquadramenti topografici di comprensori territoriali e culturali antichi, vasti e di primaria importanza nella storia d'Italia in età arcaica e repubblicana.
A Teano, città che egli dimostrava sempre di amare moltissimo e verso la quale sentiva ancora di avere un debito scientifico, Johannowsky ha condotto importantissimi scavi nell'area sacra in località Loreto dove non solo ha portato alla luce alcune delle stipi più ricche di ex voto e parte dei principali edifici templari, ma ha anche recuperato i lineamenti planimetrici dell'intero complesso santuariale esteso su più di cinque ettari e articolato su terrazze panoramiche alle quali si accedeva attraverso i due monumentali ingressi che Werner, con infallibile intuito, aveva puntualmente localizzato.
Johannowsky eseguì i primi saggi nell'area del teatro e diresse la campagna di rilievi su ciò che era in vista delle Grotte, corrispondenti agli ambulacri dell'edificio imperiale e alle sostruzioni che sostenevano la terrazza artificiale del complesso tardo ellenistico.
Circostanza eccezionale e ancora oggi rarissima, i ritrovamenti venivano immediatamente inquadrati entro un saldo orizzonte tipologico e interpretativo grazie al quale Werner Johannowsky è stato in grado di offrire al dibattito scientifico una prima immagine complessiva e coerente delle culture stanziate tra età del Ferro e fine dell'età arcaica nella Campania settentrionale. Ancora oggi le sue Relazioni preliminari sugli scavi di Cales (1961) e sugli scavi di Teano (1963), entrambe su Bollettino d'Arte, rappresentano un riferimento imprescindibile per chiunque voglia conoscere e approfondire gli studi archeologici e storico artistici sulle antiche popolazioni degli Aurunci, dei Sidicini e dei Campani.
I lavori dedicati da Johannowsky ai monumenti della tarda età repubblicana della Campania, ad esempio sui criptoportici, hanno contribuito come pochi a rendere noto presso il più vasto pubblico della comunità scientifica internazionale il ruolo primario giocato da queste contrade nella sperimentazione e trasmissione di tecniche edilizie e tipologie architettoniche, i cui centri di elaborazione erano altrimenti ricercati in via esclusiva nell'area flegrea piuttosto che a Roma stessa.
E che dire dell'avvincente articolo apparso nel 1976 sui Rendiconti dell'Accademia di Archeologia di Napoli sull'ager Falernus?
Merita di essere inoltre ricordato come, scorrendo gli scritti di Johannowsky, si evidenzi l'intuizione delle potenzialità di turismo culturale della Campania settentrionale, dal teatro di Teanum Sidicinum al progetto per la creazione di un Antiquarium locale, dall'Anfiteatro campano al progetto di unificare in un'unica area archeologica l'area del foro dell'antica Capua ancora oggi dolorosamente parcellizzata tra quattro differenti proprietà pubbliche (che vi promuovono ciascuna il proprio cacofonico progetto).
Certo non mancano punti oscuri e lacune nella documentazione scientifica edita da Johannowsky, né possono essere nascoste alcune scelte nell'ambito dell'attività di tutela che appaiono oggi incoerenti con la reale consistenza dei beni, quale si è però rivelata ad ulteriori successive indagini, e poste in atto secondo criteri che nella prospettiva di medio periodo hanno rivelato ben presto i loro limiti. Il caso dell'interpretazione del viale Ferrovia quale limite dell'area urbana di Teanum Sidicinum è un esempio tra i più chiari. L'autorità del Professore è stata tale che ancora oggi molti manuali di topografia in uso nelle Università propongono rielaborazione della prima pianta topografica da lui edita. Un intero quartiere moderno si è sviluppato al di sopra di quella che si riteneva una zona suburbana della città sidicina.
Ma certamente chiediamo troppo al professor Johannowsky. Le circostanze spingono ad idealizzare una figura che invece era profondamente umana e “normale” pure nelle sue stranezze e idiosincrasie.
Nel dialogo Werner era uno studioso attento alle novità, pronto a mettere in discussione le proprie idee, a sottoporle a verifica e a modificarle. Certo non potrò dimenticare la sua gioia quando nell'estate del 2007 gli comunicai che sulla terrazza artificiale a monte del teatro avevamo trovato il basamento del tempio in summa cavea della cui esistenza lui non aveva mai dubitato.
Ma, almeno per la mia modesta esperienza, questo posso attestare con sicurezza: in più di una occasione ebbi modo di comunicargli sia le nuove scoperte che si andavano realizzando a Teano e a Presenzano sia le proposte di interpretazione diverse dalle sue che i dati imponevano. Mai ci fu una reazione negativa. Sempre e solo incoraggiamenti, nuove domande e voglia di contribuire, di dare il proprio personale apporto: devo tornare a Teano, sì appena finisco questo studio verrò, ho tante cose da pubblicare. Così diceva. Gli occhi gli brillavano.
Sono stato molto felice di avere contribuito a tributare sempre e in ogni pubblica occasione di convegno o presentazione di nuovi studi sia a Teano, sia a Napoli, sia a Roma il giusto merito all'immenso lavoro di Werner. E lui partecipava sempre. Era sempre presente: arrivava e spariva.
Ricordo ancora la Giornata di Studi che gli dedicammo per i suoi 80 anni nel maggio 2006 a Roma, auspici Maria Luisa Nava e Dieter Mertens, nella sede dell'Istituto Archeologico Germanico. Al termine degli interventi di Stefano De Caro e di Fausto Zevi la platea si alzò in piedi e per un tempo che a me parve infinito continuò a battere le mani e a dire così a Werner un grande grazie e complimenti tanti, ma tanti da parte dell'intera comunità scientifica.
Altri applausi riecheggiano nella mente.
Novembre 2007. Dopo quaranta anni il Convegno di Studi Etruschi e Italici tornava a Teano. Il Sindaco interpretando la volontà davvero unanime non solo della Giunta e del Consiglio comunale, ma credo veramente di tutti i cittadini di Teano, conferì a Werner la cittadinanza onoraria. Una festa bellissima.
Ancora una volta, quella persona senza volerlo ci unì tutti: Teanesi e “stranieri”, studiosi e gente comune, studenti e professori. La comunità.
Gli ultimi applausi, l'ultimo tributo d'affetto spontaneo sono arrivati all'inaugurazione del teatro il 27 giugno 2009. Anche in quella occasione Werner non mancò. Di nuovo ripeté: devo tornare, qui c'è tanto da fare.
Werner, invece, fatalmente se ne è andato. Ad inizio anno, subito dopo il suo anniversario, con discrezione, con quel suo silenzio pieno di tante cose, con quella sua andatura dinoccolata, vagamente sofferente.
Grazie Werner per quello che hai insegnato senza professare e per le tante strade che hai aperto all'archeologia campana. Cercheremo di percorrerle in maniera degna del tuo ricordo.

Francesco Sirano
(da Il Sidicino - Anno VII 2010 - n. 2 Febbraio)

Werner Johannowsky con il dott. F. Sirano
(foto di A. Gammardella)