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Un arrosto inquisitorio: Giulio Cesare Vanini

 

Il lettore del quotidiano LA STAMPA  Filippo Testa di Baldissero Torinese il 24 giugno di questo 2015 ha scritto testualmente sotto il titolo A quando le scuse a Giordano Bruno?: “Gli ultimi pontefici hanno chiesto scusa per crimini commessi nel corso dei secoli da parte di uomini legati alla Chiesa: scusa a musulmani, ebrei. Ed è di questi giorni l'incontro a Torino con i Valdesi. Cosa impedisce allora di riservare lo stesso trattamento anche agli eretici spesso finiti sul rogo? Giordano Bruno e Vanini attendono ancora.”
Vanini, chi era questo carneade?
Lo abbiamo chiesto a Wikipedia che desta perplessità in quanto dichiara che tale voce (Giulio Cesare Vaniini) è ritenuta da controllare.
Il pugliese Vanini (1585-1619) fu filosofo materalista; criticò i dogmi  della religione rivelata. Frate carmelitano, laureato in diritto civile ed ecclesiastico, in Inghilterra si fece protestante (aderì alla chiesa anglicana); salvo poi chiedere ed ottenete il perdono papale e rientrare nella antica fede. I suoi controversi scritti furono giudicati non conformi alla dottrina ufficiale della Chiesa romana. Il Parlamento di Tolosa lo riconobbe colpevole di bestemmia contro il nome di Dio e di ateismo. Gli venne tagliata la lingua, poi strangolato, infine arso.
Non suoni fuori luogo il titolo di questo articolo. Il disdoro è per i cuochi non certo per l'eretico. E qui Trilussa:
“Fece la fine de l'abacchio ar forno
perché credeva ar libero pensiero,
perché si un prete jè diceva: E'vero
Lui rispondeva: nun è vero un corno.
Con quel'idee, s'intende, l'abbruciorno” ecc.

Lucio Salvi
(da Il Sidicino - Anno XII 2015 - n. 7 Luglio)