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D'Annunzio e l'araldica

 

Le imprese del poeta Gabriele d'Annunzio (1863 – 1938) furono immortalate nello stemma che acquistò a caro prezzo sotto il regime fascista che lo nominò principe di Montenevoso, una montagna del Carso, per alcuni anni (dal 1920 al 1947) confine tra l'Italia e la Jugoslavia.
(Il caro prezzo si spiega oltre con l'avidità di colui che concede il titolo anche con l'importanza: quale una un principe è uguale a figlio di re…)
Ce lo mostra il Sole-24 Ore del 24 febbraio 2013 così: d'azzurro al Montenevoso d'argento sormontato in capo dalla sette stelle a sette punte della costellazione dell'Orsa maggiore; ammantato da mantello e corona principesca. “Immoto ma non inerte“ recita il cartiglio con chiara allusione al periodo di tregua delle attività militari del Vate definito immaginifico, fantasioso.
È lo spunto per una rapida incursione nel mondo della araldica considerata una fonte minore di storia.
Facciamo il caso che tra uno o due secoli un uomo scopra un mucchio degli attuali segnali stradali. Non capirà cosa significano i cerchi, le barre, le strisce per terra. Il mondo ed il sistema segnaletico sarà del tutto diverso. Oggi invece hanno un preciso valore.
Così gli stemmi. Vediamo di capire cosa significavano; come parlavano agli Antichi. Per quanto sia ardimentoso parlare dell'universo in breve… Proiezioni degli scudi, servivano a distinguere, a identificare, una schiera dall'altra durante le battaglie.
Il soldato che tornava casa dopo una campagna militare utilizzava certamente lo scudo - che si convertirà in blasone - in qualche manifestazione folcloristica quale una festa paesana.
Gli eredi di Carlo Magno divisero l'Europa in due parti con il Trattato di Verdun dell'843 attestato con il duplice bilingue Giuramento di Strasburgo. La parte occidentale (Francia) aveva per emblema i fiordalisi; gli ultimi dei quali li troviamo nello stemma dei Borboni di Napoli. La parte orientale (Germania) conservò l'aquila imperiale. La regione centrale che emerse in periodo successivo e che superò in splendore rinascimentale le due parti suddette utilizzò il leone rampante a significare ricerca di spazio geopolitico tra le due precedenti zone: dalla Borgogna alle Fiandre. Rampare ha questo significato di farsi largo. Il leone è coronato quale derivazione dal regno capetingio.
(Consultando un atlante storico appare evidente la dimensione della Borgogna che si estendeva dal Mare del nord al mar Ligure)
Il periodo di massimo fulgore dell'araldica fu il periodo delle Crociate.
I blasoni dell'epoca aggregavano pochi simboli: la croce preponderando.
Meno simboli è garanzia di più antica origine.
La croce venne colorata di rosso, di bianco (croce di san Giovanni dei Savoia affiancata dal fascio mussoliniano, poi abbandonato), di nero.
Ogni versione ha il suo significato: la croce latina è la pianta più diffusa nelle chiese italiane, la croce greca è tipica dell'arte bizantina; quella di Lorena già d'Angiò a doppia traversa recante la scritta INRI; la croce di Malta ad otto punte a rappresentare le virtù teologali ed anche le otto nazionalità di provenienza del Cavalieri; la croce ugonotta della fede riformata (protestante).
Storici ed araldisti si limitano in genere ad esporre le ragioni più evidenti del fenomeno araldico, trascurando la natura di codice distintivo e quindi identificativo. E' proprio tale natura, invece, che sta all'origine del fascino esercitato dall'araldica sulle persone, quale che sia la loro estrazione sociale o culturale. L'araldica va aggiornata tenendo presente due discipline proprie del XX secolo: l'antropologia e l'etologia. Senza il sostegno di tali discipline, l'araldica resterebbe confinata nel ruolo di archivio storico e imbalsamata nella sua bellissima teca policroma.
Qualche esempio di origine araldica: tra i simboli aragonesi della città di Napoli troviamo le strisce verticali arancione e rosse. Si racconta che il riferimento sia al sangue del guerriero che cadendo macchiò con le dita ferite il suo scudo giallo. Un soldato ardimentoso che scalava alacremente le mura della città assediata venne additato ad esempio dall'imperatore che lo paragonò ad un grillo: questa l'origine della casata Grillo (o Grio). Il riferimento al Beppe nazionale 5 stelle è puramente casuale.
Quando Angelo Roncalli (futuro papa Giovanni XXIII) dové scegliersi un crest - è d'obbligo quando si diventa vescovi – tra un leone di S. Marco rabbioso ed uno rassicurante scelse il secondo più simile al suo carattere pacioso. A tale proposito l'Arcivescovo Bruno Bernard Heim, mitico araldista pontificio scomparso nel 2002 al quale si devono gli stemmi ufficiali dei pontefici Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II - suo il libro L'ARALDICA NELLA CHIESA CATTOLICA Origini, usi, legislazione - riferisce le esatte obiezioni virgolettate del Roncalli: “Questo leone con quei denti e quegli artigli ha un aspetto troppo feroce. E' troppo transalpino! Non si potrebbe dargli un aspetto più umano?”
E la soddisfazione alla terza versione con il leone a mezzo profilo, la bocca chiusa e gli artigli retratti: “Ci stiamo avvicinando a quello che ho in mente, solo lasciamo che il leone sia visibile in faccia e non appaia così magro: ha bisogno di un po' più di corpo!“

Lucio Salvi
(da Il Sidicino - Anno X 2013 - n. 4 Aprile)