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Teofilo da Vairano maestro di Giordano Bruno

 

La comparsa pressoché contemporanea sul mercato librario del filosofo nolano con “Un fuoco sulla terra” (GJA Libri) di Ingrid D. Rowland, docente alla sede romana di una università americana e “Giordano Bruno sorgente di fuoco” di Carmen Moscariello (ed. Guida), opera teatrale, induce ad una rilettura della vita e del pensiero del Nolano, apostolo della modernità, della libertà di pensiero e fondatore di una nuova era. Bruciato il 17 febbraio 1600 in Campo dei Fiori a Roma, riabilitato da Giovanni Paolo II.
L'attenzione si sofferma al suo maestro di logica fra Teofilo da Vairano nato dieci-quindici anni ante Giordano Bruno (Nola, 1548). Quest'ultimo, prima di indossare l'abito monacale, a diciassette anni, si chiamava Filippo Bruno.
Giordano è il nome del fiume della Palestina evocato allegoricamente perché in quelle acque fu battezzato Gesù Cristo.
Non per il suo pensiero (maestro di logica), l'attenzione, ma per la provenienza da quel Vairano così privo di storia da sollecitare in chi scrive la menzione di un suo figlio per valorizzare l'agglomerato urbano stretto anzi incatenato ad una taverna...
(A proposito della diatriba tra Teano e Vairano sul luogo dell'Incontro – avvenuto chissà dove – tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II, invito a leggere il racconto “La verità in vendita” di Anthony de Mello, pubblicato su il Sidicino del gennaio 2012).
A Napoli, nel Cinquecento, vi erano due centri intellettuali contrapposti che si materializzavano nelle chiese di San Domenico Maggiore e San Giovanni a Carbonara. Nella prima vennero sepolti i re della dinastia aragonese; nella seconda i predecessori angioini.
A San Domenico Maggiore vigeva la filosofia scolastica il cui grande (e grosso: dovettero tagliare un semicerchio alla tavola dove si imbandivano i pasti, tanto era panciuto) campione era Tommaso di Aquino (1225-1274).
A San Giovanni a Carbonara la filosofia patristica la faceva da padrone: S. Agostino (354-430), che si ispirava a Platone, imperava.
Sostanzialmente gli scolastici subordinavano la fede alla ragione; i neoplatonici pensavano l'esatto contrario.
In questa temperie culturale si mossero il Vairanese frate agostiniano ed il suo discepolo Nolano, fra' Giordano Bruno domenicano.
Teofilo da Vairano – il più grande maestro di filosofia, a detta del più noto filosofo, lasciò una sola testimonianza, contenuta in un manoscritto della Biblioteca Vaticana, un trattato intitolato La grazia del Nuovo Testamento scritto tra il 1570 e il 1571 quando aveva appena lasciato la cattedra di metafisica all'Università di Roma per diventare precettore del principe Ascanio Colonna.
Anche fra' Teofilo come Giordano Bruno era destinato ad una vita di perpetui spostamenti. Accettato come studente nel collegio di Sant'Agostino nel 1558, si era iscritto alla facoltà conseguendo il baccalaureato nel 1563 e l'abilitazione ad insegnare metafisica in qualsiasi facoltà a Napoli, città che lasciò l'anno dopo per essere stato nominato rettore dell'Università agostiniana a Firenze.
Nella sua opera sulla grazia divina fra' Teofilo aveva scritto estesamente e con grande facondia sulla appartenenza alla Chiesa che includeva l'intero genere umano, la cui missione universale era alimentata dall'amore.
Il nome che aveva assunto da religioso significa appunto che ama Dio.
I temi trattati sotto forma di dialoghi erano al centro di dibattiti cruciali con i protestanti e divergevano dalla rigida linea tradizionalista allora prevalente in Spagna e a Roma. In effetti fra' Teofilo contrappose ai feroci conflitti religiosi del suo tempo un'ardente professione universale di amore per Dio e per le sua creature.
Il fuoco del Vangelo di Luca era un'enorme vampa di appassionato amore umano!
Diversamente dal rogo di Campo dei Fiori!
Il manoscritto non fu mai pubblicato forse perché i suoi contenuti teologici non erano facili da accettare né Teofilo poteva difenderli essendo morto a Palermo nell'aprile 1578.
Ci sarebbero voluti altri quattrocento anni perché Benedetto XVI emanasse un'enciclica aperta dalle parole Deus caritas est , Dio è amore!

Lucio Salvi
(da Il Sidicino - Anno IX 2012 - n. 3 Marzo)