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L'8 marzo a Banda

 

Che l'India sia un paese “incredibile” lo dice il fortunato e furbo slogan coniato dall'ente turistico di Stato che compare su Sky e sui depliants con il punto esclamativo. Non solo, ma lo dicono i fatti.
Accanto alle vedove in sari bianco liberamente… recluse a Vrindavan -di cui demmo notizia nel numero di marzo 2008 di questo mensile - sono comparse le donne in fluorescente sari rosa, la Gulabi gang. Gulabi è il “rosa” del colore dell'abito.
Nel distretto di Banda al confine tra Uttar e Madhya Pradesh, uno degli angoli più poveri e violenti dell'India rurale (guadagni medi di 50 centesimi di euro al giorno che si riducono alla metà se il lavoratore è donna) colpiti da frequenti siccità si è raccolta una banda (gang) di ragazze implacabili agguerrite e temute che, a suon di sberle, si batte contro i prevaricatori: mariti violenti, sfruttatori, funzionari corrotti, poliziotti brutali e approfittatori.
Le guida una ex venditrice di tè, ex sposa bambina, di 46 anni che ne ha raccolte intorno circa 500; impiegata in una organizzazione non governativa per i diritti delle donne.
Di fede indù che obbliga al silenzio la donna in presenza dell'uomo!
Combattono poliziotti corrotti e mariti violenti; intervengono per fermare matrimoni fra bambini, garantire il pagamento delle pensioni alle vedove e impedire strozzinaggi ma anche far rimuovere l'immondizia dalle strade. Nel maggio 2007 hanno assaltato l'ufficio della compagnia elettrica che aveva tagliato la luce alle loro abitazioni e preteso bustarelle per riattivare la corrente. L'implacabile gang rischia la prigione perché le azioni violente sono illegali e fra i nemici più agguerriti c'è proprio chi la legge dovrebbe farla rispettare.
Questa stessa regione vanta un precedente storico: negli anni Settanta un'altra donna (Phoolan Devi celebre “bandit queen”, bandita regina) aveva guidato un gruppo di uomini nelle foreste dell'India centro-settentrionale. Moderna Robin Hood.
L'India è composta da quattro caste in ordine gerarchico: brahmana (sacerdoti, gli unici abilitati allo studio e all'insegnamento dei Veda, e insegnanti), kshatrya (re, nobili, guerrieri e amministratori), vaishya (allevatori, agricoltori e mercanti cui apparteneva Gandhi, che significa droghiere, e artigiani) e shudra (servi, artigiani non impuri, orafi, carpentieri, sarti e operai). A queste si aggiungono i dalit (traduci: gli oppressi), ossia i fuori casta indicati anche come paria o intoccabili cui sono affidati i lavori impuri quali la lavorazione delle pelli, il trattamento dei morti, la pulizia delle strade e dei bagni, i macellai. Solo una piccola parte della popolazione è ascrivibile alle prime quattro caste, mentre la massa rientra nella quarta e i fuoricasta sono decine di milioni. In via di principio è esclusa qualsiasi mobilità intercastale. I Fuoricasta sono impuri dalla nascita per i peccati commessi nelle vite passate. Una sottocasta, la Gujjar, è insorta perchè chiede di essere inclusa in una classificazione castale più bassa della propria ma che gode di maggiori privilegi in materia di discriminazione positiva per ottenere un impiego nella pubblica amministrazione e nell'ingresso nelle università. Per favorire la mobilità sociale l'India ha adottato un sistema di quote riservate ai “dalit” gli ex intoccabili che costituiscono il 30% della popolazione di cui oltre la metà vive al di sotto della soglia di povertà, il 60% sono lavoratori agricoli senza terra, appena il 31% possiede l'elettricità e solo il 10% ha accesso diretto all'acqua. Nel 60% degli istituti i bambini Fuoricasta sono costretti a sedere nei banchi delle ultime file! Nel 1981 gli studenti di medicina delle caste alte si ribellarono all'ammissione di una quota fissa di dalit alla facoltà facendo decine di morti!
L'ultimo gradino dei dalit è costituito dai pulitori di latrine per lo più donne a due euro al giorno. Il Mahatma Gandhi disse che se fosse rinato avrebbe voluto essere pulitore di latrine per poter alleviare tale consuetudine disumana malsana odiosa. Che nasce dall'essere molte abitazioni non collegate alle fognature. I pulitori di latrine non possono entrare nei templi indù; non possono entrare nelle case in cui non è richiesta la loro opera. Quando vanno a fare la spesa non possono sfiorare il negoziante (né altri) per cui sono obbligati a gettare i soldi in un cestino. Un giovane bramino (casta sacerdotale la più elevata) volle sfiorare con la mano la donna delle pulizie. Fu costretto a mondarsi bevendo la miscela purificatrice fatta di urina di vacca, letame di bue e acqua del Gange.
Se un lavoratore Dalit è una ragazza, è accettato che venga sfruttata sessualmente. I proprietari terrieri di casta alta le considerano intoccabili di giorno, ma di notte tutto cambia…
Qualche luce in tanta tenebra: una ong che fabbrica toilette sanitarie, chè senza i wc moderni non scomparirà quel mestiere; una legge del 1933 che proibisce l'utilizzo dei svuotacessi; il divieto di costruire case non collegate alle reti fognarie.
Anche tra gli intoccabili ci sono differenze, sottocaste. Ci sono i Dhobi, tintori, e i Ravidas, impuri conciatori di pelli di vacca. Un quindicenne Ravidas ha inviato un biglietto galante ad una ragazza Dhobi. E' stato bastonato rapato e gettato sotto il treno; presente la madre disperata e un poliziotto indifferente. Cose del genere capitano tutti i giorni, ha detto al Times il sociologo indiano Prakash Louis!
In India (l'anima dell'India sta nella moltitudine di anime: ha scritto Mariella Gramaglia nel libro Indiana) è nato il primo sindacato di donne del mondo, un milione di iscritte, si chiama Sewa (Self Employed Women's Association). Nella banca di Sewa si intestano conti solo alle donne; si lavora per il microcredito (sistema di piccoli prestiti destinati ad imprenditori troppo poveri per ottenere credito dalle banche) nei villaggi, per l'alfabetizzazione (il 50% della popolazione femminile è analfabeta). Quando si raccolse il capitale necessario a fondare la banca si ebbe bisogno di quindici firme di socie fondatrici che ne prendessero la responsabilità giuridica. Quattordici di esse analfabete impararono a scrivere il proprio nome insegnato durante una sola intera notte dalla loro leader Ela Bhatt.
Ancora oggi le eredi della grande Indira si accoccolano intorno al desco solo quando gli uomini hanno finito e mangiano quello che è rimasto, se è rimasto. Le donne muoiono di parto perché nei villaggi si taglia il cordone ombelicale con un qualsiasi coltello anche se sporco e arrugginito. Nel 1987 in un villaggio del Rajasthan una vedova di diciotto anni si lasciò bruciare sulla pira del marito morto. Non spontaneamente ma sotto la pressione perversa del fratelli in vista del mercato intorno al culto della ragazza.
Grazie al sindacato Sewa oggi le donne dei villaggi imparano ad avere un nome ed a usarlo e non a dire “ sono la madre di Sanai ” o “ la moglie di Arun ”.
L'induismo, comunemente considerata una religione tra le più rigide e classiste di un sistema sociale, sfugge a quasi tutti i requisiti che ad occhi occidentali caratterizzano una religione: non vanta nessun fondatore, non è retto da una gerarchia ecclesiastica centrale, privilegia il comportamento quotidiano rispetto all'adesione a un “credo”, manca perciò di fatto di una definizione dell'ortodossia.
Un racconto allegorico indiano narra di cinque saggi ciechi che tentano di descrivere un elefante: ognuno tasta una parte dell'animale senza riuscire a cogliere il tutto: l'India, continente misterioso.

Lucio Salvi
(da Il Sidicino - Anno VI 2009 - n. 3 Marzo)