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L'otto marzo a Vrindavan (India)

 

È noto che le donne indiane si sposano in età giovanile. Meglio dire che vengono sposate obtorto collo il più spesso ad uomini di età avanzata. Di conseguenza restano presto vedove: sono più di 40 milioni su una popolazione di un miliardo (esattamente 1.129.866.000 abitanti: dati del 2007, Treccani).
Quale sorte le attende? Vengono “scaricate” dalla famiglia del defunto marito, del quale hanno perso anche il cognome, nella città santa di Vrindavan dove vivono di elemosine, di preghiere e di prostituzione spesso sacra!
Le preghiere sempre le stesse; una giaculatoria cantata senza fine di hare Krishna; per sei centesimi di euro ed una nciotola di riso.
Quel dio indù dell'amore fece una promessa: Fortunato chi muore a Vrindavan perché rinascerà libero dai peccati.
Le vedove in sari bianco sono 15mila su 56mila abitanti della “città delle vedove”; 5mila i templi: un'attrazione turistica impareggiabile!
L'allarme per questa tragica disperata situazione (miseria, povertà, analfabetismo, sfruttamento, ecc.) è stato lanciato dal rapporto del Fondo di sviluppo dell'ONU e qualcosa si sta muovendo anche in quel grande paese.
Un film-denunzia dal titolo WATER è stato girato segretamente nello Sri Lanka. Il govemo indiano ne aveva interrotto la produzione.
È la storia di una bambina che, rimasta vedova ad otto anni (sic!), viene mandata a vivere in una casa che ospita donne dall'eguale sventura, costrette ad una etema penitenza. Ambientato nel 1938 quando l'India era ancora una colonia ed il Mahatma Gandhi stava iniziando la sua ascesa.
Oggi, fra i molti aspetti contraddittori e affascinanti dell'induismo, c'è sicuramente la posizione della donna per il rapporto difficile e controverso fra tradizione e attualità. Il mitico Manu, progenitore e primo legislatore dell'umanità nel suo Codice recita: “Nell'infanzia Ia donna stia sotto la volontà del padre, nella giovinezza del marito; morto il marito, dei figli: la donna non goda mai dell 'autonomia "
Il Kamasutra (testo filosofico del III secolo d.C. accreditato in Occidente quale manuale di erotismo spinto) riconosce esplicitamente alla donna lo stesso diritto dell'uomo al piacere sessuale: atteggiamento di estrema modernità, raggiunto in Occidente solo pochi decenni or sono.
I templi indù sono di conseguenza popolati di amanti semidivini stretti in abbracci fantasmagorici.
Nell'India rurale la donna è discriminata come nascitura, come bambina, come sposa che va ad abitare nella casa della famiglia del marito e che deve alla suocera sottomissione e obbedienza. L'asse della famiglia indiana tradizionale è il rapporto padre-figlio, non quello marito-moglie che anzi è sentito come potenzialmente disgregatore della famiglia patrilineare.
Nella classe media, la maggiore istruzione e la possibilità di lavoro promuovono una relativa indipendenza, minori restrizioni, minore sottomissione nella famiglia del marito; conquiste pagate con accentuata solitudine (isolamento) in seno al nucleo tradizionale.
La donna emancipata è vista come una pericolosa innovatrice.
La donna della classe media sta portando la famiglia ad ottenere un maggiore riconoscimento dell'importanza del legame coniugale.
"India is the cradle of the human race, the birthplace of human speech, the mother of history, the grandmother of legend, and the great grand mother of tradition" (Mark Twain) - L'India è la culla della razza umana, il luogo di origine del linguaggio, la madre della storia, l'ava delle leggende, l'antenata della tradizione.

Lucio Salvi
(da Il Sidicino - Anno V 2008 - n. 3 Marzo)