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San Valentino

 

Una divorziata newyorchese ha guadagnato una fortuna per aver messo in vendita (on line weddingringcoffìn) un portagioie a forma di bara, ovviamente foderato di nero, per contenere fedi nuziali e altri pegni d'amore nel caso in cui l'amore riposi in pace. In un paese (gli USA) in cui divorzia il 50% delle coppie il business è assicurato. ll settimanale de La Repubblica, Il VENERDl del 4 maggio 2007, ce ne dà la immagine e ci dice il prezzo: trenta dollari.
Potrebbe essere una idea-regalo per le coppie in crisi!
l commercianti che soffiano sul fuoco erotico di san Valentino raggiungerebbero lo stesso lo scopo: vendere, comunque.
Scrisse Marcello Veneziani qualche anno fa che san Valentino è una festa cretina e contro natura perché stabilisce per decreto mercantile la celebrazione universale dell'evento più personale che ci sia. Standardizza e serializza la cosa più singolare e irriproducibile del mondo. Una specie di scuola dell'obbligo degli innamorati. La livella.
ll san Valentino di ciascuno è la festa di compleanno e d'onomastico della persona amata; è il giomo del primo incontro o, per i più sfortunati, la data del primo matrimonio. Che c'entra questa festa banal-commerciale a taglia unica che arriva tra spot e glassa stucchevole?
Questa finta celebrazione è destinata a crescere perché muove formidabili interessi nella sfera superflua dei regali, ma perché il giornalismo tende a diventare ogni giomo di più autobiografia morbosa dei lettori. Ai giomali e alle tv si chiede sempre meno di raccontare i grandi fatti e sempre di più di narrare i fatti nostri, di proiettare storie come la nostra, insomma di solleticare il narcisismo e l'esibizionismo di massa. Ci piacciono gli sceneggiati, i talk show, i tg che parlano come noi di noi a noi. Non avendo una tv personalizzata, spuntano i cento eventi finti che ci danno la parvenza di protagonismo per celebrarci e festeggiarci.
Come l'improbabile san Valentino.
Poi, poi, che cos'è quest'amore? È quello stato passeggero ma confusionale che trascorre da un'illusione a una delusione. È il penoso corridoio che congiunge la conoscenza al sesso, l'amicizia al matrimonio, il celibato alla maternità. È una perdita di lucidità, un delirio provvisorio. Non facciamone un monumento e un'istituzione. È una testurbazione, un turbamento mentale anziché manuale. Ma se è una malattia inguaribile, evitiamo di festeggiarla con la solennità di un evento universale. Subiamola come un morbo esantematico da cui si deve passare. Trattiamo l'amore come una debolezza, un vizio a cui non sappiamo rinunciare, come il fumo e l'alcolismo. Viviamo i suoi stati romantici come alterazioni del metabolismo (alterazione della proteina dell'innamoramento. A proposito, che fine ha fatto quella scoperta scientifica?) Viviamolo l'amore come gioiosa allucinazione da non mostrare in pubblico. Non facciamone motivo di merito sociale o di festa nazionale. Privatizziamolo, avviamo la sua dismissione pubblica, aboliamo la festa nei cuori, facciamone una strage della festa di san Valentino.

Lucio Salvi
(da Il Sidicino - Anno V 2008 - n. 2 Febbraio)