L'ASSOCIAZIONE
 
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La religione civile

 

ll filosofo ginevrIno Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) conclude il Contratto sociale con l'elogio della religione civile indicando l'opportunità di rafforzare le virtù dei cittadini e il senso di appartenenza alla comunità.
“C'e dunque una professione di fede puramente civile di cui spetta al sovrano (lo Stato, n.d.a.) fissare gli articoli, non proprio come dogmi di religione ma come sentimenti di socievolezza, senza cui è impossibile essere buoni cittadini o sudditi fedeli. Senza poter obbligare nessuno a credervi, può bandire dallo Stato chiunque non vi creda, può bandirlo non come empio ma come asociale, come incapace di amare sinceramente le leggi" ecc.
L'insieme dei riferimenti specifici di una comunità o di una associazione quali il distintivo, la campana che invita al silenzio, la preghiera comune, l'inno liberamente scelto, il manuale-diario che detta regole e segna il cammino, rappresenta la “religione civile" della stessa: cioè tutte quelle memorie e convenzioni che debbono formare l'oggetto non di un culto ma di una particolare partecipazione.
Autori noti, primo tra tutti il politologo Gian Enrico Rusconi, professore ordinario di Scienza politica all'Università di Torino, hanno segnalato da anni l'irrinunciabilità di una religione civile per ogni convivenza umana, nazione o club che sia.
Concetto ripreso da Giuseppe Galasso sul Corriere del Mezzogiorno.
Si avverte il bisogno di questa funzione decorativa in cui le istituzioni offrono una possibilità di partecipazione attraverso ritualità che servono a riconoscersi, a rappresentarsi come comunità.
Esasperate ed esasperanti le ritualita dei regimi totalitari.
L'inglese Eric Hobsbawm, storico marxista nato nel 1907 - vivente, ha dimostrato che, lungi da essere caratteristica dell'antichità, sono proprio le società moderne ad avere la necessità di questa “rappresentazione”.
Basti guardare al significato popolare del 14 luglio in Francia a ricordo della presa della Bastiglia del 1789 per capire la strada da seguire; alla festa del ringraziamento degli americani che si ripete l'ultimo giovedì del mese di novembre dal 1621; all'irlandese St. Patrick's Festival del 17 marzo. Ed alle millenarie ritualità del popolo ebraico.
Servono tutte a cementare il bisogno identitario della comunità cui si riferiscono: ne proclamano l'orgoglio; aumentano negli anni il senso di appartenenza.

Lucio Salvi
(da Il Sidicino - Anno IV 2007 - n. 4 Aprile)