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"Celestino V" di Domenico Caiazza - in "Medioevo", febbraio 2007
 

Il saggio dell'avv. Domenico Chíazza, noto ricercatore di Pietramelara, apparso sulla prestigiosa rivista MEDIOEVO del febbraio 2007 sul papa santo del “gran rifiuto” dantesco (saggio che si collega a quanto lo stesso Autore ebbe a riferire al Club Sidicino - sia pure in un più ampio contesto - in occasione del Convivio del 18 novembre 2006 nell'agriturismo san Massimo di Teano) impone una lettura del Personaggio dal punto di vista storico perché quello del Caiazza è prevalentemente ...geografico.
Non è certo che Dante Alighieri si riferisca a Celestino V quando parla dell'ombra di colui “Che fece per viltade il gran rifiuto” (Inferno 3.60). Certamente il Vate credeva che il cardinale Benedetto Gaetani avesse persuaso Celestino V ad abdicare raggirandolo con un inganno (Inferno 19.56). Dicendogli cioè che non era la prima volta che un papa abdicava: cosa non vera!
Ma cominciamo da capo. Quando si aprì il Conclave (5 luglio 1294) un cardinale annunciò che un pio vecchio eremita aveva scritto profetizzando il castigo divino se la chiesa fosse stata lasciata ancora priva di un capo: lo era da ventisette mesi!
QueIl'eremita era il già celebre Pietro da Morrone, ottantacinquenne, che subito venne eletto papa.
A causa della sua semplicità e della sua ignoranza commise gli errori più elementari, diventando I'innocente strumento delle politiche di re Carlo II di Napoli. lngenuo e incompetente, così privo di cultura che nel concistoro bisognava usare l'italiano invece del latino, Celestino fece precipitare nella confusione l'amministrazione ordinaria della chiesa, assegnando addirittura lo stesso beneficio a più di un richiedente. Mostrò una certa iniziativa solo nel conferire i privilegi alla sua congregazione, entando di affidare ad essa grandi abbazie benedettine come Montecassino, e proteggendo gli spirituali francescani.
Pietro da Morrone fu sconvolto dalla sua elezione al soglio papale ed i risultati furono disastrosi, perché egli non era adatto all'ufficio sotto nessun aspetto tranne quello della santità.
Era il classico manzoniano vaso di coccio in viaggio su un carro insieme a vasi di ferro con terreno accidentato. Di ferro erano i Colonna rappresentati in Concistoro da almeno due membri; di ferro erano i Gaetani e fu Benedetto a consigliarlo, vera eminenza grigia: a spaventarlo: forse a farlo dimettere succedendogli con il nome di Bonifacio VIII. Il successore predetto (Bonifacio VIII, al secolo Benedetto Gaetani) temendo che se Celestino tornato semplice monaco Pietro, fosse finito in mani astute sarebbe facilmente divenuto punto di riferimento per uno scisma, lo tenne sotto sorveglianza (agli arresti domiciliari, diremmo oggi).
Il vegliardo riuscì a fuggire ma fu ripreso e confinato in una torre; ma non venne trattato con indebita durezza. “Non volevo nulla nel mondo tranne una cella e una cella mi hanno dato” disse san Pietro Celestino.
È la figura più commovente della storia del papato!
L'energico austero e autoritario Bonifacio VIII intraprese un braccio di ferro con il regno di Francia, da qui l'oltraggio dello schiaffo di Anagni. Tempi duri, quelli!
Papa Gaetani in una sua Decretale affermò il concetto che chi tace acconsente: vero pilastro per decisionisti!

Lucio Salvi
(da Il Sidicino - Anno IV 2007 - n. 3 Marzo)