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La notte della Befana

 

La notte della befana, quella che sta per iniziare, è densa di magia, di paure, di ricordi, di senso dell’attesa.
È questa la notte in cui la decrepita ma simpatica vecchina sembra si aggiri a cavallo di una logora scopa per le case abitate da bambini, entri nel comignolo del camino ed incurante della fuliggine e del pesante fardello che reca, vada a in giro a dispensare doni: se i bimbi sono stati buoni per loro ci saranno doni e cose buone, altrimenti solo cenere e carbone.
È un’immagine questa, densa di suggestione ma alquanto fuori dal tempo: si chiederebbe, infatti, qualche dissacratore in vena di polemiche, “ma allora se una casa non dispone di un camino i bambini che vi abitano debbono, per forza di cose, fare a meno di questo momento di gioia che contraddistingue la fine delle festività natalizie? Le calze dei bimbi che vivono in case riscaldate da termosifoni o semplici stufe rimarranno sempre vuote? “
Ma, bando a tali “profondi” interrogativi, quali sono le origini di questa tradizione?
Esse sono probabilmente connesse a un insieme di riti propiziatori pagani, risalenti già al X-VI secolo a. C., in merito ai cicli stagionali dell’agricoltura, tuttavia, secondo una leggenda risalente intorno al XII secolo, i Re Magi, diretti a Betlemme per portare i doni a Gesù Bambino, non riuscendo a trovare la strada, chiesero informazioni ad una donna anziana. Malgrado le loro insistenze, affinché li seguisse per far visita al piccolo, questa non uscì di casa per accompagnarli. In seguito, pentitasi di non essere andata con loro, dopo aver preparato un cesto di dolci, uscì di casa e si mise a cercarli, senza riuscirci. Così si fermò ad ogni casa che trovava lungo il cammino, donando dolciumi ai bambini che incontrava, nella speranza che uno di essi fosse il piccolo Gesù. Da allora girerebbe per il mondo, facendo regali a tutti i bambini, per farsi perdonare.
I bambini usarono poi, mettere delle scarpe e/o delle calze fuori dall'uscio di casa, proprio perché sarebbero servite come ricambio durante il lungo errare della vecchietta; ma, se quest'ultima non ne avesse avuto bisogno, le avrebbe lasciate lì, riempite appunto di dolci.
È compito dei genitori, nei giorni precedenti, di “andare a parlare con la Befana”, per assicurarla che i bambini sono stati bravi e a comunicarle, infine, quali giochi si aspettano di trovare la mattina del 6 gennaio. Negli anni passati, quando i bambini erano ancora innocenti, andavano a letto presto per svegliarsi prima la mattina seguente e trovare ai piedi del letto ciò che tanto si desiderava, con il terrore di svegliarsi nel mezzo della notte per non imbattersi nella vecchina dall’aspetto se non orrendo, di sicuro poco gradevole e rassicurante
È normale … non crediate che le occasioni in cui si ricevevano dei doni erano tanto numerose, nell’anno! L’uso, oggi diffuso, dei regali natalizi non esisteva ancora. Aggiungo che ho vissuto l’infanzia in un periodo di forte prosperità economica, il famoso “boom” degli anni ’60, ma nel quale erano ancora fortemente presenti e considerati i valori della parsimonia e del rispetto per il danaro, ereditati dai decenni precedenti, ben più magri; pertanto il giorno della Befana era per i bambini del tempo, un giorno speciale, assolutamente fuori dalla quotidianità, anche se, come immancabile rovescio della medaglia - ahinoi - il giorno dopo si ritornava a scuola, dopo il lungo periodo delle vacanze natalizie.

Francesco Sabatino
(da Il Sidicino - Anno XX 2023 - n. 12 Dicembre)