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Vezzara: la gemma di Conca della Campania

 

Vista dal satellite, Vezzara appare come una grande ypsilon o una doppia v di legno o di cartone distesa sulla dorsale di un'amena collina ai piedi del versante nord-est del vulcano spento di Roccamonfina.
Con un po' di fantasia il paesello sembra essere il riflesso in terra di quella costellazione, Cassiopea, che, nelle notti d'estate staziona proprio nel suo cielo e la illumina dall'alto.
Vezzara è un paese antico, non così tanto… antico. Le sue origini certe, tratte dalle carte dei Registri parrocchiali e diligentemente conservate dallo storico locale Pasqualino Comparelli, la riportano come "nata" intorno al 1575.
In quell'epoca vi era già una chiesa dedicata a San Giacomo Apostolo "della Vezzara dei Casali di Conca".
Quindi il borgo antico è uno dei casali del centro più grande, luogo del Governo, Conca.
Nel 1620 Vezzara compare sulla Carta di Terra di Lavoro di Antonio Magini col toponimo di Serola. Mi sono chiesta tante volte se il parroco di Piantoli, don Guglielmo de Sano, avesse ragione quando ha fatto afferire a serum, ossia cera, l'etimologia del nome proprio di Serola (per estensione: di luogo dove venivano prodotte candele di cera). Ora penso di essere certa che Serola sia solo una distorsione del termine latino medievale serra ovvero "luogo sassoso". Ad un'osservazione attenta infatti, Serola è adagiata su una roccia lapillica nerastra chiaramente visibile nelle enormi grotte o spelonche situate sul versante Ciaie/Vallemarzella servite come rifugi durante l'ultima guerra.
Col passare del tempo Vezzara è cresciuta, si è estesa ed ha creato degli isolati nuovi o sobborghi: parlo di Triuci, a Ovest del paese (vista dal ponte sul Fiume Publìco) e Vezzara vera e propria, verso San Clemente a Nord Ovest.
Gli "isolati nuovi" in realtà sono Palazzi signorili "cum curte et verziere" ovvero recinti per il bestiame e giardini per coltivare ortaggi e fiori.
Parlo del complesso signorile (verso il lavatoio pubblico) di Triuci con annessa chiesa palatina in proprietà De Cubellis e proprietà Di Iorio.
Mi riferisco anche al bellissimo "palazzotto" Santillo, con torrione di avvistamento e/o guardia sulla "salita" verso Serola - Muraglione , alla mastodontica residenza Di Paola - Santillo in cui trovasi ancora oggi la mia abitazione.
Ricordo ancora perfettamente la scritta apposta sul pavimento del mio solaio in sassolini bianchi levigati: A.D. 1610 separato da una croce greca. Memorabili i due portoni d'accesso alla mia casa con archi barocchi in pietra bianca sormontati e divisi da un'incudine, in pietra più scura, recante lo stemma gentilizio (?).
I terremoti succedutisi con frequenza nell'ultimo secolo, purtroppo hanno distrutto o rovinato tante abitazioni poi demolite perché inutilizzabili.
Sono, però, ancora perfettamente visibili e ottimamente conservati i Palazzi De Ciccio con arco e posto "dazio- riscossione gabelle – riparo per bestie da soma" in zona Casellanti o Caseglianne, per non trascurare lo stupendo ponte in splendido barocco campano in rione "Viniegli" che si può agevolmente ammirare da Via S. Antonio.
Quanto sopra ci conduce alla Carta della Diocesi di Teano del Guevara del 1635 laddove sono contemporaneamente riportate le tre località divenute l'odierna Vezzara.

Mariavittoria Riccio
(da Il Sidicino - Anno VIII 2011 - n. 5 Maggio)


L'odierna Vezzara