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La via Latina: dai fasti all'oblio

 

Naturale collegamento tra il Lazio e la Campania la via Latina vanta una origine antichissima. Fin dall'VIII secolo a. C. frequenti erano i rapporti tra l'Etruria meridionale e la Campania etrusca. Gli scambi commerciali seguivano un percorso, per così dire, interno: la via marittima o costiera, infatti, era resa poco sicura dalla presenza della flotta greca a Cuma. L'intenso traffico andò avanti ininterrotto per più di trecento anni. Poi tutto si interruppe: l'avvento dei Volsci e delle altre popolazioni appenniniche bloccò il flusso delle merci e di prodotti. Alla fine del IV secolo irruppe con la forza di un ciclone Roma che, sconfitti i Volsci, provvide a ripristinare l'antica via di collegamento. Proprio a questo periodo si fa risalire la nascita della via Latina anche se un tracciato, sia pure non convenzionalmente indicato, esisteva già da secoli utilizzato dagli Etruschi per gli spostamenti verso sud. Con il passare degli anni la via Latina acquistò una notevole importanza seguendo le non facili tappe dell'espansione romana verso il meridione della Penisola italica. Ma qual era il tracciato originario? La strada usciva da Roma attraverso Porta Capena. Lasciate le mura aureliane, passando tra Grottaferrata e Frascati, la via Latina raggiungeva i Colli Albani e si insinuava nella valle del Sacco facendo tappa a Segni, Anagni, Ferentino e Frosinone. Da qui superava il fiume Liri nei pressi di Fregellae (Ceprano) e, passando per Aquino, Pignataro Interamna, Cassino e San Pietro Infine, si inoltrava nell'agro campano. Dopo aver toccato Teano e Calvi, concludeva la sua corsa a Capua. In tutto 146 miglia romane corrispondenti, grosso modo, a 216 chilometri. Ogni miglio era segnato da una colonnina in pietra, il cosiddetto “miliare”, che dava precise indicazioni riguardo le distanze. Lungo tutto il percorso si diramavano altre strade che contribuivano a formare un complesso reticolato viario utilizzato per gli spostamenti commerciali e militari. Come tutte le più importanti strade romane anche la via Latina, larga circa 4 metri, era lastricata con pietre poligonali. Il materiale era diverso a seconda della zona attraversata: basalto nella provincia romana e pietre in calcare nel Lazio meridionale e nella Campania. Non mancavano, poi, le stazioni di posta (le cosiddette “mutationes”), una sorta di autogrill autostradali, con la locanda, le stanze dove dormire e le stalle per i cavalli. Grazie alla via Latina Roma era collegata alla Campania ma anche al meridione d'Italia. Proprio seguendo tale arteria l'enorme flusso delle merci provenienti dalla Sicilia e dal lontano Oriente giungeva fino al cuore pulsante della romanità. Ma la via Latina servì anche ai nemici per sferrare gli attacchi più micidiali: basti ricordare Pirro nel 280 a. C. e, soprattutto, Annibale nel 212, tra le pagine più drammatiche della lunga storia di Roma. Un funzionario (il “curator viae Latinae”) si occupava della manutenzione della strada che doveva essere tenuta sempre in condizioni di efficienza proprio per la sua straordinaria importanza militare, commerciale e di collegamento. Con la caduta dell'Impero, venuta meno la mirabile organizzazione romana, la via Latina subì un inevitabile declino. Gli agglomerati urbani situati lungo il tracciato vennero abbandonati e le popolazioni si rifugiarono sulle montagne per sfuggire alle incursioni barbariche. La strada che correva da Roma a Capua per lo più in pianura, fu abbandonata e lasciata nell'incuria. Tale situazione si protrasse per molti secoli fino a quando le condizioni di vivibilità non fecero registrare un sensibile miglioramento. E ciò accadde soltanto alla fine dell'età di mezzo quando si iniziò a scendere verso la pianura. Fu allora che l'antico reticolato viario posto a fondovalle, abbandonato per tanti anni, assunse di nuovo una importanza decisiva. Venne così riscoperta anche la via Latina. Un primo tentativo di recupero da Roma fino a Ceprano, ossia alla linea di confine tra lo Stato della Chiesa e il Regno di Napoli, risale al 1620: la strada venne risistemata e rifatta in molti punti insieme al ponte sul fiume Liri crollato qualche tempo prima. La via Latina, comunque, continuò ad essere percorsa solo a tratti, specialmente là dove il tracciato aveva resistito all'incedere del tempo e all'abbandono. Nel 1796, su impulso del re Ferdinando IV di Borbone, fu varata la costruzione di una nuova strada detta “consolare” che, unendo Napoli a Sora e poi agli Abruzzi, determinò il pressoché definito abbandono della vecchia via Latina che, di fatto, cessò di esistere. E così il ricordo di questa gloriosa strada, frutto della inimitabile perizia degli ingegneri romani, che aveva svolto un compito fondamentale e insostituibile, rimase confinato soltanto in qualche ingiallito documento di archivio e in alcuni toponimi periferici che ne attestano, ancora oggi, il passaggio. Qualche tempo fa il senatore Oreste Tofani ha presentato in Parlamento un disegno di legge mirante alla riscoperta e alla valorizzazione, attraverso un preciso piano di ripristino, della vecchia via Latina. Lodevole iniziativa alla quale, però, dovrebbero seguire dei riscontri concreti. Ma con questi chiari di luna…

Fernando Riccardi
(da Il Sidicino - Anno VIII 2011 - n. 5 Maggio)