L'ASSOCIAZIONE
 
il Sidicino
 
 
Presidio Libera - Teano
 
 

Antonio Landieri, l'unico che non poteva correre via

“Oh! E parala una!”

“Non segni mai, non sì buon!”

“A vulit 'a rivincita?”

Spari. Scappano tutti. Ancora spari. Poi solo polvere, silenzio e dolore.

Raffiche di proiettili ad altezza d'uomo, contro un gruppo di ragazzi che giocano a “bigliardino”. Perché vivere in una delle più grandi piazze di spaccio d'Europa e nel bel mezzo di una guerra fra clan, implica l'essere costantemente esposti all'errore. Così, il 6 novembre 2004 è morto Antonio Landieri, l'unico del gruppo che non poteva correre via da quella folle e inspiegabile scarica di colpi. Condannato perché disabile, condannato perché viveva a Scampia, condannato perché giocava con gli amici in un pomeriggio di novembre. I killer li avevano scambiati per esponenti del clan rivale e avevano sparato contro il circolo in cui stavano giocando al calcio balilla Antonio e i suoi amici. La reazione dello Stato che ne consegue, se possibile, è anche peggiore: per i giornali Antonio è un narcotrafficante, un camorrista ucciso nella faida che inonda di sangue le vie di Scampia. Vengono vietati i funerali pubblici, Antonio è sepolto come un criminale, nell'ombra. Quasi a certificare che nascere e morire a Scampia implica l'ignominia di una colpa atavica, radicata nella carne e nel sangue dei corpi soffocati dal cemento dei palazzi e il bisogno dello Stato di coprire, nascondere, questa colpa, lasciarla nel labirinto di cemento in cui l'unica legge è quella delle armi, certificando la sua impotenza. Colpa atavica radicata nei pensieri dell'osservatore che guarda dall'esterno, pensando inconsapevolmente che “si ammazzano fra di loro”.

Ma non è così. Antonio è sempre stato innocente, non era un camorrista né un narcotrafficante. Antonio non aveva alcuna colpa. Ci vorranno tredici anni per riconoscere questa verità, tredici anni di battaglie legali da parte della famiglia per liberare Antonio dall'immeritata vergogna, dalla colpa ingiustamente attribuita al suo corpo martoriato e donargli un ricordo che gli rendesse giustizia. Antonio è il primo disabile vittima innocente di camorra.

La storia che porta all'intitolazione del presidio cittadino alla memoria di Antonio e, ancor prima, dei terreni confiscati a Teano parte diversi anni fa, con la conoscenza di Rosario Esposito La Rossa, cugino di Antonio, che nel frattempo era fra i fondatori dell'Associazione culturale Vodisca (Voci di Scampia) e della splendida realtà della casa editrice Marotta & Cafiero. La decisione di dedicargli i terreni confiscati (in primis il campo di calcio in un piovosissimo pomeriggio di qualche estate fa) e successivamente il presidio Libera di Teano, è stata la naturale conseguenza del percorso di riscatto e testimonianza che abbiamo avuto l'onore di condividere. Testimonianza forte, fortissima, portata ogni volta dai volti dei familiari di Antonio e da Anna, cognata di Antonio, voce narrante del sempre folto gruppo di rappresentanza della famiglia Landieri che è un fulgido esempio di forza e bontà d'animo, dignità ed entusiasmo, mostrandoci come dal dolore e dall'ingiusta infamia sia riuscita e riesce a trar fuori una voce di speranza e di riscatto civile in nome di Antonio.

(da Il Sidicino - Anno XV 2018 - n. 4 Aprile)

 
Antonio Landieri