“Fortunatamente
i distruttori lasciarono intatto il chiostro quattrocentesco
che è fra i più belli dell’epoca nel Mezzogiorno d’Italia”

Così si esprimeva lo storico francescano P. Cirillo Caterino nella Storia della Minoritica Provincia Napoletana elogiando il chiostro.

 
 
L'ASSOCIAZIONE
 
il Sidicino
 
 

Chiostro di S. Antonio

 
Continua la devastazione dei nostri monumenti: questa volta è toccato al chiostro di S. Antonio
 
“Italia nostra” denuncia i danni prodotti dalla sabbiatura al monumentale chiostro quattrocentesco.
Dopo lo“sfregio” della lunetta dell’Annunziata e la levigatura delle epigrafi del Cappellone di S. Paride, la sabbiatura dei monumenti sembra diventata a Teano il divertimento del momento.
 
Pubblichiamo il testo integrale del documento inviato da Italia Nostra al Ministro per i BB. CC., alla Soprintendenza ai Monumenti, alla Soprintendenza Archeologica, al Comune di Teano, al Vescovo e all’Ordine dei Minori.
 

La sezione casertana di Italia Nostra desidera evidenziare quanto, negli ultimi anni, si stia perdendo del notevole patrimonio architettonico, rurale, figurativo, storico, della nostra provincia, che costituisce l'elemento principale e caratteristico del territorio, tanto da farlo annoverare tra i più belli ed interessanti dell'Italia intera.
Territorio denominato dai romani Campania Felix, per la sua bellezza e fertilità, ricco di stratificazioni millenarie e costellato di borghi e centri storici dai tessuti urbani antichissimi e densi di edifici di grande importanza storica ed architettonica, di chiese, di monasteri e conventi, castelli, siti archeologici, continuamente messi a dura prova dalla speculazione edilizia, dal saccheggio, dall'incuria, e da interventi che snaturano la loro essenza e la loro stessa esistenza.
Territorio in cui le chiese sono continuamente depredate dei loro apparati sacri e decorativi, i cui centri storici sono abbandonati a se stessi (quello di Teano ha ben l'80% dell'edilizia storica fatiscente e disabitata), sedi solo di sporadiche e patetiche sagre e feste, ove l'edilizia di valore architettonico, particolarmente quella civile, viene stravolta da interventi che non hanno nulla a che vedere con i criteri del restauro conservativo, per l'assenza di piani di recupero, e in alcuni casi di non attuazione di quelli esistenti, e di una schedatura scientifica del patrimonio storico.
Dove borghi e case rurali scompaiono completamente o vengono sostituiti da una banale e insignificante edilizia moderna, il paesaggio viene stravolto da sbancamenti, cave, e da colture intensive di importazione che mortificano e annullano quelle autoctone di grande qualità.
Tutto questo, è dovuto ad una pessima politica di gestione del territorio da parte degli enti locali, che comporta implicazioni gravi sul piano della tutela e della salvaguardia dei beni culturali, ed anche per un'annosa penuria di fondi e di organico delle Soprintendenze che si ripercuote sulla vigilanza del territorio, favorendo in tale modo un fenomeno generalizzato di interventi sul patrimonio architettonico e ambientale poco e male controllati.
La ricchezza del patrimonio culturale, diffuso su vaste aree, spesso ignota anche alle stesse soprintendenze, in buona parte ancora da inventariare e schedare, suggerirebbe l'opportunità di una politica di coinvolgimento delle associazioni culturali che potrebbero svolgere, in tal modo, a costo zero per le soprintendenze, un ruolo di collaborazione e di supporto nell'operazione di monitoraggio e controllo del territorio.
La presente associazione ritiene che, se si concretizzasse l'ipotesi summenzionata, si potrebbero evitare tanti danneggiamenti e distruzioni, come l'ultimo caso, in ordine di tempo, rappresentato dai recenti interventi di “restauro” che hanno determinato il gravissimo e irreparabile danneggiamento dei capitelli del chiostro catalano del convento di S. Antonio di Teano.
Lo scempio del ”restauro” dei capitelli del chiostro del convento di S. Antonio di Teano.
Il convento e la chiesa extra moenia di S. Antonio, sulla collina omonima a circa un chilometro dalla città, furono edificati tra il 1412 e il 1448 su committenza di Ludovico Galluccio e Giovanni Antonio Marzano.
Dell'impianto originario della chiesa non rimane quasi più nulla, ma si conserva in modo mirabile il bellissimo chiostro a quattro lati, il cui impianto architettonico è analogo a quello dei conventi francescani di Casanova di Carinola, Mondragone e Sessa.
Il chiostro di Teano, nonostante la superfetazione in falso gotico del primo piano, conserva su tutti i quattro lati le volte a crociera ogivali poggianti su splendidi capitelli decorati da motivi vegetali e zoomorfi posti su pilastri polistili. La ricca decorazione, intagliata nel tufo locale usato anche per i pilastri, rivela reminescenze tardo gotiche, ascrivibili con molta probabilità ad una officina di alto livello proveniente dalla stessa capitale del regno, Napoli.
A tale proposito, il prof. Massimo Rosi, uno dei massimi conoscitori dell'architettura rinascimentale catalana nel Sud Italia, attribuisce a Guillem Sagrera la realizzazione del chiostro.
Le volte poggiano sulle pareti di fondo su peducci finemente intagliati e le lunette conservano un ciclo di affreschi del XVII secolo.
Tutt'altra situazione si riscontra per i portali polistili posti all'interno dei corridoi del chiostro, i quali per l'incorniciatura a giogo con peducci pensili poggianti su capitelli floreali, nella triplice incorniciatura del vano porta, e nelle esili colonnine laterali, si avvicinano alle forme dei pilastri e delle cornici di palazzo Marzano a Carinola.
Negli ultimi tempi il convento è stato oggetto di una serie di interventi di ristrutturazione che hanno interessato sia la chiesa sia il chiostro, ed anche il bellissimo refettorio d'impianto quattrocentesco, rivestito da maioliche del XVII secolo. I lavori sono stati estesi anche all'area del giardino inclusa nelle mura di recinzione del convento e posta a nord ovest del complesso.
Seppur ispirati da una logica legata ad una maggiore fruibilità da parte dei credenti e dei pellegrini dell'intero convento, bisogna evidenziare che molti interventi hanno determinato danni gravissimi ed irreparabili al patrimonio architettonico e scultoreo del monumento, e probabilmente realizzati senza che vi fosse alla base un progetto unitario rispettoso della valenza storico artistica del monumento.
Per la gravità di questi interventi, rimane dubbia se vi sia stata da parte delle istituzioni preposte alla tutela e salvaguardia del patrimonio culturale una sorveglianza attenta sull'andamento dei lavori, o se addirittura sia mancata la comunicazione, da parte della committenza, di molte delle operazioni di “restauro” condotte su alcune delicate parti architettoniche del convento.
Lo scempio più eclatante è stato perpetrato nei confronti dei capitelli del chiostro ove, in spregio alle pur note procedure metodologiche e tecniche da adottare nella pulizia delle parti lapidee, sono state abrase e danneggiate in maniera irreparabile le parti scultoree di essi.
Operazione che denuncia un modus operandi non in linea con le attuali metodologie del restauro ispirate alla conservazione dell'oggetto nella sua sostanza storica, e rispettose della valenza artistica del pezzo, ma anche e soprattutto delle tracce e dei segni riconducibili alle tecniche ed agli attrezzi utilizzati dalle maestranze antiche per l'esecuzione dei manufatti.
Nel caso specifico, come già evidenziato in premessa, i capitelli realizzati nel tenero tufo grigio di Roccamonfina, conservavano indenne una ricca e varia decorazione scultorea, elemento sostanziale e distintivo di questo chiostro tanto che lo storico dell'ordine francescano P. Cirillo Caterino lo definì tra i più bei chiostri dell'intero Mezzogiorno d'Italia.
Essi, infatti, sono stati sottoposti ad un barbarico trattamento di “pulizia” probabilmente attuata con una sabbiatrice visto il devastante risultato raggiunto dopo l'intervento. Le parti scultoree di tutti i capitelli risultano abrase e talvolta pressoché cancellate con la messa a nudo della struttura interna della pietra, determinando in tal modo una sicura accelerazione dei fenomeni di degrado per l'immediato futuro.
È fin troppo evidente, dal confronto della documentazione fotografica allegata al presente documento, una eseguita prima e l'altra successiva all'intervento, la condizione drammatica in cui versano allo stato attuale i capitelli ormai completamente rovinati e destinati ad un irreversibile degrado. Ciò, anche in considerazione dell'azione degli agenti inquinanti presenti nell'aria e nella pioggia, che avranno una maggiore azione disgregatrice della pietra visto che essa è stata intaccata in modo sensibile nella sua patina superficiale e nella struttura interna.
Vogliamo solo sperare che la perdita, perché di perdita si tratta, di un tale prezioso ed insigne monumento, non solo per la comunità di Teano ma dell'intero paese, possa indurre le istituzioni preposte alla tutela ad un maggiore controllo e ad una più profonda conoscenza del patrimonio culturale del territorio.
In quest'azione di conoscenza, le associazioni culturali e i cittadini possono svolgere un ruolo fondamentale ed essere un valido punto di riferimento per la salvaguardia e valorizzazione di un patrimonio inalienabile che appartiene a tutti.
Il patrimonio culturale è un bene della collettività e non solo di coloro che ne vantano l'uso e che si sentono nel diritto di trasformarlo causandone, nella maggioranza dei casi, il danneggiamento e la distruzione; è un dono prezioso e una testimonianza del passato, rappresenta la nostra storia, le nostre radici, e come tale deve essere trasmesso alle generazioni future.
I Capitelli prima e dopo il “restauro”
Prima di ogni intervento di restauro sarebbe stato opportuno procedere ad indagini conoscitive preliminari del monumento (rilievi, schedatura dei capitelli ecc.), e successivamente procedere con tecniche di pulizia e di consolidamento non invasive al recupero dei capitelli.
È noto che la pulizia della pietra, e a maggior ragione di quella in tufo, viene normalmente eseguita con la velinatura con garza di cotone, o carta giapponese, e la nebulizzazione con acqua talvolta miscelata con silicato di etile per la riadesione di scaglie e micro frammenti pericolanti, sia in presenza di fenomeni di polverizzazione sia per la coesione della superficie lapidea dei capitelli.
Si precisa che qui di seguito si presenta una piccola campionatura, a titolo di esempio, dei capitelli, ma i danni riscontrati interessano, purtroppo, tutte le sculture dei capitelli del chiostro.

(da Il Sidicino - Anno VI 2009 - n. 8 Agosto)

 
Due capitelli prima e dopo l’intervento