Marco De Gemmis di Castelfoce solo ora ha pubblicato una prima raccolta di poesie che scrive da anni e nelle quali ricorre spesso il nome di Teano. Pubblichiamo per ora la scheda del volume, in attesa di ritornare in argomento.
 
 
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Recensioni:

 
"Seconde singolari (cento poesie)" di Marco De Gemmis
 

L'autore è nato e vive a Napoli, dove è funzionario del Ministero per i Beni e le Attività Culturali presso il Museo Archeologico Nazionale. Se si escludono alcune poesie pubblicate in cataloghi di mostre e in riviste o “prestate” a spettacoli teatrali e firmate, con il cognome materno, Marco Caracciolo, soltanto di recente ha incominciato a leggere ad alta voce e a far circolare i suoi versi.
Il principale “materiale di costruzione” di questa prima raccolta – Seconde singolari (cento poesie), il cui titolo allude ai numerosi “tu” cui i testi sono destinati – gli viene dall'osservazione delle umane, “necessarie” ma molto imperfette relazioni amorose che il libro fa divenire quasi l'unica cosa, oltre il lavoro, che una Storia deludente consente di fare; relazioni caratterizzate da alti (come è nella sezione del libro intitolata “b”) e, più spesso, da bassi: difficoltà, silenzio e incapacità di ascolto, soffocanti sottrazioni di autonomia, separazioni e conseguenti solitudini (come è nelle sezioni “c”, “e” e “f”). Queste relazioni forniscono appunto materia per una ricerca poetica che unisce originalità delle soluzioni e costante capacità di coinvolgere ed emozionare il lettore. Una sezione del libro – “ad” – raccoglie invece i testi dedicati a persone, luoghi, oggetti che realmente appartengono o sono appartenuti alla biografia del poeta: qui il tono risulta talvolta diverso, ma non viene meno la cifra ironica che è una delle caratteristiche di questa raccolta.
L'autore è sempre teso a costruire scene, fotografie, quadri di quotidiana vita amorosa nei quali chi legge riconosce in tutto o in parte la propria condizione. Giovanni Maffei, docente dell'Università Federico II di Napoli, sostiene a suo riguardo nell'acuta postfazione «che sapienza e ricercatezza, anche nelle cose sue ultime, ci sono da non vederle solo i sordi: una lavorazione fine e callida del significante, per rime variamente dislocate e assonanze e altri richiami da parola a parola, e inarcature e scarti e giunti e slogature da verso a verso, e una storta armonia di misure nella tritante cantilena, da far godere i periti metricisti».

(da Il Sidicino - Anno VI 2009 - n. 1 Gennaio)