L'ASSOCIAZIONE
 
il Sidicino
 
 

...mani rugose e sempre aperte ai giovani e ai poveri

 
Mons. Sperandeo commemorato in cattedrale nel ventennale della morte
 
 

ll ventesimo anniversario della morte di Mons. Matteo Guido Sperandeo è stato celebrato, la sera del I dicembre, con una solenne liturgia nella cattedrale. Una liturgia fortemente partecipata eppur priva d'ogni carattere di tristezza, una liturgia gioiosa perché in tutti c'era la consapevolezza che Mons. Sperandeo è già nella Luce.
Mons. Aiello ha voluto dare grande risalto alla ricorrenza e quanto ha scritto su Presenza, non meno di quanto ha detto nel corso della liturgia, ci fa conoscere le ragioni del fortissimo legame che il nostro Vescovo sente con il suo non immediato venerato Predecessore.
Sul numero di Presenza distribuito al termine della cerimonia, mons. Aiello, richiamando il momento di un rito svoltosi nel 1979, in cui fece da giovane cerimoniere a Mons. Sperandeo e per un momento ne tenne il pastorale, e ricordando che invece nel rito di presa di possesso della Cattedrale il pastorale gli fu consegnato dal Nunzio Apostolico scrive: avrei voluto riceverlo dalle tue come quel giorno a Pignataro nel gioco di colori e di suoni della liturgia. Confesso che avrei avuto paura a prenderlo direttamente dalle mani del Vescovo Francesco perché contorto di dolore, avviluppato di spine e maculato di sangue, ma dalle tue mani rugose e sempre aperte ai giovani e ai poveri quel segno di pastore mi sarebbe apparso più dolce, meno pesante, “giogo soave", magari accompagnato da una carezza rugosa e da una rauca parola di coraggio.
L'omelia pronunziata nella cerimonia ha fatto il resto. Già nell'esortazione iniziale il Presule ha invitato tutti a fare memoria devota e affettuosa del pio Vescovo Sperandeo, stella sul cammino di molti. Nell'omelia ha additato tre aspetti peculiari della figura del Commemorato: la paternità, che tutti avvertivano immediatamente al primo contatto con il Pastore; la fecondità, e l'episcopato di Mons. Sperandeo è stato fecondo di opere, testimoniate dai frutti dell'evangelizzazione e anche dalle pietre delle nostre chiese, quasi tutte ricostruite o restaurate nel suo trentennale episcopato; la solennità che non era sfarzo, magniloquenza o trionfalismo, ma consapevolezza del ruolo e dell'altezza del ministero proprio del vescovo.
Ma sono tanti i punti e gli spunti della densa omelia che Il Sidicino ne pubblicherà per intero il testo nel numero di gennaio. È un discorso che ben compendia l'opera di un vescovo che ha segnato per intero la seconda metà del XX secolo non solo nella comunità ecclesiale, ma anche nelle comunità civili della diocesi.

(da Il Sidicino - Anno IV 2007 - n. 12 Dicembre)