L'ASSOCIAZIONE
 
il Sidicino
 
 

Presenze reali e imperiali nel sidicino dell'alto medioevo

 
Sintesi della conferenza del conte Stefano Guelfi Camaiani, organizzata dal Club Sidicino presso il Grand Hotel di Telese il 20 maggio 2006.
 

La odierna riflessione inizierà proprio dal declino longobardo neII'Alta Campania e I'avvento dell'affermarsi dei Franchi (VIII secolo d.C.) dovuto all'amicizia che sussisteva tra il Pontefice Adriano I ed il futuro Imperatore del S.R.l. Carlo Magno. Tutto nasceva daIl'accordo stipulato tra i rispettivi loro predecessori il Pontefice Stefano Il ed il Re dei Franchi Pipino il Breve contenuto nel documento “Promissio Donationis” nel quale si prevedeva la cessione al Papato di buona parte delI'ltalia Longobarda. Nel 774 Adriano I e Carlo Magno, a quel tempo non più soltanto "Rex Francorum et Longobardorum", bensì "Princeps Gentis Longobardorum", rinnovarono la “Promissio" dei loro predecessori con l'aggiunta oltre alla cessione dei vecchi territori anche del Ducato di Benevento scontrandosi con gli intenti del potente Arechi ll, Signore di Benevento ed ultimo baluardo del potere assoluto longobardo in Italia. Nel 787 Carlo Magno occupò tutti i territori contesi costringendo Arechi ll a ritirarsi a Salerno. Raggiunta la pace Arechi Il accettò di sottomettersl al grande Carlo cedendo tutti i territori oggetto della prima e seconda “Promissio” oltre ad Arce, Sora, Aquino, Teano e Capua. ln realtà questi territori rimasero sempre a far parte integrante della patria beneventana senza che i pontefici potessero esercitare direttamente il proprio potere. Anzi Sora e Teano divennero le principali roccaforti dell'esercito longobardo che sebbene sottomesso ai franchi mantenne la sua identità e in qualche modo, azzarderei la sua autonomia. Dai primi anni del IX sec. Sora e Teano divennero i centri di due importanti gastaldati dipendenti da Capua che si apprestava a divenire capoluogo dell'omonima contea. Per inciso i gastaldati o cataldati durante il potere longobardo erano realtà amministrative o fiscali che interagivano all'intemo della realtà feudale propriamente della Contea. Nell'843 Pandolfo, figlio di Landolfo il Matico o Seniore, primo vero Conte di Capua, divenne Gastaldo di Teano. Questi dovette vivere durante un periodo di gravi incursioni saracene che indebolirono, oltre alle guerre fratricide tra i Principi longobardi, l'intero immenso Ducato di Benevento, costringendo quindi Ludovico ll, figlio dell'lmperatore Lotario, Re d'ltalia, a recarsi in Alta Campania per risolvere i problemi creati dai saraceni sia quelli tra Radelchi e Siconolfo. Così il Ducato di Benvenuto fu diviso in due Principati distinti: quello di Benevento e quello di Salemo. A Radelchi fu assegnato Benevento e a Sichinolfo Salerno.
Nell'849 quindi nel Ducato Beneventano vi erano solo tre gastaldati: Capua, Teano e Sora. Soltanto dieci anni più tardi (860) se ne contavano già una quindicina: Sora, Atina, Aquino, Pontecorvo, Isernia, Venafro, Suessola (Cancello), Sessa, Teano, Carinola, Calvi, Alife, Telese, Caiazzo, Caserta, Furcula (Forchia - Arpaia - Airola). C'è da tenere presente che ad ogni gastaldato corrispondeva una sede vescovile (ad eccezione di Carinola sorta soltanto nel Xl secolo!). Fino all'anno 885 il territorio fu artefice delle dispute tra i vari figli e discendenti di Landolfo I il Matico che si succedettero nel possesso di gastaldati spesso diretti dalla regia deIl'astuto Vescovo Landolfo. Vescovo o Conte di Capua dall'863 all'879. Dispute che si trascinarono sino all'anno 900 (intercalate dalle contese tra Longobardi e Bizanlini, Pontefici e Longobardi, Longobardi e Longobardi) quando Atenolfo di Landolfo l fu incoronato Principe di Capua-Benevento.
Atenolfo fu impegnato soprattutto nella guerra contro iSaraceni nel territorio del Principato cercando e rinnovando l'alleanza con i Bizantini. Se da una parte il saraceno fu abbattuto ed eliminato daIl'altra sorse la forte predominanza dell'lmpero Bizantino (Romano d'Oriente) ben posizionato in terra di Bari e d'Otranto con incalzanti mire in Basilicata ed in Calabria. Alla persona di Atenolfo succedette nel 933 il figlio Atenolfo Ill e nel 939 l'aItro figlio Landolfo Il che quando morì il padre, nel 943, divenne l'effettivo successore e prosecutore dell'opera paterna. Il principato di Landolfo fu caratterizzato da una costante guerra tra Longobardi e Bizantini. Nel 961 Landolfo Il morì e gli succedette Pandolfo detto Capo di Ferro. Continuatore della politica patema antibizantina il Capo di Ferro riuscì a dare un forte impulso al suo progetto grazie alI'intervento dell'lmperatore Ottone I, nuovo Re d'ltalia e Imperatore del S.R.l. e del Papa Giovanni XIII (Crescenzi). Pandolfo Capo di Ferro divenne Duca di Spoleto ed ottenne la Marca di Camerino. Con la morte di Niceforo Foca e l'incoronazione di Giovanni Zimisce a Bisanzio l'lmpero Romano d'Oriente rinunciava per sempre ai territori della Longobardia Minore ed il 14 aprile 972 a Roma si celebrò il matrimonio tra Ottone figlio dell'lmperatore e la Principessa Teofania cugina del suddetto Giovanni Zimisce.
Nel 973 Pandolfo Capo di Ferro occupò Salerno in preda alle dispute tra il Principe Gisulfo ed il Duca di Napoli, Marino, alleato del Signore di Amalfi, Mansone.
Soltanto quattro anni più tardi, nel 977, Pandolfo figlio di Pandolfo Capo di Ferro divenne Principe di Salerno cosi che si ebbe la riaggregazione dei tre Principati longobardi ossia di Capua, di Benevento e di Salerno (Longobardia Minore) con l'aggiunta di Spoleto e Camerino. La gloriosa, ambiziosa, quasi perfetta situazione creata dagli spregiudicati “Pandolfi” durò appena tre anni e nel 981 il tanto agognato equilibio precipitò a seguito della discesa dell'lmperatore Ottone Il che nel 982, conobbe il cattivo gusto della sconfitta ad opera dei Saraceni nella famosa battaglia di Stilo. Gli anni che seguirono furono assai incerti e tumultuosi, con l'vvicendarsi dei vari 'Pandolfi“ nel Principato di Benevento, con la grande riscossa del Bizantini nell"lmperium Longobardorum" contenuta dall'attività del Pontefice Benedetto Vlll e dell'lmperatore Arrigo ll il Bavaro nel frattempo succeduto all'ultimo dei sassoni Ottone Ill. Nel 1021 ad Asburgo fu convocata la Dieta, composta da svevi, bavaresi, e Iorenesi, che approvò la spedizione delle truppe imperiali nell'ltalia Meridionale. La manovra degli imperiali fu abile e totale impegnando l'lmperatore Arrigo Il sul versante adriatico sino a giungere in terra di Bari, il Presule di Aquileia a controllo della Marsica e l'Arcivescovo di Colonia alla volta di Montecassino e Capua. All'Abate di Montecassino Atenolfo non rimase altro che fuggire verso gli alleati bizantini cadendo in un disastroso naufragio al largo dello Jonio e, suo fratello il Principe Pandolfo IV insieme al figlio rifugiatosi in Capua, dopo aver atteso invano il soccorso del catalano Bojanes, stremato dalle incursioni saracene, dovette capitolare e quindi arrendersi. Portato presso l'lmperatore in Puglia, giudicato da un'ampia assemblea di magistrati imperiali fu condannato a morte, condanna che per intercessione delI'Arcivescovo di Colonia fu tramutata in carcere a vita da scontare in terra germanica. Principe di Capua fu quindi insediato il di lui cugino Pandolfo di Teano mentre Abate di Montecassino fu eletto, su proposta del Papa Benedetto Vlll, tal Teobaldo. Per l'occasione l'lmperatore recatosi a Montecassino impose al Pontefice ed ai Monaci che in futuro l'elezione delI'Abate doveva avere non solo la convalida pontificia ma anche quella imperiale.
Intanto in terra germanica Pandolfo IV, grazie alle pressioni del Principe di Salerno, ottenne la scarcerazione, tornò in patria e sostenuto dai cognati Guaimario di Salemo e Giovanni Il di Amalfi oltre che dai fedeli bizantini con un potente e rinsaldalo esercito marciò verso Napoli contro il più protetto Sovrano Sergio IV che in quel tempo aveva ospite il cugino Pandolfo di Teano, entrambi fedelissimi alleati e baluardi del potere imperiale in loco. Napoli nel 1027 per la prima volta fu raggiunta, espugnata ed occupata. Soltanto tre anni più tardi nel 1030 Sergio IV riconquistò la patria grazie ad un rinvigorito esercito di forze mercenarie, per la maggior parte normanne pervenute e coordinate da Rainulfo Drengot, che in cambio ottenne un vasto latifondo tra Napoli e Capua. Costituendo la I Contea Normanna in Italia, quella di Aversa. Non datosi vinto Pandolfo tornò all'attacco riappropriandosi di Gaeta e nuovamente di Napoli con così tanta ferocia che suscitò le nuove ire del neo Imperatore Corrado il Salico di Franconia che nel 1038 bandì definitivamente il longobardo dal territorio insediando al suo posto il Principe Guaimario di Salerno che divenne anche Principe di Capua, con il controllo di Salerno, Aversa, Gaeta, Amalfi, e della neonata Contea di Melfi tenuta dal normanno Guglielmo d'Hauteville (1042). Tornando appena di pochi anni indietro dobbiamo sottolineare che nel 1039 a Corrado Il il Salico era successo il figlio Enrico Ill il Nero che aveva fatto sua la causa di definire una volta per tutte la situazione oramai annosa dell'ltalia Meridionale. Nel 1046 impose al soglio pontificio il Vescovo di Bamberga Clemente ll, ridimensionò il potere di Guaimario riaffidando il Principato di Capua all'indomito Pandolfo ma soprattutto elevando al rango di Vassalli Imperiali gli emergenti normanni di Aversa e Melfi. La manovra fu particolarmente azzeccata segnando la definitiva fine delI'epoca longobarda, oramai logora per la politica incostante, dubbia, instabile ed incapace sopratutto di gestire il collegamento del potere tra i territori e gli equilibri con le popolazioni indigene. Nel 1062 a seguito di alteme vicende diplomatiche, militari e politiche i normanni ebbero la meglio sui residui longobardi così che Giordano figlio di Riccardo Quarrel fu elevato al titolo di Principe di Capua prendendo ben presto Calena, Tracone, Teano, Trajetto, Gaeta, etc. Nel 1073 capitolò anche Benevento e nel 1076 Salerno per opera di Roberto il Guiscardo. Soltanto un anno più tardi, nel 1077 Roberto il Guiscardo possedeva la Puglia, la Basilicata, la Calabria ed il Principato di Salerno. ll Principato di Capua era invece in mano a Riccardo Quarrel, anch'egIi normanno, nipote di Rainulfo, Conte di Aversa. Inizia per l'ltalia meridionale una vera nuova epoca caratterizzata da nuove energie. Nuove realtà basate su costanti maggiori, su stabilità più ampie caratterizzate dall'emergente epoca del feudalesimo, ma al tempo stesso da autonomie internazionali più grandi e anche più pericolose perché disgreganti nei confronti proprio della centralità dell'Impero. Anche il ruolo del papato cambierà: se durante l'epoca longobarda vi era stata una costante tra pontefici e imperatori, durante il periodo normanno ci sarà l'asse tra pontefici e signori locali, spesso con momenti di forti ostilità nei confronti dei futuri imperatori dovuti al succedersi dei vari antipapi ostili alla compattezza del Sacro Romano Impero. Tutto questo, in poco meno di mezzo secolo, nella successione veloce di ben tre uomini che si avvicendarono nella carica di imperatori del Sacro Romano Impero (Enrico IV, Lotario Il, Corrado Ill) preparò il terreno e creò i presupposti per la salita al trono imperiale di quell'uomo che ancora una volta riuscì a dare un nuovo corso al sud della penisola italica che fu la figura di Federico I di Svezia, detto il Barbarossa per non parlare delI'ultimo svevo omonimo Federico ll, di cui soltanto pochi anni or sono fu in tutta Italia celebrato l'ottavo centenario della nascita.
Con questo il mio intervento termina con la speranza di avere offerto uno spaccato di storia che, sicuramente perfezionabile, ha tentato di proporre alcune riflessioni sulla complessità del periodo storico scelto e sulla magnificenza del territorio sidicino che, per la sua logistica geografica, richiederebbe motivi ed eventi di approfondimento, ubicato proprio in un sito di rilevanza storica fondamentale nelle epoche analizzate ed in quelle successive. La grandezza dell'entità millenaria imperiale fu proprio quella di avere tentato sempre e comunque di salvaguardare le realtà locali con particolare rispetto alla tutela delle radici dei popoli e dei loro equilibri nel tempo.

(da Il Sidicino - Anno IV 2007 - n. 2 Febbraio)