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Rosso di pelo - 'O Pilirusso

 

Lo scrittore francese Jules Renard (1864-1910) ebbe un`infanzia non serena, in una famiglia poco unita e nei suoi libri riaffiorano spesso ricordi autobiografici di queste difficoltà. Pel di carota, la sua opera più famosa, è la storia di un bambino lentigginoso e dai capelli rossi che vive drammaticamente la sua età perché non si sente a suo agio nella famiglia: così il ragazzo cresce con la convinzione di non essere amato. L'avversione della madre e l'abbandono in cui vive lo rendono sornione, accorto, persino bugiardo, attento a difendersi come può.
La sua maggiore sventura è di non potere e non sapere mostrare la bontà del suo cuore, respinto com'è dalla freddezza dell'ambiente circostante. Pel di carota è diventato così proverbiale, quasi il simbolo di un atteggiamento esistenziale.
Quando “Fiore d'Indaco" - questo lo pseudonimo di chi scrive - era in boccio ed i fulvi cernecchi ne incorniciavano il volto, fu spesso oggetto di attenzione da parte di chi lo incontrava per il solo fatto di essere rosso di pelo. Si sprecavano i compiacimenti, le allusioni, le mezze frasi non sempre indolori, per la sua diversità.
Raramente gli risultava piacevole vedersi attribuire tratti particolari, sentirsi irripetibile.
Quali pregiudizi sottendevano tali seccature? Quale la spiegazione? ll tempo trascorse e nel 1998, quando al posto dei riccioli era subentrato il nulla o quasi, vide la luce il libro “Il sacro artefice - mitologie degli artigiani medievali" che dedica all'argomento il capitolo “Capelli rossi".
"Anche i colori hanno una storia e possiedono una pregnanza ideologica nella cui individuazione il periodo che va, grossolanamente, dal 1000 al 1300, merita una specile enfasi. Il colore che simbolicamente rappresenta il tradimento, la fellonia, l'inganno diabolico si situa a metà tra il rosso ed il giallo. Non è il nostro arancione ma piuttosto la sua versione oscura e satura: il rosso dei capelli.
L'imrnagine di Giuda è neutra fino al secolo XI, ma a partire da allora si comincia a rappresentarlo coperto da una fulva peluria. Pochi decenni dopo, fa la sua comprsa una leggenda in cui Giuda attrae su di sé motivi edipici. Nel XII secolo si afferma definitivamente l'opinione che Giuda non sia solo rosso ma anche incestuoso. Questo particolare andrà tenuto a mente quando, più avanti, si incontrerà un nesso mitologico tra l'oro e ia pratica enadogamica spinta fino all'incesto.
Ora ritorniamo alla tradizione iconografica che sembra nascere proprio nella regione del Reno e della Mosa, quella che dovrebbe essere anche la patria di Teofilo, per diffondersi a macchia d'olio in tutto l'Occidente.
Giuda non ne ha il monopolio. Nell'arte della fine del Medioevo, molti traditori, felloni o ribelli hanno i capelli rossi. Così Caino il traditore de La chanson de Roland, che per vendetta non esita ad inviare al massacro Orlando (benché suo parente) e i suoi compagni. Così Mordred della leggenda, figlio incestuoso di re Artù, tradisce il padre e questo tradimento provoca il crollo del regno di Logres e il crepuscolo dell'intero universo arturiano. Così ancora i cavalieri ribelli delle leggende epiche o dei romanzi cortesi. Cosi siniscalchi, prevosti e balivi che cercano di prendere il posto del loro signore. Così i figli ribelli, i fratelli spergiuri, le donne adultere. Così infine tutti coloro che, nei racconti agiografici o nelle tradizioni folkloriche si danno ad una attività disonesta o illecita e in questo modo tradiscono l'ordine sociale: boia, prostitute, usurai, cambiavalute, falsari, giocolieri, buffoni, chirurghi, ai quali bisogna aggiungere i numerosi fabbri, stregoni, mugnai affamatori, e macellai sanguinari (come quello della leggenda di S. Nicola) che popolano i racconti e le tradizioni orali.
Questa proliferazione si estende a ogni genere di reietto, escluso e deviante, a chiunque sia socialmente pericoloso o sospetto, dall'eretico all'ebreo, dall'infedele al lebbroso".
Ben diversa valenza aveva l'epiteto di “ginger" (il piccante zenzero, zingiber officinale) che l'affettuoso inglese Sindney Kaufman gli attribuiva; da cui Fiore d`lndaco era diviso per profonda incomprensione linguistica ed era unito per la più cordiale amicizia.

Fiore d'Indaco

(da Il Sidicino - Anno IV 2007 - n. 1 Gennaio)