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In memoria di don Michele Lamberti

 

So bene che rievocare le luminose tappe dell'intensa vita di Mons. Michele Lamberti è ardua impresa che, peraltro, non varrebbe a far conoscere l'uomo più di quanto la sua lunga permanenza in mezzo a noi e la cristallina trasparenza dell'animo suo non lo abbiano reso così familiare a quanti lo hanno conosciuto.
Parlare del suo apostolato sarebbe come avventurarsi in un campo inesplorabile, perché solo Iddio può conoscere i frutti spirituali del ministero sacerdotale.
La sua feconda giornata terrena ha trovato tramonto nella tarda notte del 3 settembre 2004, dopo una lunga e laboriosa vita, nella natia Camigliano, amorevolmente assistito dai nipoti che da alcuni mesi lo ospitavano in quella casa in cui nacque il 18.8.1921 da Vincenzo e Pietruccia Benincasa.
La prima e fondamentale educazione religiosa la riceve proprio nella famiglia, composta dai genitori, dal fratello Augusto e dalla sorella Elena, prematuramente scomparsi. A soli dieci anni, per rispondere alla chiamata del Signore, entra nel Seminario di Teano, ove si fa subito notare per la viva intelligenza, per l'attaccamento allo studio e per lo spiccato senso dell'arte e ugualmente si fa notare nel Seminario di Posillipo dove compie gli studi teologici in preparazione al sacerdozio.
Il 6 agosto 1944 è ordinato prete. Dopo soli due anni di permanenza in seminario, come vice rettore, gli viene assegnata la parrocchia di Furnolo, dove rimarrà per ben 56 anni, stabilendo un profondo legame con i Furnolesi che ha tanto amato e dai quali non volle mai separarsi, anche quando i Vescovi Sperandeo, Cece e Tommasiello lo invitavano ad assumere incarichi pastorali in realtà più impegnative, come la Cattedrale di Teano e le Arcipreture di Roccamonfina e Pignataro Maggiore. Rifiuta sempre, con estremo garbo e in maniera convincente, proprio perché si sente molto legato a quella piccola frazione di appena trecento anime, che conosce una per una e che ama come il Pastore ama le sue pecorelle, convivendone in ogni momento gioie e dolori.
Chi ha avuto la gioia di conoscerlo da vicino, sa che don Michele rappresentava veramente il Padre e Pastore di tutti secondo il Cuore di Cristo e della Vergine Assunta, compatrona di Furnolo. E chi lo ha conosciuto bene sa pure delle innumerevoli opere di bene da lui compiute in quella piccola realtà:per tutte le funzioni liturgiche quali matrimoni, funerali, prime comunioni, battesimi ha sempre rifiutato le spontanee offerte per il mantenimento della parrocchia, provvedendo sempre in proprio, sempre pronto ad aiutare e sostenere chi era nel bisogno.
Giovanissimo viene chiamato a coprire la cattedra di Italiano e Latino nel Seminario di Teano e, dal 1957, anche quella di Religione nella scuola media “Laurenza”, dove insegna per più di vent'anni guadagnandosi la stima e la simpatia del capi d'istituto, dei docenti e delle diverse generazioni di alunni che hanno beneficiato del suo insegnamento e che conservano di lui un grato ricordo.
Svolge gli incarichi di insegnamento senza mai perdere di vista gli impegni pastorali e la cura della sua parrocchia. Sempre puntuale, preparatissimo, meticoloso: la disponibilità al colloquio, soprattutto con i giovani, è una costante della sua vita. Conoscitore profondo della lingua, dello stile e della composizione latina, con don Michele scompare uno degli ultimi grandi cultori delle lingue classiche, nelle quali brillava per la sua impareggiabile capacità didattica, per la raffinatezza della forma espressiva, supportata sempre dalla sua profonda cultura umanistica e teologica anche nelle numerosissime sue omelie.
Don Michele ha saputo egregiamente coniugare una fede sicura con la gioia della vita e con la sua innata fantasia poetica. Ma il suo tratto caratteristico è stato il sorriso che illuminava sempre il suo volto. Il sorriso e la gioia erano i segni esteriori della sua grande bontà d'animo, della sua maturità e della sua capacità di sapersi porre accanto agli altri sempre con garbo e con squisita gentilezza. Un atteggiamento tipico che traeva origine dalla sua gioia di vivere e da cui hanno tratto beneficio tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo. Persino i medici che lo hanno avuto in cura negli ospedali, dove si soffre e si può anche morire, ma dove egli ha saputo sorridere nonostante la sofferenza, hanno beneficiato del suo contagioso sorriso. Nella sala di rianimazione del policlinico di Napoli, l'ultimo atto espressivo della sua vita è stato un sorriso di ringraziamento e di commiato per il suo venerato pastore, Mons. Tommasiello, che era a andato a pregare con lui e a benedirlo.
Nell'ultimo decennio viene nominato vicario generale della diocesi, incarico che accetta ben volentieri, nonostante l'età avanzata e nonostante i prodomi dei primi cedimenti fisici legati all'incipiente processo di senescenza e i segno della malattia vera e propria, manifestatasi poi negli ultimi due anni. Svolge il prestigioso incarico con molto impegno e competenza, mostrando un gusto particolare nell'affrontare e risolvere problemi gravi e scoraggianti, sempre con ardente zelo e con illimitata fiducia nella Provvidenza.
Trascorre gli ultimi quattro mesi a Camigliano, amorevolmente assistito dai nipoti, nella sofferenza fisica e nella tristezza della lontananza dalla sua diletta Furnolo e dal suo diletto Pastore a cui era legato da profonda stima e sincera venerazione: sofferenza e tristezza che mai vinsero il suo cristiano ottimismo e mai spensero quell'amabile sorriso che irradiò su tutti noi.

Giocondo Molinaro
(da Il Sidicino - Anno I 2004 - n. 10 Ottobre)