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La tomba di S. Casto quasi una discarica

 
Appello dell'Archeoclub Caleno, presieduto dal Prof. Paolo Mesolella, per ridare decoro al sito dell'antica basilica paleocristiana sorta sulla tomba del primo vescovo di Calvi, sovrastato dal ponte dell'autostrada e ridotto quasi una discarica.
 
 

Discepolo di S. Pietro e di S. Paolo, sulle cui tombe a Roma sono sorte due splendide basiliche, S. Casto morì, o meglio fu martirizzato, nella notte del I luglio del 66 d.C.; S. Paolo nel 67 e S. Pietro nel 65. Praticamente nello stesso periodo di tempo.
S. Casto, secondo la tradizione, è un discepolo di S. Pietro che di passaggio alla volta di Roma lo avrebbe lasciato come Vescovo della comunità cristiana calena. Qui a Calvi fu sepolto, nel 66 d. C., in un luogo dove nel 307 d. C. il Vescovo Calepodio eresse il primo altare sulla sua tomba e dove nel corso dello stesso secolo venne costruita la Basilica di S. Casto Vecchio della quale oggi non restano che i ruderi nascosti dai rovi e dell'immondizia a pochi metri del ponte dell'autostrada. Quindi, a ben pensarci, le tombe di questi tre grandi santi hanno avuto un destino ben diverso: sulla tomba di S. Pietro è stata costruita la basilica vaticana, su quella di San Paolo la basilica di S. Paolo fuori le Mura, sulla tomba del povero S. Casto, una basilica che col tempo è stata distrutta e di cui restano pochi ruderi tra la folta vegetazione e l'immondizia.
Di qui l'appello dell'Archeoclub Caleno al parroco della Cattedrale Don Antonio Santillo e al Vescovo di Teano-Calvi affinché, in questo Anno Paolino, si possa fare qualcosa anche per la cattedrale di S. Casto Vecchio dove si trova la sua tomba scoperta da Johannowsky agli inizi degli anni 80.
Le origini della basilica di S. Casto Vecchio, infatti, risalgono al IV secolo. Essa quasi certamente sorge su una fabbrica ancora più antica: quella di una palestra romana. Nel tardo impero il recinto divenne area di sepoltura, e verso la fine del IV sec., nella parte sud-ovest, ospitò la primitiva basilica. Questa all'inizio fu ad una sola navata, a croce commessa, monoabsidata, con muratura in "opera listata" e con arco trionfale in "opera laterizia". Era lunga 29 metri e larga al transetto 19; 10 metri all'interno del corpo e circa 11 alla fronte esterna. Il tempio, costruito in solo tufo, fu trasformato in chiesa a tre navate di diseguale grandezza, negli ultimi decenni del secolo VIII e i primi del IX. La muratura fu giustapposta a quell'antica. La basilica, così trasformata, dovette essere distrutta con il saccheggio di Calvi negli anni 880-82. Autori del saccheggio furono i Saraceni di Atanasio di Napoli, alleati del famigerato principe longobardo Pandolfo di Capua.
Poi fu edificato un terzo tempio che fu anch'esso distrutto. Dopo il mille abbiamo il quarto tempio costruito, almeno in parte sulla linea del precedente. In questo tempio si trovava l'antica "sedia vescovile” con immagini scolpite e con l'iscrizione di S. Casto vescovo e martire. Questa sedia, descritta dal Cerbone, è diversa da quella che attualmente osserviamo nella cattedrale romanica che non reca immagini né iscrizioni del santo patrono. Ma di essa ignoriamo la sorte.
Nell'anno 1685 sappiamo che la vecchia basilica non era più adatta al culto, per cui verso il 1722 venne abbandonata. Poi i coloni dei campi vicini saccheggiarono il materiale del tempio per costruire le loro masserie. Nel 1960, durante i lavori per l'attraversamento dell'Autostrada del Sole, il tempio è stato coperto da un gigantesco ponte. Johannowskj nella relazione sugli scavi effettuati rileva:"Nella parte nord dell'edificio, sono stati rinvenuti gli avanzi di una camera sepolcrale absidata con strutture in laterizio. Nell'abside, sotto il pavimento, vi erano quattro sarcofagi con copertura a due spioventi, di cui uno figurato in marmo bluastro, databile fra il 260 ed il 280 d.C. (molto probabilmente di San Casto)".
Ci vorrebbe forse un miracolo di S. Casto per eliminare l'immondizia.

Paolo Mesolella
(da Il Sidicino - Anno VI 2009 - n. 5 Maggio)

 
L'Archeoclub Caleno ha denunciato pubblicamente sulla stampa il degrado del sito archeologico di S. Casto Vecchio, dove furono sepolti i primi vescovi di Calvi.
Agli inizi degli anni Sessanta del Novecento, anni terribili di distruzione e devastazione di antiche vestigia in nome del progresso proposto dal "miracolo economico" di quegli anni, su quella zona che andava restituendo preziose testimonianze della Cales cristiana, furono gettati gli imponenti, profondi piloni del ponte autostradale.
Il rinvenimento dell'iscrizione sepolcrale del Vescovo Giusto e di altri antichi reperti epigrafici cristiani avrebbe dovuto consigliare la deviazione del tracciato autostradale o, quanto meno, una preventiva esplorazione archeologica di tutta la zona. Non fu così e il danno è ormai irreparabile.
Oggi qualche pio devoto vi ha impiantato una Croce (vedi foto) a ricordo della sacralità del luogo empiamente invaso e oppresso dal cemento.
Il Sidicino si unisce all'appello dell'Archeoclub Caleno per invocare un minimo di decenza per così preziose testimonianze dell'antica Cales, la cui diocesi da quasi due secoli è unita a quella di Teano.