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Indice Carmen Melese
 
 

Oltre la soglia del dolore

 
 

Non possiamo fermare l'insorgere di malattie, né eludere la morte. Possiamo però dare un senso alla nostra esistenza.
Talvolta gli ultimi giorni di vita trascorrono in ospedale, lontano da casa, e questa circostanza non aiuta certo il morire.
In diverse strutture, i pazienti deceduti vengono trasferiti in un'anonima camera mortuaria, in attesa dell'ultimo viaggio... E non è consentito né a parenti, né ad amici, di fare una veglia funebre, porgere un ultimo saluto, donare un fiore, recitare una preghiera.
Norme stabilite nella fase di massima propagazione del covid, continuano a rimanere in vigore per arcani motivi... (pigrizia, cinismo, indifferenza?). Eppure, trascorrere le ultime ore al cospetto del defunto è un atto di pietà e di affettuosa riverenza verso chi ci ha lasciato, ma anche supporto indispensabile per elaborare il lutto.
Conosco persone che, oltre al dolore di una perdita, hanno subito anche la sofferenza inenarrabile dell'allontanamento dal proprio congiunto, dopo la morte, con inevitabili sensi di colpa, che rendono la ferita ancora più profonda. Non bisogna dimenticare che, oltre alle leggi scritte, ne esistono altre, incise da sempre nel cuore dell'uomo, che non devono essere violate.
Una veglia funebre accanto a un proprio caro offre l'opportunità di rivedere, come nella pellicola di un film, i momenti salienti della relazione interrotta. Mette a fuoco gli aspetti problematici, talvolta vissuti in maniera conflittuale e superati a fatica, ma fa emergere e fissare, nel deposito aureo della memoria, anche le esperienze della gioia, i successi, le scoperte, le emozioni condivise. Durante una veglia funebre si può chiedere perdono per le proprie mancanze, e invocare la forza per andare avanti... Si può indagare sul senso ultimo del destino degli uomini e, in particolare, sul proprio destino. Ci si può sostenere, con abbracci e gesti di solidarietà, nel dolore che accomuna e che nello stesso tempo è vissuto in maniera del tutto individuale. La morte suggerisce parole mai dette, allenta tensioni, suscita legami. Raccogliersi per l'ultima volta intorno a un caro defunto, ricordando la sua canzone preferita, il suo motto, i suoi insegnamenti, aiuta ad attraversare il campo di ortiche che spesso ricopre la vita, e a dirigersi verso un giardino che anela sempre a rifiorire.
Non impedite, allora, di cantare l'ultima ninnananna a chi ci lascia, senza un motivo, senza un senso, o forse con un senso troppo alto da risultare quasi inafferrabile... Lasciateci stare ancora un po' con i nostri cari!
La nostra carezza su di loro potrebbe essere l'ultima in questa vita, ma anche la prima della vita futura... chissà.

Carmen Melese
(da Il Sidicino - Anno XX 2023 - n. 3 Marzo)