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Sulle 6 agosto 1863: il primo eccidio di operai nell'Italia unita
 
Tra la documentazione e la corrispondenza conservata in archivio abbiamo rintracciato una nota del compianto prof. Martone, stimato redattore del nostro periodico, su di un tragico avvenimento riguardante la sanguinosa repressione di una protesta operaia nei primi anni dell’Italia unita. Con piacere la pubblichiamo nell’anniversario dell’evento.
 

Gli operai uccisi erano naturalmente meridionali. La loro colpa? Quella di manifestare per il diritto al proprio posto di lavoro, mentre gli interessi del nuovo stato-nazione, griffati Savoia, mostravano il lato oscuro di quella manovra contrabbandata come una “liberazione”.
Il Real Opificio di Pietrarsa fu voluto e fatto costruire da Ferdinando II di Borbone nel 1840 e dal ’45 cominciò la produzione delle locomotive (sette per la precisione), crescendo al punto da offrire lavoro a circa 700 operai, collocandosi come la prima realtà industriale della penisola e tra le maggiori d’Europa.
Unita poi l’Italia, cominciano le pressioni dal Piemonte affinché la fabbrica meridionale riceva meno commesse, in virtù di un trasferimento di ordinativi (e dunque di lavoro) verso Nord.
I valorosi bersaglieri, inviati dal nuovo regime per sedare gli animi, reprimono nel sangue la giusta protesta dei lavoratori. Alla fine sul selciato si contano 7 morti e una ventina di feriti.
(Cfr Il Brigante, Anno 13°, n. 29, sett. 2013, pag. 20).
Secondo il giornalista-storico Gigi Di Fiore, si tratta di “un altro 1° maggio, ennesima pagina strappata dalla storia nazionale, che racconta di operai, nuovi italiani, uccisi da baionette di bersaglieri italiani. Una protesta che precederà di molto gli scioperi degli anni successivi al Nord”.

Antonio Martone
(da Il Sidicino - Anno XVI 2019 - n. 8 Agosto)