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L'Unità d'Italia e il brigantaggio meridionale

(II parte)

Appena dopo, la banda si allontanò raggiungendo Rocchetta, Caianello e Venafro, fermandosi nel bosco di Torcina. Dopo una ventina di giorni, tornò verso Sessa, e propriamente nella frazione Tuoro, da dove viene inviata l'ultima richiesta di riscatto che, alla fine, viene soddisfatta con il pagamento di ducati 1300, per cui il sequestrato viene liberato, non prima che gli era stata rilasciata una ricevuta dell'avvenuto pagamento.
La corrispondenza di un ufficiale dell'esercito piemontese, operante nella zona, e precisamente a Piedimonte Matese, S. Spellanzani, mostra, in maniera evidente, come quelle bande si muovessero nel territorio del Massico, come pesci nell'acqua, forti nell'appoggio di parte della gente del luogo.
L'8 aprile 1868, scriveva: “Sappiate che il 27° Fanteria, comandato dal maggiore Lombardi, l'11 marzo u.s. ha battuto sul Cesina la banda Pace o Ciccione, di cui ha fatto prigionieri alcuni… a Mignano ho parlato con Giovanni Pacciariello, vecchio brigante della banda Ciccone. Ho voluto da esso conoscere tutti i misteri di Piedimonte… Mi comunicò i manutengoli del paese, i quali andavano a portare i viveri alla banda Ciccone sul Massico ed in certe pagliaie…”
Il 20 novembre 1868, continuava: “In primo luogo vi dico che dovete prestare la massima attenzione, stantechè si tien per certo che Ciccone nella notte dal 19 al 20 si sia gettato sul Massico con una banda forte di 14 briganti… Si perlustrarono colla massima attenzione… tutte le località ma non ci fu dato di scovare un solo brigante”.
Il 20.5.1868, riferiva: “Si dice che Fuoco si sia gettato sul Massico… Deve però assolutamente tornarsene da queste parti, ed allora ho la probabilità di un buon risultato”.
Ancora, il 10.7.1868: ”L'altra mattina, l'altro sottotenente in perlustrazione… si è imbattuto con tutti i quattro briganti uniti ad altri due, li ha battuti, disarmati, ma non a potuto prenderne alcuno per la fittezza de bosco Fardello”.
Infine, il 14.9.1868: “…Dopo che sono qui in Atina, nessuna novità rimarchevole, se non la misera fine dei poveri Monte e Tognetti. Nella pienezza del XIX secolo bisogna essere ancora inerti spettatori di così nefandi delitti che la Corte Romana e il Governo Papale commettono! ...attendiamo il momento della vendetta, e allora vedrai il modo se l'Italia saprà vendicare l'onta ricevuta e come la vendicherà! Coraggio intanto che tra pochi mesi il brigantaggio non sarà che un ricordo”.
Con la morte dei Fuoco, Guerra, Pace e Ciccone, chi ucciso in conflitto, chi finito sul patibolo, ebbero termine le gesta dei briganti di Terra di Lavoro.
È necessario, a questo punto, prendere in considerazione quali siano stati gli effetti del brigantaggio e della sua repressione sulle vicende future dello Stato unitario ed, in particolare, sul suo atteggiamento nei confronti delle classe subalterne. Se appare indubitabile l'influsso della particolare visione dell'Unità d'Italia da parte della Destra per quel che concerne il sorgere e lo svilupparsi del brigantaggio, va sottolineato come la scelta di opporsi “manu militari” a questo movimento di massa, per quanto contraddittorio esso sia stato, espresso dalle classi subalterne, da un lato contribuì a porre gli strati contadini e bracciantili del Sud in una posizione di sostanziale passività verso lo Stato unitario, dall'altra spazzò via ogni possibilità di opposizione progressista all'interno delle istituzioni, avendo tagliato ogni canale di comunicazione tra i gruppi democratici e le masse popolari e contadine. Inoltre, la repressione del brigantaggio ebbe anche un'altra conseguenza, cioè il conferimento all'apparato dello Stato di quel carattere di struttura fortemente e violentemente contrapposta alle masse che manterrà per lungo tempo. Il ricorso, con estrema frequenza, allo stato d'assedio e all'intervento delle Forze Armate in tutte le situazioni in cui l'ordine pubblico appariva minacciato e soprattutto di fronte ad agitazioni che sembravano assumere un carattere politico, cioè quando gli strumenti repressivi ordinari - polizia e magistratura - apparivano incapaci di svolgere il loro ruolo, divenne, per le classi dominanti, necessario per salvaguardare l'ordinamento costituzionale.
Va sottolineato, infatti, che fu proprio la legge Pica ad introdurre nell'ordinamento giudiziario italiano l'istituto del domicilio coatto, destinato, come ben sappiamo, a diventare uno dei principali mezzi repressivi della dissidenza nelle mani dell'esecutivo.
Fu proprio la terribile esperienza del brigantaggio meridionale, cioè la paura “dello scatenarsi di forze selvagge ed eversive” (Molfese), ad assillare la mente di tanti esponenti della classe dirigente italiana ancora per decenni dopo l'unificazione.

BIBLIOGRAFIA
M.R. CUTRUFELLI L'unità d'Italia. Guerre contadine e nascita del sottosviluppo del Sud, Bretoni,Verona,1974
F. MOLFESE Storia del brigantaggio dopo l'Unità d'Italia. Feltrinelli, Milano, 1974
C. CROCCO Come divenni brigante. Lacaita, Mandria,1964
E. J. HOBSBWAN I ribelli, Einaudi, Torino 1974
E. J. HOBSBWAN I banditi, Einaudi,Torino 1974
A. BIANCO DI ST. JORIOZ Il brigantaggio alla frontiera pontificia dal 1860 al 1864, Daelli, Milano 1964
N. BORELLI Episodi del brigantaggio Meridionale, Perugia 1983

Costantino Lauro
(da Il Sidicino - Anno VIII 2011 - n. 3 Marzo)