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Selezione storica dei COSTUMI POPOLARI DELLA CAMPANIA

 
 

Come è ormai consuetudine, tutte le manifestazioni più importanti che si tengono a Teano nel corso dell'estate si sforzano di aggiungere di fianco al tema vero e proprio dell'evento (gastronomia, mestieri dimenticati, notte bianca, festa patronale) una piccola postilla culturale nel tentativo di offrire uno spunto di riflessione sul passato e sul presente di Teano. Sono mostre d'arte, di francobolli, di fotografie, di oggetti di vita vissuta, di artigianato, quasi sempre ospitate nella Sala dell'Annunziata, che talvolta si presentano scialbe e scontate, talvolta invece hanno il segno dell'originalità e della qualità.
A quest'ultima categoria appartiene senza dubbio la bella mostra curata e allestita nella Sala dell'Annunziata, nei due giorni di “Cioccolateano”, da Luigi Di Benedetto, ricercatore, collezionista accanito e instancabile di tracce, impronte, testimonianze che la storia di Teano ha disperso e depositato negli angoli più impensabili del Paese.
La Mostra ha voluto documentare il tema degli antichi costumi popolari del Regno di Napoli, sia attraverso riproduzioni a stampa di alcune delle guaches dipinte negli anni ottanta del Settecento, sia attraverso opere grafiche tratte direttamente dalle pitture, sia attraverso rifacimenti contemporanei su maiolica, in stoffa e in terracotta. La Sala dell'Annunziata, sempre più desolata e muschiosa, è sembrata nell'occasione attraversata da un interessante respiro di colori, di storia e di grazia. Soprattutto quando, seguendo il percorso della mostra, ci si è imbattuti nella straordinaria raffigurazione della “Donna di Tiano”, la nostra bella antenata del '700 che stava lì a collegare quel lontano passato, apparentemente felice, ad un presente non proprio idilliaco.
Scorrendo le opere in mostra, si è affacciato alla mente il quadro storico e culturale in cui sono nate gli oltre duecento ritratti di uomini e donne vestiti secondo le fogge in voga nei paesi e nei villaggi del regno di Napoli. Il progetto ambizioso di dare vita ad una ricca galleria di costumi popolari prese forma nella mente di Ferdinando IV di Borbone sotto la spinta del Marchese Vestuti, un nobile imbevuto di cultura illuministica. Il re si convinse della necessità di contrastare l'idea mistificatoria che pittori e scrittori davano del suo regno, e pensò di offrire ai viaggiatori del grand tour una immagine esatta, oggi si direbbe fotografica, della vita e dei costumi dei suoi sudditi. Sull'iniziativa del Borbone aleggiava, attraverso il Marchese, lo spirito classificatorio, documentaristico, scientista degli enciclopedisti francesi. Dopo un accurato esame cui fu sottoposto un gran numero di pittori, la scelta di Ferdinando IV cadde su due eccellenti raffiguratori, il palermitano Alessandro D'Anna e il napoletano Antonio Berotti. I due pittori si misero all'opera nel 1786, prendendo le mosse proprio dai quarantadue paesi di Terra di Lavoro. Loro assunto programmatico fu la rappresentazione quanto più realistica, esatta e veritiera degli abitanti del regno e dei loro costumi, senza cedimenti a mitologie o a canoni iconografici del passato.
Ed è grazie a questo assunto che l'immenso lavoro svolto dai due raffiguratori nell'arco di tre anni ci pone davanti ad uno scenario diremmo etnologico quanto mai interessante. Sono loro stessi ad annotare nei loro scritti la meraviglia e la sorpresa provate nel registrare, man mano che il lavoro procedeva, l'assoluta originalità che caratterizzava i costumi delle donne da un luogo all'altro, originalità che attraversava tutti gli strati sociali, dai contadini alla nobiltà. La donna di Teano veste in maniera totalmente diversa da quella di Francolise, quest'ultima da quella di Sparanise, quella di Sparanise da quella di Sessa e così via per ogni realtà indagata. I due pittori annotano stoffe, tagli, colori, orli, merletti, giamberghe, grembiuli, antesini, fazzoletti, collane, scarpe, camiciole, corpetti. Si rendono conto con grande soddisfazione che esiste in ogni piccola realtà territoriale un forte senso identitario gelosamente custodito dagli abitanti, si danno da fare per illustrarlo con una precisione certosina nelle infinite varianti che caratterizzano i modi di vestire e le acconciature dei capelli. Una bella lezione per questi tempi appiattiti in una omologazione che tutto rende uniforme e privo di identità.
La “donna di Teano” non è firmata ma è certamente attribuibile, per qualità del disegno e per l'intensità dei colori, ad Alessandro D'Anna. La guache, impostata sui toni caldi del rosso, del blu e del giallo, è fornita di una cornice dipinta. La donna sta in posizione eretta sulla cima di un paesaggio collinare ed indica con una mano il paese davanti a lei che ricorda, per alcuni elementi architettonici, la parte alta di Teano, avvolta in una atmosfera azzurrina. Un uomo, vestito di elegante giamberga, cappello a falde larghe, pantalone al ginocchio, calze gialle e scarpe con fibbia, siede al suo fianco su di un leggero dislivello del terreno, stringe tra le mani un bastone quasi a volersi riposare nel corso di una passeggiata. Vicino ai due se ne stanno tranquillamente accovacciati due cani da caccia. La scena rappresenta certamente una coppia di personaggi appartenenti ad un ceto medio, benestante, che veste abiti da festa, con una precisa identità sociale che rimanda alla vita urbana.
È un quadretto di vita serena, di perfetta integrazione tra mondo umano e mondo naturale, ricco di vita e di verità. Era quello che il re desiderava, una perfetta cartolina del suo regno, destinata a far bella mostra di sé su un piatto decorato dai maestri della Real Fabbrica di Porcellane di Capodimonte o da portare in dono ai Lorena di Toscana in forma di graziosa statuina di bisquit.

Giuseppe Lacetera
(da Il Sidicino - Anno X 2013 - n. 11 Novembre)