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Fatti ad esser come bruti

 

Nel canto XXVI dell’Inferno Dante incontra Odìsseo (per pronunciarlo alla greca) o Odissèo, per pronunciarlo alla latina, o Ulisse, che è a tutti meglio noto: qui l’eroe greco (“lo maggior corno della fiamma antica”) si fa riconoscere dal poeta e gli racconta molto brevemente la sua vita. E quando racconta di essere arrivato con i suoi compagni all’estremo lembo occidentale del mondo allora conosciuto, le colonne d’Ercole, alias l’attuale stretto di Gibilterra, ricorda di averli spronati ad andare oltre con la celebre frase: “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza". Ed aggiunge: “Li miei compagni fec'io sì arguti, con questa orazion picciola, al cammino, che a pena poscia li avrei ritenuti”.
Riassumendo, Ulisse rimarca il fatto che noi uomini non siamo fatti per vivere ed assistere passivamente a tutto ciò che ci accade intorno, ma la nostra “semenza” è quella che ci spinge a tutto dover conoscere e sapere, del mondo e del suo animo (virtute e canoscenza). Questi due termini, in parole povere, indicano sinteticamente tutto lo scibile ed il conoscibile.
Ora vi pare che rientrino in questi precetti le motivazioni che hanno spinto cinque miliardari ad intrupparsi in una scatoletta lunga poco più di cinque metri, dalla estrema insicurezza, e immergersi a 4000 metri di profondità nell’oceano per osservare da vicino le lamiere arrugginite del vecchio Titanic affondato nel 1912? Per di più pagando la “misera” somma di 250 mila euro a cranio?
O che vi rientrino le motivazioni di quegli stupidi giovanotti che prendono a noleggio auto di grossa cilindrata e guidano per 24 ore al giorno sotto effetto di droghe solo per girare scene da pubblicare in diretta sui social per la goduria di un pubblico forse più scemo di loro ed alla fine ammazzano un bimbo di cinque anni? E dove hanno preso i soldi, non pochi, per il noleggio delle grosse auto e per la notevole quantità di benzina necessaria a farle camminare per 24 ore?
In nessuno dei due casi io vedo la minima traccia di quella “semenza”, né della benché minima intelligenza: primo, perché la nostra già acquisita “canoscenza” ci illustra tutti i pericoli presenti per sé e per gli altri nelle due azioni; secondo perché non comprendo quale “virtute” possa sottendere ad esse. La virtù della spacconata, della smargiassata, della ostentazione di ricchezza che può permettermi qualsiasi cosa, anche quella di morire schiacciato dal peso di 4000 metri d’acqua sopra e intorno a me, o di uccidere un innocente bimbo che sta viaggiando contento assieme alla sua mamma in un’auto in senso contrario?
Ed allora il cuore si riempie di tristezza di fronte a questa umanità nella quale la “brutalità”, ad onta della incitazione di Ulisse, aumenta sempre di più, giorno per giorno, con le violenze gratuite, con le omissioni, con gli atti di guerra, con la scomparsa di ogni compassione umana verso tragedie che i media, nel riferirne tante e tante, finiscono per banalizzare.
E la domanda sorge spontanea: “ma forse non è che siamo stati fatti proprio a viver come bruti?”.

Claudio Gliottone
(da Il Sidicino - Anno XX 2023 - n. 6 Giugno)