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L'assenza dell'essenza: / è il nulla?

 

NO, perbacco, non è il nulla: è molto peggio!
E ve lo dimostrerò: giocando con le parole, come un antico sofista, sfiorando i limiti del baratro dell'irrazionale, ma senza indulgere in esso e sicuramente senza mai precipitarvi dentro. Vi dimostrerò, invece, quante cose il razionale nasconde o seppellisce nell'animo umano, coartandone sovente più di una sua libera emanazione, e lo faremo divertendoci insieme, ma consci di dover affrontare una dura realtà sociale.
Non vi spaventate, per carità: sarà solo una, spero piacevole, boutade, nient'altro che un “divertissement”.
Orbene la organizzazione sociale definita “comune” è giuridicamente un ENTE.
Ente, deriva dal participio presente, “ens”, del verbo latino “esse” che significa, inutile dirlo, “essere” o, per traslato, “esistere”. Quindi il comune, per sua definizione di Ente, dovrebbe essere qualcosa che è, che esiste; e per essere tale deve anche “manifestarsi”, cioè rendersi palese attraverso le proprietà e le funzioni che gli sono state giuridicamente attribuite per essere tale. Queste ultime cose, e ribadiamolo, costituiscono allora la “essenza dell'Ente”, perché la esistenza non è un atto di fede, ma ha bisogno di manifestarsi, di essere percepita: “esse est percipi” affermava il filosofo George Berkeley, altrimenti “non esiste”.
La “assenza”, invece, indica la “mancanza, la non presenza” di una cosa: di conseguenza la “assenza della essenza” significa che una cosa non “è”. non esiste, non possiede né emana alcuna manifestazione che possa essere “percepita” e quindi testimoniarne la esistenza. In pratica: un “ente” che “non è”!
Ai miei pochi ed acuti lettori, non sarà sfuggito che l'oggetto di questa premessa pseudo (ma molto pseudo) filosofica introduzione sia l'Ente Comunale del nostro paese.
A tutti loro non sarà potuto sfuggire che il nostro Ente, nel progressivo trascorrere dei mesi, sta con orgoglio raggiungendo, se è questo che si voleva, “la assenza della sua essenza”!
Riferendoci proprio ad esso, infatti, andremo a dimostrare l'assunto iniziale che la “assenza dell'essenza” non è il nulla, non è la “non-esistenza” ma è molto peggio: e qui il buon Barkeley si starà rivoltando nella tomba!
Nei confronti di un Ente giuridico i cittadini hanno dei doveri (pagare le tasse, rispettare le ordinanze, accettare dei limiti) e ricevono dei diritti (organizzazione sociale, assistenza, cura dell'ambiente e via dicendo): potremmo definire i primi poco-piacevoli ed i secondi piacevoli quanto necessari.
Va da sé che una assenza eliminerebbe entrambe le cose con un ipotetico compenso tra effetti negativi e positivi; ma quando l'essenza riguarda soprattutto la esigenza degli effetti positivi, per il cui espletamento sono necessari piccoli sacrifici, allora la loro mancanza non è “il nulla”, ma è un danno bello e buono.
Soprattutto quando poi, come nel nostro caso, la scomparsa delle positività non comporta la contemporanea scomparsa delle negatività, che anzi si accrescono.
Breviter: si pagano le tasse ma non si ricevono servizi!
Nulla di nuovo ed efficiente è comparso sulla scena del paese: tutto è ancora fermo alla ingloriosa fine dell’ultima sindacatura, ma certamente col passare del tempo si sono accentuati i gravi disagi con i quali eravamo rimasti il giugno dello scorso anno.
L'assenza del comune, in questo caso più che in altri, non è il nulla: è un danno!
Signori amministratori, se con la vostra “assenza di essenza” non volete creare vantaggi, risparmiateci almeno il peggioramento dei danni già esistenti.
E allora qualcosina dovreste affrettarvi a fare ma ricordatevi il vecchio adagio latino:
“primum non nocère”.

Claudio Gliottone
(da Il Sidicino - Anno XX 2023 - n. 4 Aprile)