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Allo zoo di New York

 

Nel 1963 allo zoo di New York fu aperto uno stand nel quale si reclamizzava che si potesse vedere l'animale più pericoloso del mondo: si accedeva in poche persone ed attraverso uno stretto cunicolo, alla fine del quale non c'era che... uno specchio.
Poco da aggiungere: i danni che questo animale, l'uomo, ha fatto, e continua a fare, agli altri animali, ai propri simili ed al pianeta intero, sono incalcolabili. Ne ha fatti anche nello spazio, che già comincia ad essere pieno di resti di astronavi lasciate a gravitare attorno alla terra chissà ancora per quanti anni.
Dalla leggerezza con cui elimina per banali motivi i suoi simili agli stermini di massa programmati a tavolino, dalla nefandezza delle stragi di animali e di piante alla invenzione dei più sofisticati mezzi per imporre morte e sofferenze ai viventi di ogni genere, eccelle per cattiveria.
Non ci si sorprenda se oggi, dopo l'uso offensivo addirittura dell'atomo, che ha spaccato liberandone tutta la inimmaginabile energia, usi come proiettili persino gli stessi suoi simili umani, trasformandoli in “migranti” e gestendoli minacciosamente per propri interessi.
Perché oggi le nuove armi sono diventate i rubinetti del gas ed i migranti.
Passi per i primi, che restano a far parte comunque di forme coercitive relative a rifornimenti commerciali a volte indispensabili per la sopravvivenza, ma utilizzare come proiettili uomini contro altri uomini è diabolico. È quel che oggi, nei fatti, avviene.
Così spesso questi proiettili, usati oltretutto con lucro da parte di bande di delinquenti senza pari, se falliscono l'obiettivo di giungere dove vorrebbero diventano, come se già non lo fossero, altre vittime. È quello che si sta verificando ai confini della Polonia e che si verifica da anni sulle coste dell'Italia meridionale, come promesso e lasciato fare, se non fatto in prima persona, dalle autorità Libiche.
L'incremento demografico forzato e non specializzato, al giorno d'oggi, rappresenta un grave pericolo per le economie della nazioni: occorre programmarlo e gestirlo per bene, se lo si vuole scongiurare e magari trasformarlo in vantaggio: ma si è troppo spesso sopraffatti dalla quantità e dalla velocità con cui questi inconsapevoli ed innocenti “proiettili umani” ci arrivano addosso, ed in condizioni miserevoli.
Non stiamo parlando di politica, di storia, di ideologie, di religioni, perché le cose peggiorerebbero ancor più. Stiamo parlando molto semplicemente della razionale beluinità del '”homo sapiens”, di quello talmente presuntuoso da credersi creato da Dio a sua immagine e simiglianza, e non di quali motivazioni lo spingano ad essere tale belva. Ci spiace dover credere che lo sia a prescindere da ogni motivazione più o meno giustificabile, ammesso che esistano.
“Abbiamo fatto schiavi gli altri animali, ed abbiamo fatto così male a queste creature pelose o pennute, nostre lontane parenti, che senza dubbio, se dovessero dar forma ad una religione, esse dipingerebbero il diavolo in forma umana.” affermò in un suo intervento Wiliam Ralph Inge, diacono della Chiesa di Saint Paul.
Ed ancora Lord Byron: “I cristiani hanno bruciato sul rogo altri cristiani, nella ferma convinzione che tutti gli Apostoli avrebbero fatto altrettanto”.
E Pirandello: “A guardare negli occhi un animale si corre un grosso rischio: quello di migliorare”.
Così il fatto che quello stand allo zoo di New York oggi non esista più è forse la ennesima riprova che l'uomo è veramente l'animale più pericoloso.
Siamo coscienti che non stiamo affermando delle novità: da Plauto ad Erasmo da Rotterdam, da Tommaso Hobbes a Schopenhauer tanti erano consapevoli che l’ “homo homini lupus est”.
Concluderei con una facezia: Antonio Gramsci, in una nota dei suoi “Quaderni dal carcere” afferma che l'origine di questa frase latina andrebbe ricercata “in una più vasta formula dovuta agli ecclesiastici medioevali, in latino grosso: “Homo homini lupus, foemina foeminae lupior, sacerdos sacerdoti lupissimus” cioè “L'uomo è un lupo con l'uomo, la donna è ancora più lupo con la donna, il prete è il più lupo di tutti con il prete”.
Sic stantibus rebus... amen (e nulla di più).

Claudio Gliottone
(da Il Sidicino - Anno XVIII 2021 - n. 11 Novembre)