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... Dirige Ezio Bosso!

 
 

Ho rivisto con infinito piacere, pochi giorni fa, un programma televisivo, registrato dalla Rai, mostrante una performance di direzione ed interpretazione della Quinta e Settima sinfonia di Beethoven eseguita dal Maestro Ezio Bosso, recentemente scomparso.
Uno spettacolo indimenticabile sul piano artistico, non meno che su quello umano.
Bosso ha spiegato approfonditamente, con importanti collegamenti storici, la nascita delle due composizioni: la prima, che il Maestro avrebbe voluto inizialmente dedicare a Napoleone Bonaparte, sul quale modificò ben presto giudizio, definendolo un sanguinario, fu eseguita in pubblico nel dicembre del 1808, ma non fu molto apprezzata a causa del freddo intenso presente nel teatro e per la sua lunghezza; la seconda fu eseguita per la prima volta nel 1813 nell’Aula Magna dell’Università di Vienna, quando già l’udito del Compositore era fortemente compromesso, e fu così commentata da Richard Wagner: «La sinfonia è l'apoteosi della danza: è la danza nella sua suprema essenza, la più beata attuazione del movimento del corpo quasi idealmente concentrato nei suoni. Beethoven nelle sue opere ha portato nella musica il corpo, attuando la fusione tra corpo e mente».
Ha poi fatto ascoltare singolarmente le entrate di alcuni strumenti, descrivendoli nei particolari tecnici, come il controfagotto, l’ottavino, il flauto trasverso ed altri, prima di reinserirli nella composizione sinfonica, in modo che tutti potessimo ascoltarne la singolarità e distinguerne il suono.
Ed infine ha fatto eseguire all’orchestra le intere opere, dando loro una vivacità ed una chiarezza musicale e comprensiva mai ascoltata prima: direi modernizzate ed attualizzate, capaci di coinvolgere i sensi e l’animo in indescrivibili elevati connubi.
Ne parlo da profano; e ne sono contento perché ritengo che l’arte debba essere rivolta soprattutto ai profani, per dimostrare la sua grandezza nella capacità di coinvolgerli, di commuoverli e di esaltarli. I tecnicismi sono altra cosa e dubito che un tecnico possa apprezzare col sentimento, e solo col sentimento, un’opera che vedrebbe sempre e comunque anche come espressione di bravura, a prescindere da ogni emozione dell’animo.
Questo è l’aspetto artistico di un uomo che ha composto infinite opere, per duo, per trii, per quartetti d’archi, sinfonie, per un solo strumento, colonne sonore per film di Salvatores; che è stato pianista eccellente e direttore d’orchestra, ha composto musica vocale e per balletti, ha diretto l’orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, la London Symphony Orchestra, l’orchestra del San Carlo di Napoli e del Teatro Regio di Torino, è stato direttore stabile residente del Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, ed ha ricevuto tantissimi riconoscimenti nazionali ed internazionali. «Il sogno è che un'orchestra mi dica: facciamo tutto Beethoven. Così finalmente dirigo il mio papà musicale. Se mi chiede cosa mi piacerebbe dirigere, torno all'infanzia: Beethoven, Má vlast (La mia patria, n.d.r.) di Smetana e Les préludes di Listz. A 5 anni, ascoltandoli di nascosto, sognai di dirigere» dichiarò tempo fa in una intervista televisiva.
E tutto questo in appena 48 anni di vita in un corpo martoriato e mortificato nei movimenti da una crudele malattia nervosa, che non gli impediva di essere sereno e di trasmettere a tutti la sua serenità, con la quale, superando ogni limitazione di parola, descriveva ed insegnava ad amare la musica.
Una spaventosa forza di volontà, un indescrivibile desiderio di vivere e di comunicare, un amore infinito per la musica ne hanno fatto un Artista e, soprattutto, un Uomo unico al mondo.

Claudio Gliottone
(da Il Sidicino - Anno XVII 2020 - n. 3 Maggio)