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Essere opposizione

 
... è diverso dal fare opposizione
 

Non so quanti hanno avuto modo di leggere un interessantissimo articolo di spalla, pubblicato qualche settimana fa dal Corriere della Sera, a firma di Ernesto Galli della Loggia.
Il grande politologo fa una disamina veloce, ma estremamente ragionata, dello stato generale della politica, limitata oggi nelle sue scelte e nel suo agire da vincoli di economia e di finanza ormai globalizzate: cosa che costringe sovente alla collaborazione maggioranze e opposizioni.
La cosa potrebbe sembrare anche per certi versi positiva, perché dalla collaborazione nascono di solito buoni risultati, anche se a volte compromissori.
Ma nasce comunque un rallentamento politico culturale, quasi un ristagno nella ricerca e nel perseguimento di visioni alternative, di quelle che nel tempo hanno generato i grandi movimenti di pensiero che hanno cambiato il mondo. Perché bisogna partire da un presupposto basilare: che “stare all'opposizione” o “essere opposizione” non significano la stessa cosa.
La prima, spiega della Loggia, significa non condividere il programma della maggioranza e contrastarlo; la seconda, invece, significa “avere una identità - cioè un sistema di valori e di prospettive, una visione del mondo - diversa ed opposta rispetto agli orientamenti generali dominanti nella società.”
Il cambiamento continuo, il mutamento continuo dei modi di produrre, di organizzare il lavoro, di agire, di pensare, di coinvolgere con i media più disparati, producono lentamente e inesorabilmente una rottura di “modelli consolidati, di relazioni interpersonali, di legami con cose, con abitudini… con ambienti umani che si dissolvono” lasciando emergere una “brutale necessità di riadattamento e di apprendimento di ciò che è nuovo” fino ad arrivare alla “scomparsa o alla trasformazione di luoghi antichi che racchiudevano biografie di persone e di comunità”. Portando, aggiungerei io, ad una eccessiva rapidità del trascorrere della vita, senza più legami con il passato, con le realtà che hanno formato le generazioni di ieri e di parte di quelle di oggi.
E allora, conclude il Nostro, l'unica alternativa politica di opposizione potrebbe essere quella di “conservare, nel senso di arginare il progresso, di condizionare la modernità o di selezionarne per quanto possibile gli esiti”.
Tra le cose utili da fare, ad esempio, il Nostro suggerisce di lasciare aperti e funzionanti gli uffici postali, o qualche stazione ferroviaria con tanto di capostazione, o qualche casellante autostradale, di proteggere dalla peste turistica centri urbani e paesaggi, di tutelare l'esistenza dei legami familiari per rafforzare la soggettività e la consapevolezza storica degli attori sociali e politici del domani. In una: guardare al passato per contenere e guidare il futuro.
Sembrerà paradossale, ma il nostro futuro non potrà essere che nel nostro passato!
Devo chiarire, a questo punto, che sto usando le osservazioni del Professore, da lui spalmate su una realtà politica nazionale, per farne paragoni con quella locale, che in fondo ci riguarda più da vicino.
Ecco allora che “essere opposizione” significa oggi privilegiare e perseguire antichi rapporti umani, costruire realtà nuovamente a misura d'uomo, organizzare servizi nei quali l'attore principale sia ancora un uomo e non una macchina, significa parlare guardandosi in faccia e non tramite sms, significa vivere in una dimensione che non rinunci alla modernità, ma sappia non tagliare i ponti con tutto il passato.
Una macabra battuta mi porterebbe a dire che “tanto in Italia i ponti cadono da soli”!
“Essere opposizione” significa continuare a credere che si possano compiere scelte pensate, maturate nel tempo e foriere di progresso vero, per tutti, e non solo per se stessi; è convincere la gente a non illudersi, a non credere alle facili promesse, a ponderare tutti gli aspetti di una propria scelta.
“Essere opposizione” significa forse continuare ad illudersi di poter cambiare qualcosa, ma l'illusione è pure sempre un sentimento, e se, come sentimento, si facesse strada anche in un solo altro uomo, sarebbero già in due a voler combattere e la illusione iniziale si sarebbe già dimezzata.

“Essere opposizione” significa “essere”.

Claudio Gliottone
(da Il Sidicino - Anno XV 2018 - n. 8 Agosto)